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Employee Engagement: cos’è e perché è importante per la tua azienda
La percezione che il dipendente ha del proprio ruolo all’interno del team, ottenuta attraverso la definizione di obiettivi chiari e il rilascio di feedback regolari e costruttivi, incrementa la fiducia e l’impegno che il collaboratore infonde nello svolgimento del proprio lavoro.
L’employee engagement misura il coinvolgimento del dipendente nell’espletare il proprio lavoro. L’interesse che il lavoratore ha per la propria mansione e per l’azienda incide in modo diretto sulla sua capacità di contribuire alla realizzazione degli obiettivi aziendali.
Il coinvolgimento del dipendente aumenta in relazione alla percezione del proprio ruolo all’interno dell’impresa. Un dipendente che si sente parte dell’azienda in modo completo e attivo, riuscendo a comprenderne in pieno gli obiettivi risulterà più motivato e, a parità di competenza nella mansione, più produttivo ed efficiente rispetto a un dipendente che si sente ”estraneo” alla mission aziendale. Oltre all’ambiente professionale in senso stretto, l’employee engagement è influenzato anche dal necessario equilibrio tra vita lavorativa e privata.
Riuscire a coinvolgere efficacemente i propri dipendenti migliora le loro performance il che si traduce in un beneficio qualitativo ed economico per l’impresa. Se il dipendente è soddisfatto della propria vita professionale e si sente ”legato” all’impresa in cui lavora tendenzialmente non cerca alternative lavorative esterne e ciò permette di diminuire il turn over che, come ben sappiamo, se è elevato non è un buon indice per l’impresa.
Employee Engagement: solo riflessi positivi, anche non scontati
Attivare politiche di employee engagement ha un riflesso positivo anche su aspetti che a un primo sguardo non sembrano essere direttamente collegati, ad esempio: la customer satisfaction, la capacità di innovare e l’adattabilità ai cambiamenti, oltre a un tasso di assenteismo molto basso.
Il lavoratore che si sente parte dell’impresa tratta il consumatore come un ”proprio” cliente e cerca di soddisfarlo in pieno e prevenire le sue necessità. In un clima lavorativo sereno l’innovazione sarà accolta di buon grado in quanto non ci sarà il timore di uno stravolgimento lavorativo e il cambiamento avverrà senza contrasti.
Per riuscire a coinvolgere il dipendente è necessario lavorare sulla trasparenza aziendale, fornire obiettivi chiari e non utopici, incrementare la comunicazione all’interno dell’impresa facendo comprendere pienamente la mission aziendale.
L’impresa deve inoltre garantire l’uguaglianza nel trattamento economico relativo alla figura professionale senza attuare differenze di genere. L’assenza di disparità nelle retribuzioni sembra un concetto assodato, purtroppo, in realtà, esiste ancora in tante imprese. Inoltre è necessario creare opportunità di formazione e definire uno schema chiaro sugli step da seguire per gli avanzamenti di carriera.
L’impresa, infine, deve essere in grado di creare un dialogo con i propri dipendenti, ascoltarli e permettere il confronto costruttivo, deve riuscire a comprendere le esigenze dei propri collaboratori e, nei limiti del possibile, essere disponibile a dimostrare, a sua volta, una certa flessibilità, caratteristica che sempre viene richiesta al lavoratore.
Change Management Process – Gli step da seguire per attuare con successo un processo di cambiamento
“Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare.” (Winston Churchill)
In un precedente articolo abbiamo affrontato la tematica del processo di gestione dei cambiamenti all’interno di un’impresa e la necessità di cambiare ed evolversi per riuscire a stare al passo con i tempi, mantenendo salda la propria presenza sul mercato.
Un’organizzazione è costantemente in evoluzione. Il cambiamento può essere causato dall’avvento di nuove tecnologie, innovazioni di processo o di prodotto, oppure dal dover riorganizzare i servizi offerti alla clientela; in ogni caso, intervenire attivamente è necessario per la crescita e la redditività aziendale. É dunque fondamentale riuscire a gestire i cambiamenti in modo efficace cercando di ridurre al minimo, nella fase di transizione, l’impatto ”sconvolgente” sul team e sulle attività aziendali.
Step essenziali del change management process
Indipendentemente dalla tipologia di cambiamento perseguito, è necessario:
1. Porsi chiari obiettivi da raggiungere
Un processo di cambiamento non è quasi mai breve e indolore. Avere ben chiaro sin dall’inizio cosa effettivamente vada migliorato, ossia l’obiettivo finale del processo, è fondamentale. Ciò permette infatti di identificare e allocare le risorse, economiche e umane, necessarie al raggiungimento dello scopo.
2. Pianificare il change management process
Una roadmap che traccia il percorso da intraprendere con i vari step del change management fino al raggiungimento dell’obiettivo è essenziale per poter procedere nelle lunghe fasi del percorso. Il processo di cambiamento deve avere degli step chiari e obiettivi intermedi misurabili per poter verificare l’effettivo avanzamento del processo.
3. Allocare le risorse finanziare e individuare il team
Nell’ambito del processo di pianificazione, l’identificazione delle risorse e le fonti di finanziamento sono elementi cruciali. Potranno essere necessari nuovi strumenti software che richiederanno, oltre ad un investimento in termini finanziari, anche un impegno in termini di formazione. Ad esempio, si pensi all’implementazione di un nuovo software gestionale, sarà necessario prevedere delle sessioni formative per il personale che andrà ad utilizzare il nuovo software senza che ciò blocchi le normali attività aziendali.
4. Comunicare efficacemente
Identificare, pianificare, integrare ed eseguire un buon piano di gestione dei cambiamenti dipende da una comunicazione efficace. All’interno dell’impresa alcuni team sono già costituiti, il cambiamento può portare uno scombussolamento dei ruoli e delle mansioni e richiedere la formazione di nuovi gruppi di lavoro. Si dovrà far in modo di preparare i collaboratori in modo tale che il cambiamento non generi frustrazioni e incompresioni.
5. Gestire la resistenza, i rischi di bilancio e riconoscere i meriti del team
Di fronte ad ogni cambiamento è fisiologico incontrare delle resistenze da parte del personale e anche da parte dei vertici aziendali. Il cambiamento spaventa, da sempre si accompagna a nuove opportunità ma, d’altro canto, anche a insicurezza. La resistenza va superata cercando di anticipare il rischio ed essendo pronti ad affrontare eventuali eventi negativi che possano generarsi. Infine, il team, concluso il processo, deve vedersi riconosciuto i propri meriti in modo tale che i prossimi cambiamenti vengano accolti con meno resistenze e più entusiasmo.
Collaborazione e cooperazione: la necessità per la tua azienda di far leva su entrambe
Spesso i termini collaborazione e cooperazione vengono usati impropriamente come sinonimi. In realtà, esistono delle differenze sostanziali ma entrambi i termini vanno ad identificare comportamenti del team vitali per lo sviluppo e la solidità dell’impresa.
La cooperazione implica il compimento di azioni coordinate volte al raggiungimento di un fine comune ma svolgendo autonomamente le singole attività, che come pezzi di un puzzle andranno a incastrarsi per raggiungere il risultato finale condiviso dai diversi membri. Si tratta di un insieme di processi e strategie che permettono al gruppo di lavorare insieme ma mantenendo la propria individualità professionale nettamente definita. La cooperazione è caratterizzata, generalmente, dalla presenza di un supervisore o coordinatore che tiene le fila del processo, coordina le risorse e ne risponde.
Caratteristiche della cooperazione
- Elevata interdipendenza tra i componenti e i diversi compiti
- Responsabilità di ogni singolo membro
- Co-decisione e coordinamento
La collaborazione si sostanzia nel lavorare insieme non sulla singola operazione o compito ma sull’intero lavoro e su ogni parte del processo volto a raggiungere l’obiettivo. Ogni membro segue tutte le fasi del processo e ne ha una visione di insieme. La collaborazione è l’elemento di partenza nell’avvio di un progetto, in quanto è presente già nel momento in cui si compiono le scelte e si scelgono gli indirizzi e le linee da seguire.
Per una collaborazione di successo
- L’accordo e il perseguimento di un obiettivo comune
- L’unione delle competenze individuali dei singoli membri a beneficio del team
- L’accettazione dei ruoli e l’assunzione di responsabilità di gruppo
Il Randstad Workmonitor, l’indagine realizzata nel terzo trimestre 2014 da Randstad, rileva che lo spirito collaborativo non è innato ma si sviluppa nella pratica, i datori di lavoro dovrebbero favorirlo anche attraverso adeguati strumenti che oggi la tecnologia permette, basti pensare ai casi in cui vi sono sedi aziendali distaccate, la possibilità di collaborare in tempo reale a distanza oggi è possibile e molto utile.
Le prestazioni di un team collaborativo sono migliori, pertanto incoraggiare la collaborazione anche attraverso meccanismi incentivanti che premiano il team nella sua interezza non può che migliorarne le performance a beneficio dell’intera azienda.
E’ bene cercare di lasciare sepolte nel passato le tecniche che incentivavano i dipendenti a una competizione individuale esagerata e cercare di incanalare i loro sforzi in attività che favoriscono la coesione del gruppo e del gioco di squadra.
Cooperare non è meno importante, all’interno di uno stesso progetto possono esservi fasi che vanno gestite in autonomia. Come in una catena di montaggio ogni azione è legata alla successiva, far parte di un team che crede nella collaborazione e cooperazione permette di superare le difficoltà incontrate dal singolo membro e di trovare insieme soluzioni appropriate. In questo modo è possibile ottimizzare i tempi ed essere più performanti.
Storytelling (lifetelling) e brand reputation: Amaro Montenegro docet
Ogni azienda ha una storia da raccontare…
Lo storytelling è un metodo vincente per comunicare efficacemente e rafforzare la percezione dell’identità aziendale nel cliente, attuale o potenziale, coinvolgendolo emotivamente.
In precedenti articoli abbiamo affrontato il tema dello storytelling ed evidenziato l’importanza che questo metodo di comunicazione assume per la brand reputation e la creazione dell’engagement con il cliente.
Il business storytelling, per quanto salito alla ribalta in tempi abbastanza recenti, in realtà, è qualcosa che alcune imprese conoscono e utilizzano da tempo.
Per alcune aziende, il cui brand è conosciuto e apprezzato in tutto il mondo, come ad esempio Ikea e Coca Cola o Red Bull, lo storytelling è il pane quotidiano. Nelle loro campagne di comunicazione hanno scelto dei punti sui quali focalizzarsi e intorno ad essi hanno lavorato creando spot pubblicitari capaci di coinvolgere il pubblico, rafforzando ulteriormente la loro già forte presenza sul mercato.
Senza andare lontano però, anche in Italia abbiamo case history di successo, tra cui l’esempio di Montenegro Srl, rinomata produttrice del noto Amaro Montenegro.
Azienda storica nata alla fine del 1800, dopo la grande guerra, ha ricominciato la sua ascesa per arrivare negli anni ’80 del secolo scorso ad affermarsi stabilmente sul mercato grazie alle sue campagne promozionali che hanno conquistato il cuore degli italiani, grazie ai messaggi di amicizia, solidarietà e spirito di gruppo veicolati nei suoi spot.
L’azienda, anziché focalizzare i suoi messaggi pubblicitari sul prodotto, lo ha contestualizzato in vicende umane in cui emergono sentimenti di amicizia e unione e, ad obiettivo raggiunto i protagonisti dello spot si concedevano in premio un buon Amaro…Montenegro.
Il messaggio veicolato si è insinuato a tal punto nella mente del pubblico da far diventare il marchio noto anche al dilà della cerchia dei consumatori del prodottoe e talvolta oggetto di qualche di un po’ di bonaria ironia nelle situazioni complicate: ”questa è una sfida da Amaro Montenegro”. Per gente comune capace di compiere eroiche gesta, insomma. Proprio come negli spot.
Per il suo 130° compleanno, Amaro Montenegro, ha deciso di portare nei suoi spot ”eroi veri”, membri di associazioni no-profit che lottano ogni giorno per la protezione dell’ambiente, delle persone e degli animali.
Questo è stato il salto che ha permesso allo storytelling di evolversi e diventare un racconto di vita reale. Lo spot ha donato visibilità agli enti no-profit e mostrato il loro lavoro quotidiano e attraverso un meccanismo di condivisione sui social, le organizzazione si sono aggiudicate, in base ai voti ottenuti, il contributo di 130.000 euro donato da Amaro Montenegro.
Il caso di Amaro Montenegro ci fa capire che il mondo in continua evoluzione richiede cambiamenti anche nelle strategie aziendali. Lo storytelling seppur è stato e continua ad essere uno strumento efficace per l’engagement con il cliente e lo guida verso il nostro brand nelle sue scelte di acquisto, si è arrivati al punto in cui è necessario che diventi più concreto e aperto, sopratutto utili in altri meritevoli ambiti.
L’iniziativa di Montenegro ha avuto un successo doppio, rivelandosi un toccasana per le casse delle associazioni coinvolte, spesso troppo vuote, ma anche per il brand promotore, che ha saputo rafforzare i valori su cui da sempre fa leva, migliorando la relazione con i clienti e acquisendone di nuovi, creando un beneficio di lungo periodo.
5 azioni per migliorare l’ambiente di lavoro e motivare il tuo team
Una persona felice è un collaboratore felice. Migliorare l’ambiente di lavoro e rendere più facile la vita dei membri del proprio team incrementa la loro motivazione con notevoli benefici per l’attività aziendale.
In un precedente articolo abbiamo visto come nuove modalità di svolgimento della prestazione lavorativa possano migliorare le performance del lavoratore e dell’impresa, rappresentando un equo compromesso tra la vita privata e la produttività sul lavoro. Purtroppo, però, lo smart working non è applicabile ad ogni mansione e tipologia di lavoro, pertanto, per queste categorie, è necessario individuare un’altra soluzione.
La motivazione e la felicità sul luogo di lavoro sono elementi essenziali affinché il lavoratore possa svolgere con serenità la propria mansione lavorativa infondendo il massimo impegno. Tra i fattori che minano la motivazione vi è l’impatto che lo svolgimento del lavoro ha sulla qualità della vita del dipendente.
Come è possibile per il datore di lavoro rendere l’ambiente lavorativo idoneo a favorire la motivazione nel proprio team?
1. Organizzare gli orari di lavoro in maniera flessibile.
La flessibilità è una dote che spesso le aziende richiedono al lavoratore ma sembra purtroppo essere una richiesta che manca di reciprocità. Pertanto il lavoratore viene chiamato a prolungare la sua prestazione lavorativa o in alcuni casi ad abbreviarla solo in funzione dell’attività aziendale, in relazione a picchi e cali di lavoro.
Non dimentichiamoci però che il rischio di impresa è a carico dell’imprenditore e per i periodi di maggior lavoro deve prevedere l’inserimento di nuovi collaboratori e nei periodi di calo organizzare le attività senza influire sulla vita del lavoratore. Inoltre, sarebbe equo mostrare una certa tolleranza sugli orari anche quando è il lavoratore a manifestare un’esigenza non prevedibile e in ogni caso temporanea.
2. Fornire ai lavoratori strumenti idonei e professionali per eseguire il proprio lavoro.
Gli strumenti utilizzati nello svolgimento del proprio lavoro non sempre sono all’avanguardia, senza esagerare certamente non si pretende di avere l’ultima versione di un software o l’ultimo modello di un pc, del resto però l’età della pietra è superata! Esistono sistemi gestionali pensati per gestire al meglio le attività aziendali e pure ci si ostina in alcuni casi, per poca voglia di investire o timore delle economie di apprendimento a usare dei software che hanno fatto storia ma che ora sono alquanto superati.
Il lavoratore si trova così a svolgere il proprio lavoro con il computer che si blocca e ad impazzire nella ricerca di informazioni per via del sistema di archiviazione obsoleto.
3. Incentivare il lavoratore con premi e percorsi di carriera definiti.
Per quanto possa piacerci la nostra mansione e sentirci già soddisfatti, il desiderio di evolvere è insito nella natura dell’uomo che desidera avere sempre di più, non solo per quanto riguarda il corrispettivo economico ma anche sotto l’aspetto professionale, per la propria realizzazione.
Creare dei percorsi di carriera chiari che lo rendono possibile è un incentivo notevole così come veder riconosciuto il proprio impegno attraverso dei premi.
4. Sostenere il lavoratore e la sua famiglia.
Rendere più facile la vita del lavoratore fuori dal contesto strettamente lavorativo non è solo favorevole all’azienda per quanto riguarda il prestigio aziendale, ma anche sotto l’aspetto delle performance del lavoratore.
Se si è più tranquilli su dei temi quali la salute ad esempio o la scuola dei figli si riesce a lavorare meglio. Seppur il welfare dovrebbe essere materia statale, quando tutto manca, anche le aziende possono fare la la loro parte mediante la creazione di asili aziendali, ad esempio, oppure mettendo a disposizione del lavoratore un’assicurazione integrativa.
5. Offrire un ambiente di lavoro piacevole e sano per i momenti di pausa.
Durante lo svolgimento dell’attività lavorativa vi sono delle interruzioni programmate, come la pausa pranzo, ad esempio, e quando necessario, il dipendente può concedersi una pausa caffè.
Rendere gli spazi dedicati a questi momenti, arieggiati e luminosi, permette al lavoratore di staccare davvero per quei pochi minuti e ricaricarsi. Dove presente una mensa aziendale, proporre un menù sano ed equilibrato, rende il lavoratore più attivo e in salute.
Fonte: ”Qualità della Vita in Azienda, Motivazione e Welfare: gli elementi chiave del futuro di una PMI Italiana” (Sodexo)
Life skills: le abilità necessarie per interagire nel team
Che si chiamino ”abilità di vita” o competenze del ventunesimo secolo, ha poca rilevanza, ciò che è importante è possedere le life skills per potersi integrare in un team e lavorare bene.
Difficilmente un recruiter nello screening dei CV si troverà scritto tra le abilità del candidato ”possesso di life skills”, eppure rientrano tra quelle abilità oggi molto richieste dalle aziende. Non è facile desumerle da un CV e, a volte, si rischia di tralasciare un candidato valido anche per questo motivo.
Il colloquio, infatti, è un primo modo per testare le life skills, anche se il modo migliore è ovviamente osservare la messa in pratica di queste abilità sul luogo di lavoro, seppur attraverso un periodo di prova, sufficientemente lungo però da permetterne l’utilizzo.
A cosa ci riferiamo quando parliamo di life skills?
L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) definisce le life skills come ”tutte quelle skills (abilità, competenze) che è necessario apprendere per mettersi in relazione con gli altri e per affrontare i problemi, le pressioni e gli stress della vita quotidiana.”
L’assenza di tali capacità porterebbe nel tempo ad assumere comportamenti negativi in risposta allo stress, dall’incorrere in delle dipendenze fino a casi più gravi come i tentativi di suicidio.
Le life skills, dunque, consistono in abilità trasversali ed accessorie rispetto alle canoniche competenze tecniche richieste da un’impresa per una posizione lavorativa. Il perché oggi assumano un ruolo cruciale durante la selezione per una posizione lavorativa è facilmente intuibile, lo vedremo nel prossimo esempio.
Supponiamo che per una posizione lavorativa, utopicamente… si presentino solo due candidati.
Il primo presenta un CV ineccepibile, una laurea con il massimo dei voti, master e corsi di perfezionamento post laurea.
Il secondo, invece, pur avendo un buon CV, oggettivamente a livello di formazione non è pari al primo candidato, si è laureato con buon punteggio ma non il massimo…non ha frequentato un master, però il suo profilo ha qualcosa in più.
Il secondo candidato però ha vissuto all’estero per un periodo, ha lavorato durante gli studi e coltiva degli hobbies che lo vedono spesso in mezzo alla gente.
Probabilmente il secondo candidato possiede maggiori capacità di interazione e di lavorare in team rispetto al primo, ”probabilmente”, perché come si specificava su, da un CV si può procedere solo con deduzioni ed è necessario un colloquio e un periodo di prova per poter davvero verificare. Voi chi assumereste?
Il possesso di life skills è fondamentale nella vita come nel lavoro, permette oltre alle competenze tecniche di riuscire a svolgere il proprio lavoro in modo più efficiente e collaborativo. Non è sufficiente infatti svolgere le proprie mansioni con diligenza e precisione ma è necessario essere capaci di prendere decisioni, anche e soprattutto rispetto a situazioni impreviste per le quali è d’obbligo un provvedimento immediato. Essere dotati di empatia, capacità di comunicazione, permette di approcciarsi meglio nelle relazioni interpersonali e nel team. Il tutto favorisce un’integrazione ottimale nel team aziendale permettendo anche la gestione dello stress.
Personas: cosa sono e perché sono importanti per il tuo business
Conoscere tutti i propri consumatori sarebbe l’ideale, ciò ovviamente non è possibile ma in nostro aiuto arrivano le ”personas” attraverso le quali possiamo dare un volto ai nostri clienti.
” Un buon marketer vede i consumatori come esseri umani completi, con tutte le sfaccettature proprie delle persone reali.”
(Jonah Sachs)
No, non c’è un errore nel titolo, non mi sono sbagliata, volevo scrivere esattamente quello che ho scritto, ”personas”, e non persona o persone…
Bene, allora se non ci sono errori e questo termine è scritto in modo corretto… cosa sono le personas?
Si tratta di ”personaggi” fittizi che vengono creati sulla base di dati, demografici e comportamentali, che ”impersonano” i tuoi clienti tipo. Per quanto siano immaginari rispecchiano molto la realtà in quanto vengono creati partendo da dati reali.
Lavorare con le personas è l’evoluzione naturale della nota targettizzazione del mercato, rispetto al passato, però, oggi disponiamo di una miriade di informazioni in più.
L’avvento dei social e della tecnologia ha fatto si che con la condivisione ogni giorno si crei un flusso di informazioni inimmaginabile che, opportunamente filtrato, serve su un piatto d’argento il profilo del consumatore tipo.
Basti pensare che anche chi non ha conoscenza alcuna di marketing e di segmentazione del mercato, dal profilo facebook di una qualsiasi persona, a meno che quest’ultima non abbia ”blindato” la propria pagina sotto l’aspetto della privacy, può sapere quali sono i suoi piatti preferiti, le mete di viaggio che ama, che musica ascolta e che genere di film va a guardare al cinema.
Se una persona qualunque riesce ad ottenere tutte queste informazioni, è facile intuire con quale precisione è possibile profilare un ipotetico consumatore tipo avvalendosi di appositi strumenti e tecniche.
Perché è importante definire le personas?
Grazie al metodo delle personas, ti sarà più facile comprendere i tuoi clienti, attuali o potenziali. A livello di progettazione dei prodotti o dei servizi che offri già o intendi offrire, riuscirai a predisporre un’offerta mirata a soddisfare le esigenze dei clienti e in alcuni casi, ad anticipare quelle che diverranno tendenze di successo in futuro.
Sotto l’aspetto della comunicazione, potrai creare contenuti personalizzati sulla base dei gusti, delle preferenze di acquisto e del carattere delle diverse tipologie di utenti. Creare le personas, a livello operativo, ti permetterà di:
- Definire al meglio il tuo piano marketing allocando le risorse in campagne mirate che ti garantiranno un maggior tasso di conversione;
- Riallocare e gestire in ottica funzionale le risorse umane componenti il tuo team;
- Individuare il linguaggio che le tue personas usano e utilizzarlo a tua volta per parlar loro in una lingua comune;
- Segmentare in modo accurato il tuo database dei contatti e avvalertene per l’email marketing;
- Progettare una linea editoriale mirata da seguire sul blog/sito aziendale.
Come creare delle personas?
Affinché l’impiego del metodo delle personas possa esserti davvero utile, il profilo dei clienti va sviluppato in modo accurato, sulla base di informazioni reali, attendibili e approfondite.
I dati che utilizzerai dovranno essere dati reali e aggiornati. L’impiego che ne farai dovrà rispettare i criteri dell’inferenza statistica ma non solo, dovrai essere capace di cogliere quelle sfumature che sfuggono alle regole dei grandi numeri.
Sì, ma come?
Nel prossimo articolo parleremo proprio delle tecniche e degli strumenti utilizzati per definire le personas…
Stay tuned!
Team building – La creazione di un team di successo
Investi nel team bulding! Costruire un valido gruppo di lavoro è fondamentale per creare valore di lungo periodo per la tua impresa.
Del team building, in tempi recenti, si sente parlare sempre più spesso. Le aziende hanno cambiato la loro concezione delle persone, passando da un approccio basato sulle competenze del singolo collaboratore a una visione di insieme del gruppo di lavoro. Il team bulding si occupa proprio di questo, è infatti un insieme di attività formative nell’ambito del people management che mirano alla creazione di un gruppo che raggiunge il massimo valore nel suo insieme, in modo coordinato e integrato.
All’interno dell’impresa, nella quotidianità lavorativa o nella gestione di un progetto specifico è ormai assodato che la somma delle competenze delle persone esplicate in modo unitario supera nettamente il beneficio derivante dalle qualità professionali del singolo collaboratore.
Se in passato ci si focalizzava solo ed esclusivamente sulle skills dell’individuo, e si analizzava il curriculum seguendo schemi rigidi di valutazione, oggi, invece, anche se il CV resta il punto di partenza si va oltre alle sole competenze professionali esplicitate nel curriculum, si valuta anche l’intelligenza emotiva. Si cerca di carpire le attitudini dell’ ipotetico collaboratore, per cercare di comprendere se sarà in grado di portare valore aggiunto al team. Del resto, come per un ingranaggio così per un’organizzazione aziendale, è necessario che il singolo componente sia forgiato a regola d’arte ma deve essere in grado di girare e incastrarsi con gli altri alla perfezione affinché il meccanismo funzioni.
E’ palese che affinché si possa raggiungere l’obiettivo di costruire un team coeso e capace di creare valore, all’interno dell’impresa è necessario investire tempo e risorse. Fare team building non è così semplice come si possa pensare, formare un team capace di lavorare bene insieme, nonostante diversità di competenze e carattere di ogni collaboratore richiede temperamento, intuizione e qualità di coordinamento. Tutto il lavoro che richiede il team building viene ripagato però dalla creazione di valore di lungo periodo per l’impresa, e il team creato riuscirà a far fronte alle problematiche aziendali anche in momenti di forte stress o di crisi.
Al contrario, se non si investe nella costruzione del team, in momenti in cui l’azienda versa in cattive acque è destinata a soccombere. Un team che manca di coesione non riuscirà a far fronte agli intoppi che l’azienda potrà trovare nel suo percorso di crescita.
Chi si occupa della creazione del gruppo di lavoro, dovrà riuscire a far emergere il massimo delle potenzialità di ognuno dei membri. L’attività di team building non deve però essere svolta una tantum, ossia non deve morire appena terminata la scelta dei collaboratori inseriti nel team ma deve essere un’attività costante e continuativa nel tempo. Solo così si potranno ottenere ritorni positivi e le azioni intraprese saranno performanti.
Per favorire la coesione del team, il manager, leader o responsabile delle risorse umane è bene che oltre a favorire la collaborazione durante le ore canoniche di lavoro, si attivi anche con altri interventi di tipo ludico-ricreativo. Giornate di formazione seguite da cene aziendali, attività sportive o musicali sono l’ideale. I collaboratori avranno la possibilità di fare ”squadra” al di fuori e all’interno del contesto lavorativo.
Seppur debba esserci una certa omogeneità affinché il gruppo possa lavorare bene, fare una buona attività di team building significa riuscire a valorizzare le competenze del singolo, nella loro diversità, all’interno del team. Lavorare sulla creazione del team è un investimento che ripaga nel lungo termine ma ne vale assolutamente la pena. Le aziende moderne non possono non investire nel team building se vogliono creare valore e vantaggio competitivo.
L’importanza di una comunicazione efficace in azienda
La rilevanza di una comunicazione efficace all’ interno dell’azienda e il suo impatto sull’organizzazione aziendale
E’ facile intuire che la condivisione di informazioni, in un contesto quale quello aziendale, è alla base di un corretto e funzionale svolgimento del lavoro quotidiano. Le informazioni, necessarie alla vita dell’impresa, vengono veicolate attraverso la comunicazione, che a livello semantico vuol dire infatti ”far conoscere”. Cosa accade però se la comunicazione non avviene nel modo appropriato? Una comunicazione sbagliata oltre a non permettere il normale flusso di informazioni e generare errori rischia di compromettere i rapporti tra colleghi, e tra dipendenti e manager.
A livello aziendale la comunicazione ha come obiettivo la promozione di una buona organizzazione, essenziale per ottenere una coesione ottimale tra i membri del team. Esistono due tipologie di comunicazione interna, e bisogna comprendere quale formula funzioni meglio per la singola impresa. Nella comunicazione aziendale, distinguiamo l’approccio Top-Down e l’approccio Bottom-Up.
Nella prima tipologia, l’approccio Top-Down, il flusso informativo parte dall’alto, dai vertici aziendali e si dirama verso il basso raggiungendo i dipendenti. Questa tipologia di comunicazione viene attuata tramite una rete Intranet o riunioni con i dipendenti. Nelle piccole e medie imprese, che caratterizzano il tessuto imprenditoriale italiano, la comunicazione interna avviene soprattutto faccia a faccia, in questi casi giocano un ruolo cruciale l’espressività verbale e non verbale e l’empatica verso i nostri interlocutori. Tramite la comunicazione faccia a faccia si consolidano i rapporti di stima reciproca e salda il senso di appartenenza e fedeltà aziendale, pertanto è intuibile l’impatto che espressioni sbagliate possano determinare sul clima lavorativo.
L’approccio Bottom-Up, invece, prevede che la comunicazione avvenga all’inverso, ossia dal basso verso l’alto. Questa tipologia di comunicazione si realizza attraverso questionari, colloqui individuali e mediante l’elaborazione di procedure che devono essere applicate da tutti i dipendenti. Per ottenere tutti i benefici possibili da questa tipologia di comunicazione aziendale, alla base deve sussistere un rapporto di fiducia con i propri dipendenti che riusciranno così ad avere contezza dell’importanza che riveste la comunicazione aziendale.
Seppur ognuno ha un ruolo ben preciso, un noto detto recita: tutti sono importanti, nessuno è indispensabile. Che ci piaccia o no è esattamente così che deve essere all’interno di un’azienda affinché tutto possa filare liscio. La condivisione di informazioni, e l’applicazione delle procedure è necessaria perché è impensabile che l’attività possa fermarsi o subire rallentamenti quando un dipendente è in malattia, in ferie e maternità. Ognuno all’interno dell’azienda deve essere in grado di reperire le informazioni che gli necessitano al fine di portare avanti le normali attività aziendali.
Come per la maggior parte delle cose, non esiste una ricetta perfetta ma alla base di un risultato ottimale a livello di comunicazione, l’ingrediente che non può mancare è l’unione, la coesione tra tutti i membri delle diverse aree aziendali.
Intelligenza Emotiva: requisito essenziale per il manager di successo
Perché l’intelligenza emotiva è più importante del QI
” La leadership implica la capacità di stimolare l’immaginazione delle persone e di ispirarle così da spingerle nella direzione desiderata. Per motivare e guidare gli altri, ci vuole qualcosa di più del semplice potere.” (Daniel Goleman)
Negli ultimi decenni, abbiamo assistito all’affermarsi di un nuovo metodo di valutazione dell’intelligenza delle persone. Se in passato il test del quoziente intellettivo era l’unico sistema standardizzato per misurarla, oggi si sta affermando una nuova forma di intelligenza che il test del QI non è in grado di valutare: l’intelligenza emotiva (QE).
QE vs QI: le differenze
QI indica il quoziente intellettivo che viene calcolato attraverso appositi test ed esprime l’intelligenza di una persona, tenendo conto della sua età anagrafica e mentale. Ad esempio se un bambino di 7 anni, risponde al test come la maggioranza dei suoi coetanei avrà un punteggio che lo colloca tra coloro con QI nella media. Se invece, risponde al test come mediamente risponderebbe un bambino di 10, il suo quoziente intellettivo sarà più alto rispetto alla media e ne deriva che il bambino è dotato di intelligenza superiore. A livello empirico sembra che chi ha un QI più alto avrà una carriera accademica brillante e sarà in grado di guadagnare di più rispetto a chi ha un QI più basso.
Con QE si indica l’intelligenza emotiva, che consiste nella capacità degli individui di captare, controllare e esprimere emozioni. Avere un alto QE non implica avere anche un alto QI e viceversa, in questi casi quale è importante privilegiare per una valutazione dell’intelligenza della persona? A livello nozionistico, per quanto riguarda conoscenze strettamente tecniche e accademiche, il QI batte il QE nella vita pratica e soprattutto in ambito professionale chi presenta una maggiore intelligenza emotiva riesce ad ottenere migliori risultati. La spiegazione è da ricercarsi nella maggiore consapevolezza che tali persone hanno di se stessi e per tanto hanno maggiore controllo sulle proprie azioni, presentano maggiore motivazione e empatia verso gli altri. ììSono più consapevoli di se stessi, più in grado di regolare le loro azioni, sono in grado di gestire meglio la responsabilità, sono motivati e hanno empatia per gli altri.
Al manager del passato non erano richieste abilità a livello emotivo, era sufficiente che elaborasse le strategie, impartisse ordini e si assicurasse che venissero eseguiti. Tra i test che il manager sosteneva per divenire tale affrontava anche quelli basati sul QI, alla ricerca di relazioni logiche e conti da far tornare. Oggi non basta più, il lavoratore è innanzitutto persona, e le persone sono fatte di emozioni. Se il manager non riesce a leggerle e comprenderle resterà al vertice di un circuito di cui vede solo la copertura esterna ma non riesce ad accedervi internamente e diventarne parte. Attualmente le aziende, in buona parte, vedono ancora al comando ”analfabeti emozionali”, che non riescono a cogliere l’importanza delle relazioni, emozioni e empatia all’interno dell’azienda, al fine di lavorare in armonia e con maggio rendimento.