Trucchi e consigli per tutti gli smart workers

Smart working sempre più diffuso anche in Italia, ma quali sono i trucchi per essere sempre al top?

Smart working o lavoro agile? Che preferiate il termine inglese o la traduzione in italiano, il contenuto rimane lo stesso, e si tratta di quella modalità di lavoro che porta molti benefici, sia al datore di lavoro sia al dipendente stesso. Lo smart working, o lavoro da remoto, con la possibilità di gestire orari e luogo di lavoro (casa, caffetteria o co-working) è sempre più diffuso anche qui in Italia, prendendo esempio da aziende oltreoceano di successo.

Lo smart working dunque si diffonde e viene finalmente riconosciuto anche dalla legislazione, che prende posizione e chiarisce quali sono i diritti e i doveri del lavoratore smart. Rimane però un quesito, quali sono i trucchi e i consigli per affrontare al meglio lo smart working? Cerchiamo di dare una risposta in questo breve articolo.

Prima di tutto cercate di conoscere bene la legge appunto. Ora che esiste una normativa per smart workers che compara i lavoratori agili ai dipendenti classici, con gli stessi diritti, informatevi e non fatevi sfuggire occasioni preziose. Se non lavorate per una sola azienda, ma gestite il vostro lavoro smart come freelance nessun problema. Esistono infatti coperture e sgravi fiscali anche per chi effettua il proprio impiego come ‘nomade digitale’. Dunque il primo consiglio è informatevi! Non solo per rimanere aggiornati e al passo con i tempi ma soprattutto per conoscere ciò che è nel vostro interesse.

Passiamo ora ai consigli tecnici. Uno smart worker ha bisogno dell’equipaggiamento giusto! E dunque partiamo subito con computer e smartphone. Vale la pena spendere qualche euro in più ma avere a vostra disposizione un buon prodotto, che possa sostenere il carico di lavoro che andrete a svolgere. Lo stesso discorso si può applicare a chi ha bisogno di programmi informatici o di grafica, gestionali o di editing: scegliete con cura, ne va del vostro lavoro. Al di là dei sistemi operativi e ai programmi, esistono ormai moltissime app create appositamente per chi lavora da remoto: comunicazione, gestione eventi e documenti, to-do-list e chi ne ha più ne metta. Scegliete quelle più indicate per il vostro lavoro e non fatevi fermare da nessuno.

Oltre a software a hardware avrete bisogno di un internet provider che vi assicuri una linea stabile e veloce. Scegliete dunque con cura il vostro servizio, valutate le diverse offerte. Per chi gestisce anche dati sensibili e pagamenti (compresi i freelance) affidatevi ad un sistema che protegge la vostra privacy per evitare attacchi informatici e leak di dati.

Oltre all’apparato tecnico giusto, rifornitevi anche dell’attitudine giusta! Lo smart working si basa sull’innovazione del sistema lavoro, sulla fiducia e sulle competenze. Dunque mostratevi dinamici, aperti, flessibili. Allo stesso tempo avrete modo di far rispettare i vostri diritti, di organizzare il vostro lavoro come preferite, di sentirvi a vostro agio mentre lavorate, senza pressione e senza preoccupazioni di dress code e simili. Gestite il vostro lavoro sfruttando le ore in cui vi sentite più produttivi. Lavorando a distanza, nella comodità di casa propria o del proprio studio, non sentendo la pressione del luogo di lavoro, evitando lo stress da pendolari (e così risparmiando soldi e inquinando meno), il lavoratore agile è più felice e dunque produce di più, rendendo felice anche il datore di lavoro. 

Di certo i benefici sono presenti da entrambe le parti. E sentiremo parlare sempre più spesso di smart working.

Lavoro Agile: la regolamentazione dello smart working

lavoro agile
Grazie ai benefici ottenibili attraverso il lavoro agile, di cui abbiamo parlato in un precedente articolo, sempre più aziende decidono di aprire le loro porte agli smart workers. Dal 2017 il lavoro agile gode di una propria regolamentazione.

Anche il legislatore ha dovuto prendere atto del fenomeno di ampia portata rappresentato dal lavoro agile. La sempre maggiore flessibilità richiesta ai lavoratori ha fatto nascere nuove modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, per le quali fino a maggio di quest’anno vi era un vuoto legislativo.

La legge 22/05/2017 n.81, dopo numerose navette tra Camera e Senato, è stata pubblicata sulla GU n.135 del 13 Giugno 2017. La legge, intitolata ”Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”, nel capo II articola il lavoro agile.

Con questa legge si va a colmare un vuoto legislativo che si cercava di riempire attingendo dalla normativa sul telelavoro nelle aziende pubbliche che, però, è ben differente dallo smart working, sia per caratteristiche intrinseche che per la tipologia di aziende per le quali è svolto, perlopiù private.

Innanzitutto viene definito lo smart working, come la forma lavorativa nella quale la prestazione agile può avvenire in parte presso i locali dell’azienda e in parte all’esterno, senza avvalersi dunque di una postazione fissa.

Lo smart worker, rispetto a chi effettua la prestazione mediante telelavoro può espletare la propria mansione dove meglio crede, dalla panchina del parco al divano di casa propria, rispettando ovviamente gli orari concordati con l’azienda e avvalendosi di idonei mezzi tecnologici di supporto.

L’articolo 18 della legge 81/2017 va a definire il concetto di lavoro agile come “modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato allo scopo di incrementarne la produttività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.”

I punti salienti della legge riguardano l’equiparazione dello smart worker al dipendente che svolge il proprio lavoro all’interno dell’azienda, sia sotto il profilo economico sia sotto il quadro normativo relativo a diritti e doveri.

Fondamentale, a pena di nullità, è la stipula di un accordo scritto che individui le modalità di svolgimento del lavoro.

Lo smart working si sostanzia in una prestazione lavorativa di tipo subordinato che presenta le seguenti peculiarità:

  • Il lavoratore agile effettua la sua prestazione sia all’interno che all’esterno dei locali aziendali;
  • L’attività lavorativa viene spesso effettuata attraverso idonei strumenti tecnologici;
  • Il lavoratore non è vincolato ad una postazione fissa nei momenti in cui espleta la propria attività fuori dai locali dell’azienda.

Per quanto riguarda l’orario di lavoro, si è pensato che una regolamentazione stringente rischiasse di interferire con le caratteristiche del lavoro agile, che lasciano al lavoratore una certa autonomia di gestione con un fine di scopo e non di ore lavorate, d’altro canto il datore di lavoro non avrebbe modo di verificare l’effettiva durata della prestazione quando questa si svolga all’esterno dell’azienda. Alla fine però si è deciso di definire la giornata lavorativa dello smart worker così come quella del dipendente che lavora in sede, comprendente ossia le canoniche otto ore giornaliere.

 

 

 

Life skills: le abilità necessarie per interagire nel team

Life Skills

Che si chiamino ”abilità di vita” o competenze del ventunesimo secolo, ha poca rilevanza, ciò che è importante è possedere le life skills per potersi integrare in un team e lavorare bene.

Difficilmente un recruiter nello screening dei CV si troverà scritto tra le abilità del candidato ”possesso di life skills”, eppure rientrano tra quelle abilità oggi molto richieste dalle aziende. Non è facile desumerle da un CV e, a volte, si rischia di tralasciare un candidato valido anche per questo motivo.

Il colloquio, infatti, è un primo modo per testare le life skills, anche se il modo migliore è ovviamente osservare la messa in pratica di queste abilità sul luogo di lavoro, seppur attraverso un periodo di prova, sufficientemente lungo però da permetterne l’utilizzo.

A cosa ci riferiamo quando parliamo di life skills?

L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) definisce le life skills come ”tutte quelle skills (abilità, competenze) che è necessario apprendere per mettersi in relazione con gli altri e per affrontare i problemi, le pressioni e gli stress della vita quotidiana.”

L’assenza di tali capacità porterebbe nel tempo ad assumere comportamenti negativi in risposta allo stress, dall’incorrere in delle dipendenze fino a casi più gravi come i tentativi di suicidio.

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Le life skills, dunque, consistono in abilità trasversali ed accessorie rispetto alle canoniche competenze tecniche richieste da un’impresa per una posizione lavorativa. Il perché oggi assumano un ruolo cruciale durante la selezione per una posizione lavorativa è facilmente intuibile, lo vedremo nel prossimo esempio.

Supponiamo che per una posizione lavorativa, utopicamente… si presentino solo due candidati.

Il soft Skills Scelta Candidatoprimo presenta un CV ineccepibile, una laurea con il massimo dei voti, master e corsi di perfezionamento post laurea.

Il secondo, invece, pur avendo un buon CV, oggettivamente a livello di formazione non è pari al primo candidato, si è laureato con buon punteggio ma non il massimo…non ha frequentato un master, però il suo profilo ha qualcosa in più.

Il secondo candidato però ha vissuto all’estero per un periodo, ha lavorato durante gli studi e coltiva degli hobbies che lo vedono spesso in mezzo alla gente.

Probabilmente il secondo candidato possiede maggiori capacità di interazione e di lavorare in team rispetto al primo, ”probabilmente”, perché come si specificava su, da un CV si può procedere solo con deduzioni ed è necessario un colloquio e un periodo di prova per poter davvero verificare. Voi chi assumereste?

teamLifeSkillsIl possesso di life skills è fondamentale nella vita come nel lavoro, permette oltre alle competenze tecniche di riuscire a svolgere il proprio lavoro in modo più efficiente e collaborativo. Non è sufficiente infatti svolgere le proprie mansioni con diligenza e precisione ma è necessario essere capaci di prendere decisioni, anche e soprattutto rispetto a situazioni impreviste per le quali è d’obbligo un provvedimento immediato. Essere dotati di empatia, capacità di comunicazione, permette di approcciarsi meglio nelle relazioni interpersonali e nel team. Il tutto favorisce un’integrazione ottimale nel team aziendale  permettendo anche la  gestione dello stress.

 

Lavoro agile: smart working amico della flessibilità

Un congruo compromesso tra lavoro e vita privata esiste? Si, lo smart working!

Le nuove tecnologie, già a partire dagli anni ’70, hanno consentito e favorito lo sviluppo del telelavoro, inteso come prestazione lavorativa fornita da un luogo diverso dalla sede aziendale, di norma corrispondente al domicilio del lavoratore. Da un po’ di anni a questa parte una nuova terminologia sta prendendo piede: lo smart working.  Di cosa si tratta in realtà? Coincide forse con l’ormai noto telelavoro e ad essere diverso è solo il nome che gli si da? Non esattamente…

Lo smart working rappresenta l’evoluzione concettuale del telelavoro. Recentemente regolamentato, lo smart working nasce con lo scopo di incrementare la competitività e conciliare in modo ottimale vita privata  e lavorativa del dipendente. Si realizza tramite accordo contrattuale tra le parti che ne definiscono modi e tempi di attuazione, il monte ore necessario e l’orario di lavoro. A differenza del telelavoro che prevede quale sede dove effettuare la prestazione lavorativa l’abitazione del lavoratore, lo smart working non prevede una postazione fissa. Il lavoratore può svolgere le sue mansioni ovunque egli voglia entro i limiti orari della sua giornata lavorativa così come concordato tra le parti e nel rispetto dei dettami dei contratti collettivi nazionali.

La regolamentazione dello smart working ha inoltre  introdotto il ”diritto alla disconnessione”, l’accordo scritto tra le parti deve prevedere infatti anche i tempi di riposo del lavoratore, e la struttura organizzativa e tecnica deve essere predisposta affinché possa permettere al lavoratore di disconnettersi in sicurezza. 

Per quanto riguarda il corrispettivo, è previsto che  lo smart worker abbia diritto  allo stesso trattamento economico dei lavoratori che prestano il proprio lavoro in sede.  Per i primi, però, svolgendo la loro prestazione al di fuori dei locali aziendali le modalità di esecuzione delle mansioni sono diverse come diverse sono le sanzioni disciplinari in caso di condotte differenti da quelle previste per ogni categoria di lavoratore.

 

Seppur per l’azienda lo smart worker implica l’investimento in strumenti per la comunicazione e la collaborazione, oltre a uno stipendio pari a quello percepito dai lavoratori in sede, sussistono delle utilità non indifferenti. L’azienda infatti riesce  a ridurre i costi dei luoghi fisici proporzionalmente al numero di dipendenti che lavorano in formula smart working. Inoltre, da alcune indagini effettuate mediamente gli smart workers tendono a lavorare più ore rispetto ai colleghi in sede. Più che portarsi il lavoro a casa, gli smart workers portano la casa a lavoro e questo ha un doppio effetto. Se il lavorare da casa li spinge a lavorare di più per dimostrare che riescono a lavorare bene e di meglio rispetto ai lavoratori in sede, il loro maggior sforzo è premiato dall’essere a casa, ma non solo, possono infatti lavorare seduti su una panchina in un parco, in un internet cafè  o dove meglio aggrada al lavoratore ottenendo così un notevole incremento della qualità della vita e non dimentichiamo che evitano in questo modo l’ansia, di Fantozziana memoria, di non riuscire a timbrare il cartellino in tempo e non perdere il tram o la metro affollatissima!