Trucchi e consigli per tutti gli smart workers

Smart working sempre più diffuso anche in Italia, ma quali sono i trucchi per essere sempre al top?

Smart working o lavoro agile? Che preferiate il termine inglese o la traduzione in italiano, il contenuto rimane lo stesso, e si tratta di quella modalità di lavoro che porta molti benefici, sia al datore di lavoro sia al dipendente stesso. Lo smart working, o lavoro da remoto, con la possibilità di gestire orari e luogo di lavoro (casa, caffetteria o co-working) è sempre più diffuso anche qui in Italia, prendendo esempio da aziende oltreoceano di successo.

Lo smart working dunque si diffonde e viene finalmente riconosciuto anche dalla legislazione, che prende posizione e chiarisce quali sono i diritti e i doveri del lavoratore smart. Rimane però un quesito, quali sono i trucchi e i consigli per affrontare al meglio lo smart working? Cerchiamo di dare una risposta in questo breve articolo.

Prima di tutto cercate di conoscere bene la legge appunto. Ora che esiste una normativa per smart workers che compara i lavoratori agili ai dipendenti classici, con gli stessi diritti, informatevi e non fatevi sfuggire occasioni preziose. Se non lavorate per una sola azienda, ma gestite il vostro lavoro smart come freelance nessun problema. Esistono infatti coperture e sgravi fiscali anche per chi effettua il proprio impiego come ‘nomade digitale’. Dunque il primo consiglio è informatevi! Non solo per rimanere aggiornati e al passo con i tempi ma soprattutto per conoscere ciò che è nel vostro interesse.

Passiamo ora ai consigli tecnici. Uno smart worker ha bisogno dell’equipaggiamento giusto! E dunque partiamo subito con computer e smartphone. Vale la pena spendere qualche euro in più ma avere a vostra disposizione un buon prodotto, che possa sostenere il carico di lavoro che andrete a svolgere. Lo stesso discorso si può applicare a chi ha bisogno di programmi informatici o di grafica, gestionali o di editing: scegliete con cura, ne va del vostro lavoro. Al di là dei sistemi operativi e ai programmi, esistono ormai moltissime app create appositamente per chi lavora da remoto: comunicazione, gestione eventi e documenti, to-do-list e chi ne ha più ne metta. Scegliete quelle più indicate per il vostro lavoro e non fatevi fermare da nessuno.

Oltre a software a hardware avrete bisogno di un internet provider che vi assicuri una linea stabile e veloce. Scegliete dunque con cura il vostro servizio, valutate le diverse offerte. Per chi gestisce anche dati sensibili e pagamenti (compresi i freelance) affidatevi ad un sistema che protegge la vostra privacy per evitare attacchi informatici e leak di dati.

Oltre all’apparato tecnico giusto, rifornitevi anche dell’attitudine giusta! Lo smart working si basa sull’innovazione del sistema lavoro, sulla fiducia e sulle competenze. Dunque mostratevi dinamici, aperti, flessibili. Allo stesso tempo avrete modo di far rispettare i vostri diritti, di organizzare il vostro lavoro come preferite, di sentirvi a vostro agio mentre lavorate, senza pressione e senza preoccupazioni di dress code e simili. Gestite il vostro lavoro sfruttando le ore in cui vi sentite più produttivi. Lavorando a distanza, nella comodità di casa propria o del proprio studio, non sentendo la pressione del luogo di lavoro, evitando lo stress da pendolari (e così risparmiando soldi e inquinando meno), il lavoratore agile è più felice e dunque produce di più, rendendo felice anche il datore di lavoro. 

Di certo i benefici sono presenti da entrambe le parti. E sentiremo parlare sempre più spesso di smart working.

Work-Life balance, come ottenere benefici per azienda e dipendenti

Work-life balance, come ottenere vantaggi per azienda e lavoratori
Work-life balance, come ottenere vantaggi per azienda e lavoratoriPerseguire un modello aziendale che tenga conto del work-life balance, ossia dell’equilibrio tra lavoro e vita privata è sicuramente una scelta vincente. Offre diversi vantaggi non solo al lavoratore, ma anche all’impresa.

Come abbiamo già sottolineato in un post precedente, il work-life balance è un diritto sancito dal Parlamento europeo nel 2016. Una necessità di cui si parla sempre più frequentemente e riguarda i dipendenti sia delle grandi aziende che delle PMI, ma che in Italia stenta ancora a trovare spazio, nonostante siano aumentati i segnali positivi in questo senso.

work-life balance

Dipendenti felici e soddisfatti sono più produttivi e

maggiormente aperti al dialogo, più motivati, leali e concentrati nel raggiungimento degli obiettivi. L’azienda ne guadagna in termini economici e di reputazione. Come adoperarsi allora affinché si possa raggiungere allora questo equilibrio? Ci sono 3 passaggi fondamentali da cui prendere ispirazione per poter creare un modello di work-life balance che funzioni.

Ascoltare i propri dipendenti

Individuare le necessità e i desideri dei propri collaboratori è il primo passo. Capire cosa potrebbe aiutarli nel migliorare l’equilibrio tra lavoro e sfera privata, e cercare delle soluzioni che possa accontentarli, è un modo per lanciare un messaggio: l’azienda è al loro fianco e insieme si può crescere e svilupparsi. Ogni persona è diversa dall’altra ma tutti sono importanti. Le esigenze sono diverse tra chi ha una famiglia e chi invece è ancora alle prime esperienze professionali, ma si può trovare il modo per conciliarle tutte. Ad esempio concentrandosi sul welfare aziendale- come asili nido, assicurazioni, gestione attenta dei congedi- e offrendo la possibilità di smart working.

Investire sul training

Offrire corsi di formazione ed esperienze che possano arricchire la professionalità dei collaboratori non è solo un modo per fornire l’azienda di persone sempre più preparate e dinamiche, ma anche per gratificare i propri collaboratori e dare valore alle loro aspirazioni. La possibilità di coltivare interessi extra-lavorativi e la cura dei propri affetti si raggiunge così una vita professionale ricca di stimoli e in evoluzione. Questo non potrà che giovare sull’andamento generale dell’attività.

Dare l’esempio

È giusto aspettarsi che un proprio collaboratore lavori bene, anche duramente, e che in particolari occasioni possa impegnare anche più ore del solito nelle sue attività professionali (come nel caso di fiere o eventi particolari). Ma questa non deve essere una regola, anzi. I manager e lo stesso datore di lavoro devono dare il “buon esempio”. Devono mostrare come lavorare bene non significhi lavorare 70 ore a settimana e come il tempo libero sia importante. Chiamare sempre in azienda o rispondere alle email per questioni non urgenti quando si è in ferie, oppure continuare a intervenire nelle varie attività sebbene si sia fuori è un atteggiamento che lancia un segnale ben preciso ai dipendenti. E sentirsi in qualche modo spinti a fare lo stesso va a intaccare proprio il loro work-life balance.

L’equilibrio tra vita lavorativa e privata è la sfida che le aziende devono imparare a cogliere per innovarsi e crescere assieme ai propri collaboratori.

Employee Engagement: cos’è e perché è importante per la tua azienda

Employee Engagement

La percezione che il dipendente ha del proprio ruolo all’interno del team, ottenuta attraverso la definizione di obiettivi chiari e il rilascio di feedback regolari e costruttivi, incrementa la fiducia e l’impegno che il collaboratore infonde nello svolgimento del proprio lavoro.

L’employee engagement misura il coinvolgimento del dipendente nell’espletare il proprio lavoro. L’interesse che il lavoratore ha per la propria mansione e per l’azienda incide in modo diretto sulla sua capacità di contribuire alla realizzazione degli obiettivi aziendali.

Il coinvolgimento del dipendente aumenta in relazione alla percezione del proprio ruolo all’interno dell’impresa. Un dipendente che si sente parte dell’azienda in modo completo e attivo, riuscendo a comprenderne in pieno gli obiettivi risulterà più motivato e, a parità di competenza nella mansione, più produttivo ed efficiente rispetto a un dipendente che si sente ”estraneo” alla mission aziendale.  Oltre all’ambiente professionale in senso stretto, l’employee engagement è influenzato anche dal necessario equilibrio tra vita lavorativa e privata.

Riuscire a coinvolgere efficacemente i propri dipendenti migliora le loro performance il che si traduce in un beneficioEmployee Engagement qualitativo ed economico per l’impresa. Se il dipendente è soddisfatto della propria vita professionale e si sente ”legato” all’impresa in cui lavora tendenzialmente non cerca alternative lavorative esterne e ciò permette di diminuire il turn over che, come ben sappiamo, se è elevato non è un buon indice per l’impresa.

Employee Engagement: solo riflessi positivi, anche non scontati

Attivare politiche di employee engagement ha un riflesso positivo anche su aspetti che a un primo sguardo non sembrano essere direttamente collegati, ad esempio: la customer satisfaction, la capacità di innovare e l’adattabilità ai cambiamenti, oltre a un tasso di assenteismo molto basso.

Il lavoratore che si sente parte dell’impresa tratta il consumatore come un ”proprio” cliente e cerca di soddisfarlo in pieno e prevenire le sue necessità. In un clima lavorativo sereno l’innovazione sarà accolta di buon grado in quanto non ci sarà il timore di uno stravolgimento lavorativo e il cambiamento avverrà senza contrasti.

Per riuscire a coinvolgere il dipendente è necessario lavorare sulla trasparenza aziendale, fornire obiettivi chiari e non utopici, incrementare la comunicazione all’interno dell’impresa facendo comprendere pienamente la mission aziendale.

L’impresa deve inoltre garantire l’uguaglianza nel trattamento economico relativo alla figura professionale senza attuare differenze di genere. L’assenza di disparità nelle retribuzioni sembra un concetto assodato, purtroppo, in realtà, esiste ancora in tante imprese. Inoltre è necessario creare opportunità di formazione e definire uno schema chiaro sugli step da seguire per gli avanzamenti di carriera.

L’impresa, infine, deve essere in grado di creare un dialogo con i propri dipendenti, ascoltarli e permettere il confronto costruttivo, deve riuscire a comprendere le esigenze dei propri collaboratori e, nei limiti del possibile, essere disponibile a dimostrare, a sua volta, una certa flessibilità, caratteristica che sempre viene richiesta al lavoratore.

 

 

 

 

 

Design Thinking: cos’è e come può rivelarsi utile per il tuo business

Ecco in cosa consiste il design thinking
Ecco in cosa consiste il design thinking

Tim Brown, CEO e presidente di IDEO, la più grande azienda di product design al mondo, definisce il

design thinking come quella disciplina “incentrata sull’individuo che utilizza gli strumenti tipici di un designer per soddisfare le esigenze e i desideri delle persone, attraverso modalità tecnologicamente fattibili e strategicamente sostenibili”.

Il design thinking è quindi un approccio che mette le esigenze e le richieste dei consumatori al centro. Risolve i problemi attraverso elementi creativi, andando oltre i tradizionali metodi di problem solving.

Design thinking, le fasi

Design thinking, come far crescere l'aziendaLe aziende spesso hanno a disposizione una certa quantità di dati, raccolti in un determinato periodo di tempo, che non comunicano però di cosa i consumatori avranno bisogno in futuro. Le decisioni vengono così prese scommettendo su un’intuizione e non basandosi sull’evidenza. Il design thinking è quindi un metodo alternativo di risoluzione dei problemi che si riscontrano durante il percorso progettuale dell’innovazione. Non va infatti a concentrarsi sul problema in sé, ma lo affronta spostando il focus sul comportamento dell’essere umano.

Nel D.S. sono 3 le fasi principali da attuare.

  • Inventa il futuro

Formula delle teorie immaginando ciò di cui potrebbero aver bisogno i tuoi clienti, ma senza interrogarli su specifici servizi o prodotti, bensì studiando il loro comportamento.

  • Sperimenta le idee

Fai dei test e delle prove per vedere come il pubblico risponde ai tuoi prodotti o servizi. Regola di conseguenza le caratteristiche, il prezzo e il posizionamento.

  • Lancia sul mercato il prodotto o servizio

Una volta ottenuti i riscontri desiderati, individua il modo e le risorse migliori dell’azienda per produrre, distribuire e vendere.

Perché applicare il design thinking?

Design thinking per l'impresa di successoIl design thinking ha diversi benefici per l’impresa.

Innanzitutto diventa l’opportunità per  individuare nuovi mercati e riuscire a creare e applicare nuove strategie, portando una cultura orientata all’innovazione all’interno della società. L’azienda che decide di utilizzarlo infatti impara ad affrontare i cambiamenti e a rispondere agli stimoli che arrivano dai consumatori.

Il lavoro multidisciplinare che viene realizzato in team, oltre a superare i limiti di approcci settoriali che potrebbero frenare il percorso verso l’innovazione, aiuta a impostare una migliore organizzazione delle risorse umane. Mantiene i collaboratori sempre attivi, attenti a ciò che li circonda. Inoltre spronarli a utilizzare un approccio creativo permette loro di trascendere dal proprio ruolo aziendale e di far emergere i loro talenti, magari rimasti nascosti fino a quel momento.

Ma il design thinking apporta dei vantaggi anche rispetto agli stakeholders, perché possono diventare parte del processo strategico. Anche il loro feedback può infatti rivelarsi molto utile.

Creatività e innovazione sono le caratteristiche su cui le aziende devono imparare a puntare se vogliono crescere e fare la differenza. Il cambiamento, come abbiamo già illustrato in un precedente articolo, è un processo necessario per riuscire a raggiungere il successo.

Open Innovation: come rendere competitiva la tua impresa

open innovation

L’innovazione digitale è fondamentale per sperimentare nuovi approcci e metodi operativi all’interno dell’azienda. In alcuni casi, per ottenere un vantaggio competitivo è importante che l’impresa apra le porte a contributi innovativi provenienti dall’esterno, ossia, alla cosiddetta open innovation.

L’open innovation rappresenta un modello innovativo da seguire per le imprese che vogliono accrescere il proprio valore ed essere competitive in mercati sempre più complessi e in continua evoluzione.

Per quanto valide possano essere le idee proposte dai collaboratori interni all’azienda, il personale interno rappresenta un insieme limitato. Per le imprese di nuova generazione è importante non precludersi la possibilità di attingere a competenze esterne.

In particolare, idee innovative e nuove tecnologie possono provenire da collaborazioni con startup innovative, studenti universitari e enti di ricerca, nonché da consulenti esterni di società di sviluppo software. Gli incubatori di impresa favoriscono la crescita aziendale sia attraverso concrete risorse innovative sia mediante la rete di contatti che si viene a creare.

open innovationL’open innovation produce molteplici effetti benefici sulle performance aziendali. Innanzitutto favorisce la riduzione dei costi e i tempi di attuazione legati all’avvio di progetti e processi innovativi.

Il mercato cambia velocemente e, spesso, a fronte di lunghi tempi per lo sviluppo innovativo l’effettivo utilizzo della tecnologia sviluppata risulta alquanto limitato dall’introduzione di nuovi strumenti tecnologici.

Grazie all’open innovation si possono sfruttare strumenti già in fase di sviluppo riducendo i costi e i tempi di realizzazione.

L’open innovation, inoltre, può rappresentare un nuovo settore in cui creare un business redditizio, nel quale l’impresa fa dell’intermediazione tra startup innovative e imprese tradizionali il proprio core business.

Ricorrere all’open innovation riduce notevolmente il rischio tecnologico e il rischio di mercato, entrambi presenti quando si sviluppa un’idea innovativa in un contesto complesso e mutevole come il mercato tecnologico attuale. I rischi sostenuti dall’impresa, in termini economici, saranno limitati all’investimento per acquisire o sfruttare le idee innovative e gli strumenti tecnologici sviluppati all’esterno.

Infine, tramite l’open innovation si avranno a disposizione tecnologie e innovazioni frutto di un’alta specializzazione, in diversi ambiti. Per ogni esigenza che l’impresa possa avvertire non ci sarà più bisogno di costituire un team interno apposito, formarlo e attendere il tempo di sviluppo del prodotto/processo quando quest’ultimo non attenga al core business aziendale. In sostanza, l’open innovation presenta gli stessi benefici che l’outsourcing apporta per i processi ”di contorno” all’attività caratteristica dell’impresa.

L’open innovation può essere attuata attraverso accordi tra aziende, mediante  hackathon open innovationl’acquisizione di startup innovative, costituendo partnership con centri di ricerca e business incubator o università.

Uno dei sistemi più interessanti degli ultimi tempi sono i cosiddetti hackathon. Si tratta di vere e proprie gare di programmazione e innovazione, in cui le imprese chiedono a gruppi di programmatori e innovatori di sviluppare soluzioni innovative e programmi in un tempo molto breve che va da 24 ore a una settimana.

 

Valorizzare le persone per costruire un’impresa di successo

valorizzare-le-risorse

valorizzare-le-risorse

Nell’epoca della Rivoluzione digitale, un’azienda deve puntare sulle persone per raggiungere il successo. Valorizzare i propri collaboratori – patrimonio inestimabile delle imprese di qualsiasi dimensione- diventa la chiave per poter affrontare un mercato in continua evoluzione e affrontare le sfide per creare l’innovazione.

Sono sempre di più gli studi che dimostrano come le società che investono nell’identificare e sviluppare i “top talents” abbiano performance finanziarie più importanti.

I collaboratori devono poter vivere la propria azienda, esserne coinvolti e gratificati. Devono poter introdurre nella propria società la voglia di crescere, la creatività, l’impegno e la passione. Non basta investire nelle nuove tecnologie – aspetto comunque da non sottovalutare – ma è necessario creare il giusto livello di engagement del personale. Abbiamo già illustrato l’importanza della struttura organizzativa per lo sviluppo innovativo e di come la flessibilità ricopra un ruolo chiave. Le persone, in questo quadro, rivestono un ruolo che si è fatto sempre più dinamico e agile. L’impresa deve quindi fare in modo di disegnare un uovo contesto nel quale far muovere nel miglior modo possibile i propri collaboratori. 

Digitalizzazione dei processi

valorizzare le risorse, il segreto di un'impresa di successoInnanzitutto bisogna intervenire per digitalizzare i processi. In questo modo la gestione ordinaria delle attività richiederà meno tempo, soprattutto per quanto riguarda la direzione Human Resources, creando così la possibilità di concentrare sforzi ed energie nel valorizzare i dipendenti e dare loro il giusto spazio.

Mappa delle competenze per valorizzare le risorse

Il secondo step è creare una sorta di “mappa” delle competenze e delle potenzialità dei vari collaboratori. Ogni persona è diversa dall’altra e può apportare dei benefici all’impresa. I dipendenti non sono dei numeri, ma hanno ambizioni e capacità. Per questo motivo vanno coinvolti in progetti importanti e spinti a interagire con l’ambiente lavorativo. Il loro valore va riconosciuto sia all’interno che all’esterno dell’azienda stessa. Non bastano le gratificazioni a livello economico: spesso dei talenti non vengono “scoperti” per tutta una serie di fattori. Ecco perché considerare le proprie persone individualmente, tracciandone le peculiarità, potrebbe riservare delle vere e proprie sorprese.

Corsi di formazione personalizzati

valorizzare le risorse, il segreto per l'innovazioneUn’azienda che riesce a valorizzare le proprie persone mette a disposizione percorsi di formazione sempre più personalizzati, in modo che ogni collaboratore possa rispondere nel modo migliore ai cambiamenti in atto e alle diverse situazioni. Questa scelta inoltre permette anche di collocare la giusta risorsa nel posto più adatto, generando benefici all’azienda anche in termini di attrattiva del posto di lavoro. Oltre che, ovviamente, di ROI.

Non tutti i collaboratori hanno le stesse caratteristiche. C’è chi è un leader nato e chi no. Chi ha delle social skills e chi, invece, ha meno ambizioni rispetto al collega. Il segreto è, come sottolineano delle ricerche sul tema, valorizzare le persone scomettendo su di loro secondo le qualità che possiedono. Questo le spingerà a contribuire in maniera significativa alla propria impresa.

Change Management Process – Gli step da seguire per attuare con successo un processo di cambiamento

cahange management process

change management

“Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare.” (Winston Churchill)

In un precedente articolo abbiamo affrontato la tematica del processo di gestione dei cambiamenti all’interno di un’impresa e la necessità di cambiare ed evolversi per riuscire a stare al passo con i tempi, mantenendo salda la propria presenza sul mercato.

Un’organizzazione è costantemente in evoluzione. Il cambiamento può essere causato dall’avvento di nuove tecnologie, innovazioni  di processo o di prodotto, oppure dal dover riorganizzare i servizi offerti alla clientela; in ogni caso, intervenire attivamente è necessario per la crescita e la redditività aziendale. É dunque fondamentale riuscire a gestire i cambiamenti in modo efficace cercando di ridurre al minimo, nella fase di transizione, l’impatto ”sconvolgente” sul team e sulle attività aziendali.

Step essenziali del change management process

Indipendentemente dalla tipologia di cambiamento perseguito, è necessario:

1. Porsi chiari obiettivi da raggiungere

Un processo di cambiamento non è quasi mai breve e indolore. Avere ben chiaro sin dall’inizio cosa effettivamente vada migliorato, ossia l’obiettivo finale del processo, è fondamentale. Ciò permette infatti di identificare e allocare le risorse, economiche e umane, necessarie al raggiungimento dello scopo.

2. Pianificare il change management process

Una roadmap che traccia il percorso da intraprendere con i vari step del change management fino al processo di cambiamentoraggiungimento dell’obiettivo è essenziale per poter procedere nelle lunghe fasi del percorso. Il processo di cambiamento deve avere degli step chiari e obiettivi intermedi misurabili per poter verificare l’effettivo avanzamento del processo.

3. Allocare le risorse finanziare e individuare il team 

Nell’ambito del processo di pianificazione, l’identificazione delle risorse e le fonti di finanziamento sono elementi cruciali. Potranno essere necessari nuovi strumenti software che richiederanno, oltre ad un investimento in termini finanziari, anche un impegno in termini di formazione. Ad esempio, si pensi all’implementazione di un nuovo software gestionale, sarà necessario prevedere delle sessioni formative per il personale che andrà ad utilizzare il nuovo software senza che ciò blocchi le normali attività aziendali.

4. Comunicare efficacemente

Identificare, pianificare, integrare ed eseguire un buon piano di gestione dei cambiamenti dipende da una comunicazione efficace. All’interno dell’impresa alcuni team sono già costituiti, il cambiamento può portare uno scombussolamento dei ruoli e delle mansioni e richiedere la formazione di nuovi gruppi di lavoro. Si dovrà far in modo di preparare i collaboratori in modo tale che il cambiamento non generi frustrazioni e incompresioni.

5. Gestire la resistenza,  i rischi di bilancio e riconoscere i meriti del team

Di fronte ad ogni cambiamento è fisiologico incontrare delle resistenze da processo di cambiamentoparte del personale e anche da parte dei vertici aziendali. Il cambiamento spaventa, da sempre si accompagna a nuove opportunità ma, d’altro canto, anche a insicurezza. La resistenza va superata cercando di anticipare il rischio ed essendo pronti ad affrontare eventuali eventi negativi che possano generarsi. Infine, il team, concluso il processo, deve vedersi riconosciuto i propri meriti in modo tale che i prossimi cambiamenti vengano accolti con meno resistenze e più entusiasmo.

 

Change Management Process – L’articolato percorso verso il cambiamento

change management

Un’organizzazione rigida delle funzioni aziendali si è rivelata essere spesso fallimentare. Operare un cambiamento, in molti casi, non è però una scelta, sono le circostanze ad imporlo. In altri contesti si tratta invece di un cambiamento programmato al fine di incoraggiare la crescita aziendale e il miglioramento. In entrambi i casi, sembra, però, che la scelta di cambiare non sia effettivamente una scelta libera, ma un passo obbligato per la sopravvivenza o il successo dell’impresa.

Sconvolgere un sistema collaudato di gestione e avventurarsi nelle acque agitate dell’innovazione non è di sicuro agevole. Bisogna progettare il processo di trasformazione tenendo conto che spesso  cambiamenti rilevanti hanno un tempo di attuazione fisiologico, che avviene in maniera lenta e programmata.

Generalmente, quando il management propone dei cambiamenti in azienda, questi ultimi non vengono accolti con entusiasmo né dai vertici aziendali né dal personale. Il timore della proprietà è quello di dover trovare fondi per finanziare le innovazioni, che siano di processo, prodotto o organizzative. Per quanto riguarda il personale, i cambiamenti più temuti sono di tipo organizzativo o legati alle innovazioni tecnologiche.

Per alcuni collaboratori dover acquisire nuove conoscenze, ad esempio l’utilizzo di nuovi software, o ritrovarsi in nuove formazioni lavorative  dovendo ricominciare da zero a lavorare sull’affiatamento del team sono motivi di rimostranze. Il management in questi casi dovrà essere in grado di dimostrare la validità che il processo di cambiamento apporterà in azienda, evidenziandone i benefici ma senza nascondere che il percorso di cambiamento non sarà immediato e richiederà impegno da parte di tutti i livelli aziendali.

Il Change management process

L’approccio alla gestione del processo di trasformazione, tendenzialmente, si sostanzia attraverso la pianificazione piuttosto che come reazione alla sfida che un cambiamento organizzativo rappresenta.

La gestione dei cambiamenti si è evoluta negli ultimi anni  attraverso veri e propri modelli, al fine di ammorbidire l’impatto della modifica di processi e piani di gestione sulle organizzazioni.

I modelli di gestione dei cambiamenti sono stati sviluppati in base alla ricerca e alle esperienze maturate nei processi di gestione del cambiamento. La maggior parte di questi modelli permettono di sviluppare processi di trasformazione che possono essere applicati sia all’organizzazione aziendale sia alla crescita personale dell’individuo.

Affinché un modello di gestione del cambiamento sia efficace, deve avvalersi di idonei strumenti di supporto. Tali strumenti vengono sviluppati generalmente all’interno del team di gestione e dagli stakeholder coinvolti nel processo.

Generalmente è necessario sviluppare una roadmap del processo, riuscire a valutare l’avanzamento a fasi intermedie attraverso misurazioni ed analisi, prevedere percorsi di miglioramento futuro.

Non esiste una soluzione ”giusta”, un modello perfetto di gestione del cambiamento che possa essere perfetto per ogni tipologia di processo ma con la ricerca, l’esplorazione e la pianificazione delle risorse, è possibile strutturare una strategia di gestione ad hoc per ogni impresa.
In un prossimo articolo vedremo quali sono gli step essenziali per strutturare con successo un processo di cambiamento.

Empatia, l’arma vincente del tuo business

Jeff Gothelf, da più di vent’anni coach e team leader, scrive così  dell’empatia sul suo sito “Perception is The Experience”: “Esci dal tuo spazio, dal tuo ufficio o co-working. Incontra i tuoi clienti, chiedi loro come si sentono. Ascoltali e loro lo sapranno. Li ritroverai nei tuoi prodotti e servizi.”

Con una serie di esempi descrive quella capacità di immedesimarsi in un’altra persona e comprenderne immediatamente lo stato d’animo. Un aspetto divenuto ormai cruciale, non solo per la vita lavorativa in azienda e per uno storytelling efficace del brand, ma anche per relazionarsi con i propri clienti. Dall’empatia infatti possono scaturire tutta una serie di opportunità e benefici.

Empatia: ascolto e comprensione

Empatia come punto di forza Ogni imprenditore pensa che il suo prodotto sia il migliore e che abbia tantissime qualità per arrivare al successo. Ma questo è, appunto, il punto di vista di chi fa business, non di chi decide di acquistare quell’oggetto o servizio. Capire le motivazioni dei propri clienti e le emozioni che li spingono a scegliere proprio il tuo brand è la chiave per distinguersi sul mercato. Cercare di comprendere quali siano i loro desideri e le loro esigenze può davvero fare la differenza per la tua azienda. Porsi in modo empatico nei confronti del cliente, mettersi nei suoi panni o, come dicono in America, “camminare un miglio con le sue scarpe” trasmette il messaggio che dietro il marchio ci sono delle persone vere, a cui può dare fiducia.  E che saranno pronte ad ascoltarlo.

Grazie alla tecnologia, al web e soprattutto all’avvento dei social media, un consumatore non è più una figura passiva, ma una persona con un mondo intorno che ha l’opportunità di far sentire la propria voce. Tapparsi le orecchie sarebbe non solo un grave errore, ma anche un modo per non riconoscere la necessità di un cambiamento fondamentale per restare al passo con i tempi.

L’empatia per il customer care

Empatia come punto di forza per il businessSi tende a credere che un buon customer service debba semplicemente risolvere eventuali problematiche per fornire un servizio soddisfacente. Non è così: il vero obiettivo è riuscire a offrire al cliente un’esperienza assolutamente positiva, che possa essere ricondotta al brand.

Mettersi nei panni del cliente che sta sperimentando una situazione spiacevole, inoltre, aiuta anche a svolgere meglio il lavoro, perché permette di capire più velocemente come intervenire. Non sempre però è possibile accontentare il cliente, per tutta una serie di variabili.

L’importante è però mostrargli come l’impegno e l’interesse non siano mancati, nonostante non si sia riusciti ad arrivare a una risoluzione. L’empatia quindi è una caratteristica da prendere in considerazione quando si cercano collaboratori per la propria impresa, come abbiamo già spiegato in un post precedente.

Un business che vuole essere competitivo e vincente include sicuramente l’empatia tra i suoi punti di forza.

 

I benefici dell’apprendimento cooperativo all’interno del team

team

Il sapere in passato era detenuto da pochi e utilizzato per raggiungere posizioni di potere all’interno della comunità . Oggi, in ambito aziendale i membri del team hanno tutti delle conoscenze e competenze valide, spesso però, tra i vai membri si innescano dei meccanismi di chiusura che danneggiano l’impresa. La soluzione è un approccio cooperativo all’interno del proprio team.

Sin dalla prima infanzia ai bambini viene insegnato ad essere altruisti e a collaborare con gli altri, da adolescenti si continua a mettere in pratica l’insegnamento facendo squadra, ma poi si approda all’università dove fa capolino la competizione, la voglia di distinguersi e spiccare. La sindrome del primo della classe, in un contesto universitario dove non ci si confronta più con venti allievi ma con aule di trecento persone, comincia a mostrare i suoi effetti che si enfatizzano poi nei colloqui di gruppo e sul posto di lavoro.

Anche all’università, attraverso i progetti,  e in alcuni particolari colloqui si invita lo studente/candidato ad approcciarsi in modo cooperativo con gli altri al fine di formarlo e prepararlo al mondo del lavoro e osservare il suo comportamento in gruppo. C’è chi riesce a lavorare bene apportando il proprio contributo e chi invece finge una collaborazione che in realtà boicotta attendendo il momento giusto per mettersi in mostra.

Lo stesso meccanismo tende a innescarsi in azienda. Quando i vertici premono troppo sulla competizione al fine di motivare i dipendenti finiscono con il favorire comportamenti opportunistici.

In realtà, spesso chi li attua difetta anche di competenza e teme per la propria posizione, altri invece pur essendo capaci e competenti temono che collaborare con gli altri non permetta di dare il giusto peso al contributo di ognuno e vi sia quindi impossibilità di vedersi riconosciuto il proprio valore.

Un caso che si verifica molto di frequente nelle imprese e che difficilmente viene segnalato in maniera ufficiale riguarda il rapporto tra tutor e stagista, se il tutor non si sente sufficientemente tutelato a livello contrattuale e nota nello stagista elevate competenze tenderà a boicottare il suo operato al fine limitare la sua affermazione temendo che l’allievo possa superare il maestro. Di conseguenza, l’azienda perde la possibilità di arricchire il proprio livello di competenze e ne vede minato il valore.

La conoscenza non è un bene che diminuisce il proprio valore se condiviso, in realtà dalla condivisione si ottiene esattamente l’opposto. Un approccio collaborativo e cooperativo all’interno del team permette di acquisire maggiori competenze direttamente sul campo e tra i vari membri che operano nel gruppo per il raggiungimento di un obiettivo aziendale comune.

La collaborazione è fondamentale per creare il clima giusto all’interno dell’impresa, lavorare insieme  apportando il proprio contributo specifico conoscendo però l’intero processo rende ogni membro attore protagonista e responsabile permettendogli di avere una visione di insieme che porta a  risultati migliori.

Non è sufficiente però la sola collaborazione, è necessario anche saper cooperare, a volte il caso richiede di operare in autonomia su alcuni processi volti a raggiungere fini comuni, non basta assolvere in modo competente il proprio ruolo se non si è capaci di integrare ogni apporto secondo il giusto incastro.