Employee Engagement: cos’è e perché è importante per la tua azienda

Employee Engagement

La percezione che il dipendente ha del proprio ruolo all’interno del team, ottenuta attraverso la definizione di obiettivi chiari e il rilascio di feedback regolari e costruttivi, incrementa la fiducia e l’impegno che il collaboratore infonde nello svolgimento del proprio lavoro.

L’employee engagement misura il coinvolgimento del dipendente nell’espletare il proprio lavoro. L’interesse che il lavoratore ha per la propria mansione e per l’azienda incide in modo diretto sulla sua capacità di contribuire alla realizzazione degli obiettivi aziendali.

Il coinvolgimento del dipendente aumenta in relazione alla percezione del proprio ruolo all’interno dell’impresa. Un dipendente che si sente parte dell’azienda in modo completo e attivo, riuscendo a comprenderne in pieno gli obiettivi risulterà più motivato e, a parità di competenza nella mansione, più produttivo ed efficiente rispetto a un dipendente che si sente ”estraneo” alla mission aziendale.  Oltre all’ambiente professionale in senso stretto, l’employee engagement è influenzato anche dal necessario equilibrio tra vita lavorativa e privata.

Riuscire a coinvolgere efficacemente i propri dipendenti migliora le loro performance il che si traduce in un beneficioEmployee Engagement qualitativo ed economico per l’impresa. Se il dipendente è soddisfatto della propria vita professionale e si sente ”legato” all’impresa in cui lavora tendenzialmente non cerca alternative lavorative esterne e ciò permette di diminuire il turn over che, come ben sappiamo, se è elevato non è un buon indice per l’impresa.

Employee Engagement: solo riflessi positivi, anche non scontati

Attivare politiche di employee engagement ha un riflesso positivo anche su aspetti che a un primo sguardo non sembrano essere direttamente collegati, ad esempio: la customer satisfaction, la capacità di innovare e l’adattabilità ai cambiamenti, oltre a un tasso di assenteismo molto basso.

Il lavoratore che si sente parte dell’impresa tratta il consumatore come un ”proprio” cliente e cerca di soddisfarlo in pieno e prevenire le sue necessità. In un clima lavorativo sereno l’innovazione sarà accolta di buon grado in quanto non ci sarà il timore di uno stravolgimento lavorativo e il cambiamento avverrà senza contrasti.

Per riuscire a coinvolgere il dipendente è necessario lavorare sulla trasparenza aziendale, fornire obiettivi chiari e non utopici, incrementare la comunicazione all’interno dell’impresa facendo comprendere pienamente la mission aziendale.

L’impresa deve inoltre garantire l’uguaglianza nel trattamento economico relativo alla figura professionale senza attuare differenze di genere. L’assenza di disparità nelle retribuzioni sembra un concetto assodato, purtroppo, in realtà, esiste ancora in tante imprese. Inoltre è necessario creare opportunità di formazione e definire uno schema chiaro sugli step da seguire per gli avanzamenti di carriera.

L’impresa, infine, deve essere in grado di creare un dialogo con i propri dipendenti, ascoltarli e permettere il confronto costruttivo, deve riuscire a comprendere le esigenze dei propri collaboratori e, nei limiti del possibile, essere disponibile a dimostrare, a sua volta, una certa flessibilità, caratteristica che sempre viene richiesta al lavoratore.

 

 

 

 

 

Open Innovation: come rendere competitiva la tua impresa

open innovation

L’innovazione digitale è fondamentale per sperimentare nuovi approcci e metodi operativi all’interno dell’azienda. In alcuni casi, per ottenere un vantaggio competitivo è importante che l’impresa apra le porte a contributi innovativi provenienti dall’esterno, ossia, alla cosiddetta open innovation.

L’open innovation rappresenta un modello innovativo da seguire per le imprese che vogliono accrescere il proprio valore ed essere competitive in mercati sempre più complessi e in continua evoluzione.

Per quanto valide possano essere le idee proposte dai collaboratori interni all’azienda, il personale interno rappresenta un insieme limitato. Per le imprese di nuova generazione è importante non precludersi la possibilità di attingere a competenze esterne.

In particolare, idee innovative e nuove tecnologie possono provenire da collaborazioni con startup innovative, studenti universitari e enti di ricerca, nonché da consulenti esterni di società di sviluppo software. Gli incubatori di impresa favoriscono la crescita aziendale sia attraverso concrete risorse innovative sia mediante la rete di contatti che si viene a creare.

open innovationL’open innovation produce molteplici effetti benefici sulle performance aziendali. Innanzitutto favorisce la riduzione dei costi e i tempi di attuazione legati all’avvio di progetti e processi innovativi.

Il mercato cambia velocemente e, spesso, a fronte di lunghi tempi per lo sviluppo innovativo l’effettivo utilizzo della tecnologia sviluppata risulta alquanto limitato dall’introduzione di nuovi strumenti tecnologici.

Grazie all’open innovation si possono sfruttare strumenti già in fase di sviluppo riducendo i costi e i tempi di realizzazione.

L’open innovation, inoltre, può rappresentare un nuovo settore in cui creare un business redditizio, nel quale l’impresa fa dell’intermediazione tra startup innovative e imprese tradizionali il proprio core business.

Ricorrere all’open innovation riduce notevolmente il rischio tecnologico e il rischio di mercato, entrambi presenti quando si sviluppa un’idea innovativa in un contesto complesso e mutevole come il mercato tecnologico attuale. I rischi sostenuti dall’impresa, in termini economici, saranno limitati all’investimento per acquisire o sfruttare le idee innovative e gli strumenti tecnologici sviluppati all’esterno.

Infine, tramite l’open innovation si avranno a disposizione tecnologie e innovazioni frutto di un’alta specializzazione, in diversi ambiti. Per ogni esigenza che l’impresa possa avvertire non ci sarà più bisogno di costituire un team interno apposito, formarlo e attendere il tempo di sviluppo del prodotto/processo quando quest’ultimo non attenga al core business aziendale. In sostanza, l’open innovation presenta gli stessi benefici che l’outsourcing apporta per i processi ”di contorno” all’attività caratteristica dell’impresa.

L’open innovation può essere attuata attraverso accordi tra aziende, mediante  hackathon open innovationl’acquisizione di startup innovative, costituendo partnership con centri di ricerca e business incubator o università.

Uno dei sistemi più interessanti degli ultimi tempi sono i cosiddetti hackathon. Si tratta di vere e proprie gare di programmazione e innovazione, in cui le imprese chiedono a gruppi di programmatori e innovatori di sviluppare soluzioni innovative e programmi in un tempo molto breve che va da 24 ore a una settimana.

 

Change Management Process – Gli step da seguire per attuare con successo un processo di cambiamento

cahange management process

change management

“Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare.” (Winston Churchill)

In un precedente articolo abbiamo affrontato la tematica del processo di gestione dei cambiamenti all’interno di un’impresa e la necessità di cambiare ed evolversi per riuscire a stare al passo con i tempi, mantenendo salda la propria presenza sul mercato.

Un’organizzazione è costantemente in evoluzione. Il cambiamento può essere causato dall’avvento di nuove tecnologie, innovazioni  di processo o di prodotto, oppure dal dover riorganizzare i servizi offerti alla clientela; in ogni caso, intervenire attivamente è necessario per la crescita e la redditività aziendale. É dunque fondamentale riuscire a gestire i cambiamenti in modo efficace cercando di ridurre al minimo, nella fase di transizione, l’impatto ”sconvolgente” sul team e sulle attività aziendali.

Step essenziali del change management process

Indipendentemente dalla tipologia di cambiamento perseguito, è necessario:

1. Porsi chiari obiettivi da raggiungere

Un processo di cambiamento non è quasi mai breve e indolore. Avere ben chiaro sin dall’inizio cosa effettivamente vada migliorato, ossia l’obiettivo finale del processo, è fondamentale. Ciò permette infatti di identificare e allocare le risorse, economiche e umane, necessarie al raggiungimento dello scopo.

2. Pianificare il change management process

Una roadmap che traccia il percorso da intraprendere con i vari step del change management fino al processo di cambiamentoraggiungimento dell’obiettivo è essenziale per poter procedere nelle lunghe fasi del percorso. Il processo di cambiamento deve avere degli step chiari e obiettivi intermedi misurabili per poter verificare l’effettivo avanzamento del processo.

3. Allocare le risorse finanziare e individuare il team 

Nell’ambito del processo di pianificazione, l’identificazione delle risorse e le fonti di finanziamento sono elementi cruciali. Potranno essere necessari nuovi strumenti software che richiederanno, oltre ad un investimento in termini finanziari, anche un impegno in termini di formazione. Ad esempio, si pensi all’implementazione di un nuovo software gestionale, sarà necessario prevedere delle sessioni formative per il personale che andrà ad utilizzare il nuovo software senza che ciò blocchi le normali attività aziendali.

4. Comunicare efficacemente

Identificare, pianificare, integrare ed eseguire un buon piano di gestione dei cambiamenti dipende da una comunicazione efficace. All’interno dell’impresa alcuni team sono già costituiti, il cambiamento può portare uno scombussolamento dei ruoli e delle mansioni e richiedere la formazione di nuovi gruppi di lavoro. Si dovrà far in modo di preparare i collaboratori in modo tale che il cambiamento non generi frustrazioni e incompresioni.

5. Gestire la resistenza,  i rischi di bilancio e riconoscere i meriti del team

Di fronte ad ogni cambiamento è fisiologico incontrare delle resistenze da processo di cambiamentoparte del personale e anche da parte dei vertici aziendali. Il cambiamento spaventa, da sempre si accompagna a nuove opportunità ma, d’altro canto, anche a insicurezza. La resistenza va superata cercando di anticipare il rischio ed essendo pronti ad affrontare eventuali eventi negativi che possano generarsi. Infine, il team, concluso il processo, deve vedersi riconosciuto i propri meriti in modo tale che i prossimi cambiamenti vengano accolti con meno resistenze e più entusiasmo.

 

Change Management Process – L’articolato percorso verso il cambiamento

change management

Un’organizzazione rigida delle funzioni aziendali si è rivelata essere spesso fallimentare. Operare un cambiamento, in molti casi, non è però una scelta, sono le circostanze ad imporlo. In altri contesti si tratta invece di un cambiamento programmato al fine di incoraggiare la crescita aziendale e il miglioramento. In entrambi i casi, sembra, però, che la scelta di cambiare non sia effettivamente una scelta libera, ma un passo obbligato per la sopravvivenza o il successo dell’impresa.

Sconvolgere un sistema collaudato di gestione e avventurarsi nelle acque agitate dell’innovazione non è di sicuro agevole. Bisogna progettare il processo di trasformazione tenendo conto che spesso  cambiamenti rilevanti hanno un tempo di attuazione fisiologico, che avviene in maniera lenta e programmata.

Generalmente, quando il management propone dei cambiamenti in azienda, questi ultimi non vengono accolti con entusiasmo né dai vertici aziendali né dal personale. Il timore della proprietà è quello di dover trovare fondi per finanziare le innovazioni, che siano di processo, prodotto o organizzative. Per quanto riguarda il personale, i cambiamenti più temuti sono di tipo organizzativo o legati alle innovazioni tecnologiche.

Per alcuni collaboratori dover acquisire nuove conoscenze, ad esempio l’utilizzo di nuovi software, o ritrovarsi in nuove formazioni lavorative  dovendo ricominciare da zero a lavorare sull’affiatamento del team sono motivi di rimostranze. Il management in questi casi dovrà essere in grado di dimostrare la validità che il processo di cambiamento apporterà in azienda, evidenziandone i benefici ma senza nascondere che il percorso di cambiamento non sarà immediato e richiederà impegno da parte di tutti i livelli aziendali.

Il Change management process

L’approccio alla gestione del processo di trasformazione, tendenzialmente, si sostanzia attraverso la pianificazione piuttosto che come reazione alla sfida che un cambiamento organizzativo rappresenta.

La gestione dei cambiamenti si è evoluta negli ultimi anni  attraverso veri e propri modelli, al fine di ammorbidire l’impatto della modifica di processi e piani di gestione sulle organizzazioni.

I modelli di gestione dei cambiamenti sono stati sviluppati in base alla ricerca e alle esperienze maturate nei processi di gestione del cambiamento. La maggior parte di questi modelli permettono di sviluppare processi di trasformazione che possono essere applicati sia all’organizzazione aziendale sia alla crescita personale dell’individuo.

Affinché un modello di gestione del cambiamento sia efficace, deve avvalersi di idonei strumenti di supporto. Tali strumenti vengono sviluppati generalmente all’interno del team di gestione e dagli stakeholder coinvolti nel processo.

Generalmente è necessario sviluppare una roadmap del processo, riuscire a valutare l’avanzamento a fasi intermedie attraverso misurazioni ed analisi, prevedere percorsi di miglioramento futuro.

Non esiste una soluzione ”giusta”, un modello perfetto di gestione del cambiamento che possa essere perfetto per ogni tipologia di processo ma con la ricerca, l’esplorazione e la pianificazione delle risorse, è possibile strutturare una strategia di gestione ad hoc per ogni impresa.
In un prossimo articolo vedremo quali sono gli step essenziali per strutturare con successo un processo di cambiamento.

Due Diligence nelle startup: gli elementi chiave su cui si concentrano gli investitori

due diligence startup

La prima fase di vita di una startup è caratterizzata da ingenti investimenti e bassi utili che vengono solitamente reinvestiti nella società. In questa fase è vitale riuscire ad ottenere finanziamenti a tassi agevolati e attrarre investitori, che prima di compiere le loro scelte di investimento daranno avvio alla fase di due diligence.

E’ difficile però per un’azienda neonata, che opera in settori altamente tecnologici e volatili riuscire ad ottenere finanziamenti attraverso i canali bancari, inoltre, i capitali ottenuti sono in genere concessi a tassi molto elevati. Riuscire ad attrarre investitori privati e istituzionali è vitale per le startup.

Se una startup è riuscita a catturare l’interesse degli investitori è già a buon punto, significa che l’idea imprenditoriale appare ai loro occhi, vincente. A questo punto parte la fase di due diligence nella quale l’investitore andrà ad approfondire nel dettaglio i dati aziendali, gli elementi essenziali e il contesto in cui opera l’impresa.

Spesso però per una startup non sussistono grandi dati su cui effettuare le analisi, pertanto la due diligence si esplica osservand0 le potenzialità e altri aspetti quali il team, il mercato di riferimento, l’innovazione che è capace di apportare e di conseguenza la sua scalabilità.

Quali sono gli elementi su cui l’investitore si focalizza durante la due diligence?

  • Le persone

    Elemento portante di una startup  è sicuramente il suo team, e soprattutto gli imprenditori che hanno dato vita all’impresa. Nelle startup innovative la qualità del capitale umano è molto elevata in quanto per essere classificate come tali le startup devono avere un team altamente professionale composto da laureati magistrali e dottori di ricerca.

    Agli occhi degli investitori è importante trovare un elemento di differenziazione che possa farli propendere per un’impresa anziché per un’altra, questo elemento in genere si identifica nella vision e nella motivazione dei fondatori.

  • L’oggetto dell’attività d’impresa e il mercato

    Il prodotto servizio su cui la startup decide di incentrare la sua attività, essendo l’elemento grazie al quale l’impresa  genererà utili è uno dei punti chiave su cui concentrare le analisi.

    Il prodotto riesce a piazzarsi bene sul mercato? Come si colloca rispetto ai competitors? E’ un prodotto/servizio che non esiste ancora sulla piazza e nell’eventualità il mercato è pronto per accoglierlo? Sono tutte domande che guidano gli investitori nella loro analisi rischio/beneficio.

    Bisogna capire se ci sono potenzialità di crescita ossia se la startup sia scalabile. Il modello di business  scelto dall’impresa consente di valutare lo sviluppo raggiunto dalla startup utilizzando  come indicatore il suo tasso di crescita mensile valutando ad esempio numero differenziale di clienti acquisiti.

  • Strategie di exit

    Le startup reinvestendo la maggior parte degli utili nell’impresa lasciano poco guadagno agli investitori, che mantenendo l’investimento nel lungo periodo puntano ad ottenere il loro ritorno economico grazie al tasso di crescita dell’azienda.

    Considerata però la volatilità dei mercati  del contesto economico in cui si collocano le startup, non si può essere certi che effettivamente questa crescita ci sarà e qualora l’investitore voglia dismettere in tempo il proprio investimento deve poterlo fare.

    L’exit rappresenta l’unica alternativa per monetizzare il proprio investimento nell’immediato, vincoli troppo stringenti che impongono all’investitore di mantenere il proprio investimento lo spingono verso altri progetti aziendali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Modelli di business: come il digitale ha cambiato il modo di fare impresa

modelli di business

E’ stato creato un buon prodotto e la nostra azienda è valida e solida ma se non siamo capaci di adattarci al cambiamento, crescendo e rinnovandoci con esso, siamo destinati a soccombere.

L’avvento dell’era digitale ha visto nascere numerosi modi di fare impresa, abbiamo assistito al proliferare di modelli di business web-based, e-related e click-and brick per citarne alcuni, che indipendentemente dalla loro validità hanno portato ad uno stravolgimento nell’organizzazione aziendale e nel modo di affrontare il mercato competitivo.

Per quanto internet sembri rappresentare la chiave di volta dell’economia e un’innovazione stravolgente quanto necessaria, il vecchio modo di fare impresa non è del tutto da cestinare.

Del resto, anche in ambito web, seppur con delle diversità, restano sempre fondamentali gli elementi su cui un’impresa si fonda che rappresentano i capisaldi dell’attività aziendale, parliamo ovviamente del prodotto/servizio offerto, dell’attenzione al cliente, della strategia, dello studio e del confronto con i competitors.

Definire i modelli di business adottati dopo l’avvento di internet diventa più complesso rispetto al passato, dovendo valutare molti più fattori diversi tra loro ed essendo sorte tipologie di imprese che difficilmente si possono inquadrare nei tre settori produttivi storici, primario, secondario e terziario, più il neonato settore quaternario.

Modelli di business e settori ibridi

Oggi la maggior parte delle imprese opera in un settore ibrido, dove la componente più consistente è data dai servizi offerti, che possono essere l’oggetto primario dell’impresa o comunque un elemento, seppur secondario, di grande rilevanza.

Dal 1998, anno in cui si è data alla rete maggiore credibilità, molte aziende hanno stravolto il proprio business convinte che di lì a poco il tradizionale modo di fare affari sarebbe scomparso. In alcuni casi la troppa voglia di innovare e cambiare ha portato al fallimento, in altri casi è stato avviato un processo di cambiamento più ragionato e graduale portando alla sopravvivenza e alla affermazione dell’impresa.

Le cause concorrenti che hanno portato al fallimento sono da ricercarsi nell’approccio alla rete. Agli inizi i siti internet venivano utilizzati solo come vetrina virtuale, come fonte di informazione ”automatica” per il cliente alleggerendo le procedure informative all’interno dell’azienda fisica.

Purtroppo spesso i webmaster, esperti in programmazione ma carenti in competenza in merito ai processi aziendali, non erano in grado di soddisfare le esigenze strategiche e di marketing dell’impresa, e da parte dell’impresa mancava la capacità di guidarli sotto questi aspetti in quanto si trattava di un mondo ancora inesplorato.

Chi si lanciò nell’e-commerce invece non aveva idea di quanto complicato fosse gestire la logistica e della necessità di integrare nei sistemi gestionali i processi aziendali interni con quelli legati al negozio online.

In poco tempo però si riuscì ad arginare le problematiche emerse e si migliorò velocemente per colmare le carenze. I  modelli di business che nacquero allora sono validi ancor oggi,  essendo molto più agili e flessibili, con processi che prevedono la possibilità di apportare migliorie senza però andare incontro agli alti costi legati al cambiamento che una struttura rigida presenta.

L’area di People Management in un contesto dove la rete domina il mercato deve accogliere nuove figure specializzate sul marketing non tradizionale e puntare molto sulla customer satisfaction.

 

Antifragile: la capacità di reagire agli eventi negativi e uscirne rafforzati

antifragile superare gli ostacoli

antifragile superare gli ostacoli

Prevedere le crisi finanziarie e dei mercati, paradossalmente, non è il miglior modo per affrontarle e superarle. E’ necessario costruire dei sistemi che possano resistere agli impatti negativi permettendo alle imprese di uscirne rafforzate. Evitare di commettere errori? Sarebbe idilliaco ma gli errori si commettono ed è fondamentale imparare la lezione e crescere.

”In principio era il caos”…
Dall’origine del mondo abbiamo imparato che il disordine è fonte di vita, scoperte e innovazioni. Un mondo, in senso economico e non, troppo regolamentato e eccessivamente controllato è stagnante, immobile e in quanto inelastico più a rischio nel momento in cui si incorra in situazioni di crisi.

Cosa significa ”antifragile”?

Il termine ”antifragile”, coniato dal matematico, filosofo e saggista Nassim Nicholas Taleb, è stato creato per definire l’esatto opposto di ”fragile”. Esistono altri termini che si potrebbero utilizzare per definire lo stesso concetto, così sembrerebbe…

In realtà antifragile sta ad indicare un qualcosa in più rispetto a ciò che definiscono altri termini quali ad esempio robusto, resistente, infrangibile. Questi ultimi termini stanno ad indicare la proprietà di resistere a eventi dannosi, la facoltà di reggere ai colpi e alle crisi. Essere antifragile permette non solo di ”sopravvivere” agli shock e attacchi esterni ma addirittura uscirne migliorati.

L’antifragilità pertanto va a definire tutte quegli oggetti, situazioni, sistemi e imprese che riescono a beneficiare di elementi che generalmente vengono visti come eventi e fattori negativi.

Una struttura organizzativa all’interno di un’impresa che riesce a trarre beneficio dall’aleatorietà, dagli eventi improvvisi e dal caos riesce a fare dell’incertezza un punto di forza in un sistema economico dove la maggior parte degli operatori è avverso al rischio e cerca di lottare contro la volatilità del mercato anziché sfruttarla.

Strutture complesse e fortemente regolamentate, che siano i sistemi economici e/o politici e al loro interno le imprese, diminuiscono la loro forza e resilienza all’aumentare delle regole imposte dall’alto. Ogni intervento esterno volto a infoltire la regolamentazione per gestire l’imprevisto, porta all’introduzione di nuove regole che sperano di  sistemare le conseguenze inaspettate generate dall’evento inatteso, determinando un effetto domino di situazioni non programmate a cui far fronte.

In alcuni casi si dovrebbe permettere ai sistemi di riequilibrarsi secondo un ordine naturale delle cose.

Il pensiero di Taleb, applicato in contesti che spaziano dalla gestione d’impresa all’economia passando per la società, definisce il  comportamento ”fragile” produttivo di interventi  artificiali che apportano vantaggi irrisori e numerosi effetti collaterali, impercettibili ma potenzialmente distruttivi.

Per rendere il concetto più fluido, facciamo un esempio rapportato alla vita quotidiana. Curare un raffreddore con un’aspirina può apportare un beneficio immediato e visibile, l’aspirina però è potenzialmente foriera di numerosi effetti collaterali che qualora si presentassero annullerebbero del tutto il beneficio ottenuto dalla sua assunzione causando altri problemi che necessiterebbero un ulteriore intervento medico. Permettere al corpo di recuperare in modo naturale secondo i suoi tempi avrebbe evitato di incorrere in tali inconvenienti. Così come nell’esempio, la volontà di ”riparare” con interventi esterni e macchinosi il sistema impresa, finisce col causarne la rottura.

Gli interventi dall’alto, risultano avere un impatto negativo sul sistema economico che per essere antifragile deve paradossalmente essere composto da unità potenzialmente fragili. Se l’impresa non è in grado di rigenerarsi deve poter fallire, dando un segnale di ciò che non funziona.

I salvataggi statali innescano un circolo vizioso tenendo in vita quelle imprese, troppo grandi per poter fallire per i danni che causerebbero sull’occupazione, ma che in realtà assorbono fondi pubblici non essendo stati in grado di autogestirsi e che ricadono sulla collettività.

 

 

5 azioni per migliorare l’ambiente di lavoro e motivare il tuo team

ambiente di lavoro felice
ambiente di lavoro felice
Ambiente di lavoro felice: un impiegato con sulla fronte un post-it con la scritta ‘be happy’
Una persona felice è un collaboratore felice. Migliorare l’ambiente di lavoro e rendere più facile la vita dei membri del proprio team incrementa la loro motivazione con notevoli benefici per l’attività aziendale.

In un precedente articolo abbiamo visto come nuove modalità di svolgimento della prestazione lavorativa possano migliorare le performance del lavoratore e dell’impresa, rappresentando un equo compromesso tra la vita privata e la produttività sul lavoro. Purtroppo, però, lo smart working non è applicabile ad ogni mansione e tipologia di lavoro, pertanto, per queste categorie, è necessario individuare un’altra soluzione.

La motivazione e la felicità sul luogo di lavoro sono elementi essenziali affinché il lavoratore possa svolgere con serenità la propria mansione lavorativa infondendo il massimo impegno. Tra i fattori che minano la motivazione vi è l’impatto che lo svolgimento del lavoro ha sulla qualità della vita del dipendente.

Come è possibile per il datore di lavoro rendere l’ambiente lavorativo idoneo a favorire la motivazione nel proprio team?

 

1. Organizzare gli orari di lavoro in maniera flessibile. 

La flessibilità è una dote che spessoorario di lavoro flessibile le aziende richiedono al lavoratore ma sembra purtroppo essere una richiesta che manca di reciprocità.  Pertanto il lavoratore viene chiamato a prolungare la sua prestazione lavorativa o in alcuni casi ad abbreviarla solo in funzione dell’attività aziendale, in relazione a picchi e cali di lavoro.

Non dimentichiamoci però che il rischio di impresa è a carico dell’imprenditore e per i periodi di maggior lavoro deve prevedere l’inserimento di nuovi collaboratori e nei periodi di calo organizzare le attività senza influire sulla vita del lavoratore. Inoltre, sarebbe equo mostrare una certa tolleranza sugli orari anche quando è il lavoratore a manifestare un’esigenza non prevedibile  e in ogni caso temporanea.

2. Fornire ai lavoratori strumenti idonei e professionali per eseguire il proprio lavoro.

Gli strumenti utilizzati nello svolgimento del proprio lavoro non sempre sono all’avanguardia, senza esagerare certamente non si pretende di avere l’ultima versione di un software  o l’ultimo modello di un pc, del resto però l’età della pietra è superata! Esistono sistemi gestionali pensati per gestire al meglio le attività aziendali e pure ci si ostina in alcuni casi, per poca voglia di investire o timore delle economie di apprendimento a usare dei software che hanno fatto storia ma che ora sono alquanto superati.

Il lavoratore si trova così a svolgere il proprio lavoro con il computer che si blocca e ad impazzire nella ricerca di informazioni per via del sistema di archiviazione obsoleto.

Go to Better Management

3. Incentivare il lavoratore con premi e percorsi di carriera definiti.

Per quanto possa piacerci la nostra mansione e sentirci già soddisfatti, il desiderio di evolvere è insito nella natura dell’uomo che desidera avere sempre  di più, non solo per quanto riguarda il corrispettivo economico ma anche sotto l’aspetto professionale, per la propria realizzazione.

Creare dei percorsi di carriera chiari che lo rendono possibile è un incentivo notevole così come veder riconosciuto il proprio impegno attraverso dei premi.

4. Sostenere il lavoratore e la sua famiglia.

Rendere più facile la vita del lavoratore fuori dal contesto strettamente lavorativo non è solo favorevole all’azienda per quanto riguarda il prestigio aziendale, ma anche sotto l’aspetto delle performance del lavoratore.

Se si è più tranquilli su dei temi quali la salute ad esempio o la scuola dei figli si riesce a lavorare meglio. Seppur il welfare dovrebbe essere materia statale, quando tutto manca, anche le aziende possono fare la la loro parte mediante la creazione di asili aziendali, ad esempio, oppure mettendo a disposizione del lavoratore un’assicurazione integrativa.

5. Offrire un ambiente di lavoro piacevole e sano per i momenti di pausa. 

Durante lo mensa aziendalesvolgimento dell’attività lavorativa vi sono delle interruzioni programmate, come la pausa pranzo, ad  esempio, e quando necessario,  il dipendente può concedersi una pausa caffè.

Rendere gli spazi dedicati a questi momenti, arieggiati e luminosi, permette al lavoratore di staccare davvero per quei pochi minuti e ricaricarsi. Dove presente una mensa aziendale, proporre un menù sano ed equilibrato, rende il lavoratore più attivo e in salute.

Fonte: ”Qualità della Vita in Azienda, Motivazione e Welfare: gli elementi chiave del futuro di una PMI Italiana” (Sodexo) 

Life skills: le abilità necessarie per interagire nel team

Life Skills

Che si chiamino ”abilità di vita” o competenze del ventunesimo secolo, ha poca rilevanza, ciò che è importante è possedere le life skills per potersi integrare in un team e lavorare bene.

Difficilmente un recruiter nello screening dei CV si troverà scritto tra le abilità del candidato ”possesso di life skills”, eppure rientrano tra quelle abilità oggi molto richieste dalle aziende. Non è facile desumerle da un CV e, a volte, si rischia di tralasciare un candidato valido anche per questo motivo.

Il colloquio, infatti, è un primo modo per testare le life skills, anche se il modo migliore è ovviamente osservare la messa in pratica di queste abilità sul luogo di lavoro, seppur attraverso un periodo di prova, sufficientemente lungo però da permetterne l’utilizzo.

A cosa ci riferiamo quando parliamo di life skills?

L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) definisce le life skills come ”tutte quelle skills (abilità, competenze) che è necessario apprendere per mettersi in relazione con gli altri e per affrontare i problemi, le pressioni e gli stress della vita quotidiana.”

L’assenza di tali capacità porterebbe nel tempo ad assumere comportamenti negativi in risposta allo stress, dall’incorrere in delle dipendenze fino a casi più gravi come i tentativi di suicidio.

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Le life skills, dunque, consistono in abilità trasversali ed accessorie rispetto alle canoniche competenze tecniche richieste da un’impresa per una posizione lavorativa. Il perché oggi assumano un ruolo cruciale durante la selezione per una posizione lavorativa è facilmente intuibile, lo vedremo nel prossimo esempio.

Supponiamo che per una posizione lavorativa, utopicamente… si presentino solo due candidati.

Il soft Skills Scelta Candidatoprimo presenta un CV ineccepibile, una laurea con il massimo dei voti, master e corsi di perfezionamento post laurea.

Il secondo, invece, pur avendo un buon CV, oggettivamente a livello di formazione non è pari al primo candidato, si è laureato con buon punteggio ma non il massimo…non ha frequentato un master, però il suo profilo ha qualcosa in più.

Il secondo candidato però ha vissuto all’estero per un periodo, ha lavorato durante gli studi e coltiva degli hobbies che lo vedono spesso in mezzo alla gente.

Probabilmente il secondo candidato possiede maggiori capacità di interazione e di lavorare in team rispetto al primo, ”probabilmente”, perché come si specificava su, da un CV si può procedere solo con deduzioni ed è necessario un colloquio e un periodo di prova per poter davvero verificare. Voi chi assumereste?

teamLifeSkillsIl possesso di life skills è fondamentale nella vita come nel lavoro, permette oltre alle competenze tecniche di riuscire a svolgere il proprio lavoro in modo più efficiente e collaborativo. Non è sufficiente infatti svolgere le proprie mansioni con diligenza e precisione ma è necessario essere capaci di prendere decisioni, anche e soprattutto rispetto a situazioni impreviste per le quali è d’obbligo un provvedimento immediato. Essere dotati di empatia, capacità di comunicazione, permette di approcciarsi meglio nelle relazioni interpersonali e nel team. Il tutto favorisce un’integrazione ottimale nel team aziendale  permettendo anche la  gestione dello stress.

 

Struttura organizzativa: adeguarla al proprio business è fondamentale

schema di struttura organizzativa

organizzazione aziendale

La struttura organizzativa regge le fondamenta dell’impresa, è vitale che sia coerente con il proprio business.

Nell’ambito dell’organizzazione aziendale la struttura organizzativa viene considerata come qualcosa di assolutamente non passibile di modifiche e revisioni, di conseguenza, si tende a non metterla in discussione. In realtà, la struttura organizzativa nasce con l’impresa ed è pensata per durare nel tempo, ma… questo non implica che, qualora l’innovazione e l’evoluzione dell’impresa richieda degli interventi, questi non possano essere realizzati.

Ovviamente, se l’impresa ai suoi albori avesse optato per una struttura organizzativa flessibile i costi di conversione sarebbero stati meno incidenti sul bilancio aziendale.

Modificare una struttura organizzativa non è semplice, ci sono però modifiche e modifiche…

Pensiamo ad esempio ad una squadra di calcio, ad ogni partita lo schema di gioco può essere cambiato, adattandosi agli avversari da affrontare oppure in base al livello di forma dei calciatori, questi sono interventi possibili, ciò che non si può fare è smantellare la squadra e sostituirla con una nuova, i membri vanno ”allenati” e portati ad un livello tale da affrontare e, possibilmente, vincere il campionato.

Per un’impresa vale lo stesso discorso, in relazione ai competitors con cui deve confrontarsi o alle esigenze del proprio team, la struttura organizzativa deve ”flettersi” alle regole del mercato con la massima elasticità.


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Si possono adottare diverse forme di struttura organizzativa, più o meno idonee per un’impresa, a seconda delle caratteristiche che la contraddistinguono.

Generalmente, quando si parla di struttura organizzativa si considerano tre tipologie principali:

  1. Struttura funzionale
  2. Struttura divisionale
  3. Struttura a matrice.

La prima è quella più comune, prevede la suddivisione dell’azienda in aree struttura organizzativafunzionali, nelle quali si svolgono attività omogenee, come ad esempio l’area amministrativa o l’area tecnica.

Questa suddivisione consente un altro grado di specializzazione all’interno delle aree, però, incide negativamente sul coordinamento complessivo, le aree tendono infatti ad operare come se fossero tante piccole aziende e non un ingranaggio di un meccanismo più grande, l’impresa.

Una struttura di questo tipo può funzionare in mercati omogenei, nei quali l’efficienza è un fattore molto rilevante per raggiungere un vantaggio competitivo.

Nella struttura divisionale, la ”ripartizione” interna avviene in relazione alle linee di prodotto, ad esempio,  oppure in base ai mercati serviti.

L’azienda è frazionata in più divisioni che al loro interno assumono una struttura funzionale autonoma e lasciano alla direzione centrale solo alcune funzioni generali e condivise tra tutte le divisioni. Questo tipo di struttura incentiva le diverse divisioni a una sana competizione e ciò garantisce nel complesso struttura organizzativaperformance migliori. Come per le aziende strutturate a in modo funzionale, è minato il coordinamento e la sinergia tra le divisioni.

La struttura a matrice è un punto di  incontro tra la  struttura funzionale e quella divisionale. 

La struttura è di tipo orizzontale, vi sono product manager o project manager che seguono progetti e aree di business ”usufruendo” delle diverse funzioni aziendali. In questo modo si riesce a unire in un modello organizzativo i due vantaggi dei precedenti: specializzazione e incentivi interni per performance migliori.

Non esiste una formula magica che risolve ogni problema aziendale, non c’è una struttura organizzativa che è migliore delle altre, è sempre necessario analizzare i bisogni aziendali e trovare la soluzione più adatta alla  propria impresa.