Collaborazione e cooperazione: la necessità per la tua azienda di far leva su entrambe

collaborazione e cooperazione, le tessere di un puzzle
Spesso  i termini collaborazione e cooperazione vengono usati impropriamente come sinonimi. In realtà, esistono delle differenze sostanziali ma entrambi i termini vanno ad identificare comportamenti del team vitali per lo sviluppo e la solidità dell’impresa.

La cooperazione implica il compimento di azioni coordinate volte al raggiungimento di un fine comune ma svolgendo autonomamente le singole attività, che come pezzi di un puzzle andranno a incastrarsi per raggiungere il risultato finale condiviso dai diversi membri. Si tratta di un insieme di processi e strategie che permettono al gruppo di lavorare insieme ma mantenendo la propria individualità professionale nettamente definita. La cooperazione è caratterizzata, generalmente,  dalla presenza di un supervisore o coordinatore che tiene le fila del processo, coordina le risorse  e ne risponde.

Caratteristiche della cooperazione

  1. Elevata interdipendenza tra i componenti e i diversi compiti
  2. Responsabilità di ogni singolo membro
  3. Co-decisione e coordinamento

 

La collaborazione si sostanzia nel lavorare insieme non sulla singola operazione o compito ma sull’intero lavoro e su ogni parte del processo volto a raggiungere l’obiettivo. Ogni membro segue tutte le fasi del processo e ne ha una visione di insieme. La collaborazione è l’elemento di partenza nell’avvio di un progetto, in quanto è presente già nel momento in cui si compiono le scelte e si scelgono gli indirizzi e le linee da seguire.

Per una collaborazione di successo

  1. L’accordo e il perseguimento di un obiettivo comune
  2. L’unione delle competenze individuali dei singoli membri a beneficio del team
  3. L’accettazione dei ruoli e l’assunzione di responsabilità di gruppo

Il Randstad Workmonitor, l’indagine realizzata nel terzo trimestre 2014 da Randstad, rileva che lo spirito collaborativo non è innato ma si sviluppa nella pratica, i datori di lavoro dovrebbero favorirlo anche attraverso adeguati strumenti che oggi la tecnologia permette, basti pensare ai casi in cui vi sono sedi aziendali distaccate, la possibilità di collaborare in tempo reale a distanza oggi è possibile e molto utile.

Le prestazioni di un team collaborativo sono migliori, pertanto incoraggiare la collaborazione anche attraverso meccanismi incentivanti che premiano il team nella sua interezza non può che migliorarne le performance a beneficio dell’intera azienda.

E’ bene cercare di lasciare sepolte nel passato le tecniche che incentivavano i dipendenti a una competizione individuale esagerata e cercare di incanalare i loro sforzi in attività che favoriscono la coesione del gruppo e del gioco di squadra.

Cooperare non è meno importante, all’interno di uno stesso progetto possono esservi fasi che vanno gestite in autonomia. Come in una catena di montaggio ogni azione è legata alla successiva, far parte di un team che crede nella collaborazione e cooperazione permette di superare le difficoltà incontrate dal singolo membro e di trovare insieme soluzioni appropriate. In questo modo è possibile ottimizzare i tempi ed essere più performanti.

 

 

Due Diligence nelle startup: gli elementi chiave su cui si concentrano gli investitori

due diligence startup

La prima fase di vita di una startup è caratterizzata da ingenti investimenti e bassi utili che vengono solitamente reinvestiti nella società. In questa fase è vitale riuscire ad ottenere finanziamenti a tassi agevolati e attrarre investitori, che prima di compiere le loro scelte di investimento daranno avvio alla fase di due diligence.

E’ difficile però per un’azienda neonata, che opera in settori altamente tecnologici e volatili riuscire ad ottenere finanziamenti attraverso i canali bancari, inoltre, i capitali ottenuti sono in genere concessi a tassi molto elevati. Riuscire ad attrarre investitori privati e istituzionali è vitale per le startup.

Se una startup è riuscita a catturare l’interesse degli investitori è già a buon punto, significa che l’idea imprenditoriale appare ai loro occhi, vincente. A questo punto parte la fase di due diligence nella quale l’investitore andrà ad approfondire nel dettaglio i dati aziendali, gli elementi essenziali e il contesto in cui opera l’impresa.

Spesso però per una startup non sussistono grandi dati su cui effettuare le analisi, pertanto la due diligence si esplica osservand0 le potenzialità e altri aspetti quali il team, il mercato di riferimento, l’innovazione che è capace di apportare e di conseguenza la sua scalabilità.

Quali sono gli elementi su cui l’investitore si focalizza durante la due diligence?

  • Le persone

    Elemento portante di una startup  è sicuramente il suo team, e soprattutto gli imprenditori che hanno dato vita all’impresa. Nelle startup innovative la qualità del capitale umano è molto elevata in quanto per essere classificate come tali le startup devono avere un team altamente professionale composto da laureati magistrali e dottori di ricerca.

    Agli occhi degli investitori è importante trovare un elemento di differenziazione che possa farli propendere per un’impresa anziché per un’altra, questo elemento in genere si identifica nella vision e nella motivazione dei fondatori.

  • L’oggetto dell’attività d’impresa e il mercato

    Il prodotto servizio su cui la startup decide di incentrare la sua attività, essendo l’elemento grazie al quale l’impresa  genererà utili è uno dei punti chiave su cui concentrare le analisi.

    Il prodotto riesce a piazzarsi bene sul mercato? Come si colloca rispetto ai competitors? E’ un prodotto/servizio che non esiste ancora sulla piazza e nell’eventualità il mercato è pronto per accoglierlo? Sono tutte domande che guidano gli investitori nella loro analisi rischio/beneficio.

    Bisogna capire se ci sono potenzialità di crescita ossia se la startup sia scalabile. Il modello di business  scelto dall’impresa consente di valutare lo sviluppo raggiunto dalla startup utilizzando  come indicatore il suo tasso di crescita mensile valutando ad esempio numero differenziale di clienti acquisiti.

  • Strategie di exit

    Le startup reinvestendo la maggior parte degli utili nell’impresa lasciano poco guadagno agli investitori, che mantenendo l’investimento nel lungo periodo puntano ad ottenere il loro ritorno economico grazie al tasso di crescita dell’azienda.

    Considerata però la volatilità dei mercati  del contesto economico in cui si collocano le startup, non si può essere certi che effettivamente questa crescita ci sarà e qualora l’investitore voglia dismettere in tempo il proprio investimento deve poterlo fare.

    L’exit rappresenta l’unica alternativa per monetizzare il proprio investimento nell’immediato, vincoli troppo stringenti che impongono all’investitore di mantenere il proprio investimento lo spingono verso altri progetti aziendali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lavoro Agile: la regolamentazione dello smart working

lavoro agile
Grazie ai benefici ottenibili attraverso il lavoro agile, di cui abbiamo parlato in un precedente articolo, sempre più aziende decidono di aprire le loro porte agli smart workers. Dal 2017 il lavoro agile gode di una propria regolamentazione.

Anche il legislatore ha dovuto prendere atto del fenomeno di ampia portata rappresentato dal lavoro agile. La sempre maggiore flessibilità richiesta ai lavoratori ha fatto nascere nuove modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, per le quali fino a maggio di quest’anno vi era un vuoto legislativo.

La legge 22/05/2017 n.81, dopo numerose navette tra Camera e Senato, è stata pubblicata sulla GU n.135 del 13 Giugno 2017. La legge, intitolata ”Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”, nel capo II articola il lavoro agile.

Con questa legge si va a colmare un vuoto legislativo che si cercava di riempire attingendo dalla normativa sul telelavoro nelle aziende pubbliche che, però, è ben differente dallo smart working, sia per caratteristiche intrinseche che per la tipologia di aziende per le quali è svolto, perlopiù private.

Innanzitutto viene definito lo smart working, come la forma lavorativa nella quale la prestazione agile può avvenire in parte presso i locali dell’azienda e in parte all’esterno, senza avvalersi dunque di una postazione fissa.

Lo smart worker, rispetto a chi effettua la prestazione mediante telelavoro può espletare la propria mansione dove meglio crede, dalla panchina del parco al divano di casa propria, rispettando ovviamente gli orari concordati con l’azienda e avvalendosi di idonei mezzi tecnologici di supporto.

L’articolo 18 della legge 81/2017 va a definire il concetto di lavoro agile come “modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato allo scopo di incrementarne la produttività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.”

I punti salienti della legge riguardano l’equiparazione dello smart worker al dipendente che svolge il proprio lavoro all’interno dell’azienda, sia sotto il profilo economico sia sotto il quadro normativo relativo a diritti e doveri.

Fondamentale, a pena di nullità, è la stipula di un accordo scritto che individui le modalità di svolgimento del lavoro.

Lo smart working si sostanzia in una prestazione lavorativa di tipo subordinato che presenta le seguenti peculiarità:

  • Il lavoratore agile effettua la sua prestazione sia all’interno che all’esterno dei locali aziendali;
  • L’attività lavorativa viene spesso effettuata attraverso idonei strumenti tecnologici;
  • Il lavoratore non è vincolato ad una postazione fissa nei momenti in cui espleta la propria attività fuori dai locali dell’azienda.

Per quanto riguarda l’orario di lavoro, si è pensato che una regolamentazione stringente rischiasse di interferire con le caratteristiche del lavoro agile, che lasciano al lavoratore una certa autonomia di gestione con un fine di scopo e non di ore lavorate, d’altro canto il datore di lavoro non avrebbe modo di verificare l’effettiva durata della prestazione quando questa si svolga all’esterno dell’azienda. Alla fine però si è deciso di definire la giornata lavorativa dello smart worker così come quella del dipendente che lavora in sede, comprendente ossia le canoniche otto ore giornaliere.

 

 

 

Business model canvas: lo strumento di pianificazione essenziale per la tua startup

business model canvas

Nel ventaglio di opzioni disponibili da valutare nelle scelta del proprio modello gestionale, il business model canvas rappresenta uno tra gli strumenti più utilizzati ed efficaci scelti dalle aziende innovative.

In un precedente articolo, abbiamo imparato a conoscere il business model canvas, quale strumento strategico molto utile per organizzare l’attività aziendale, in modo visuale, veloce e intuitivo. Esso infatti permette di rappresentare graficamente, mediante blocchi funzionali, gli obiettivi primari dell’azienda, individuare i problemi di rilievo, predisporre le strategie di marketing e avere tutto sotto controllo in un colpo d’occhio.

L’utilizzo di uno strumento visuale nell’organizzazione aziendale favorisce l’innovazione. Pianificare la strategia attraverso il business model canvas consente di trasformare gli elementi e le funzioni vitali dell’impresa in punti focali, permettendo così di individuare nell’immediato l’eventuale necessità di un cambio di rotta e di capire cosa ha dato origine ai problemi riscontrati.

Uno strumento grafico permette di individuare la forza attuale dell’impresa e stimare dove potrà arrivare in un futuro, nonché il percorso necessario per raggiungere il proprio obiettivo.

Il business model canvas rende possibile l’innovazione in quanto permette di passare dalla fase ”in teoria” alla fase di realizzazione e pianificazione, individuando i punti di forza e di debolezza dell’impresa e le relazioni tra le diverse componenti aziendali.

Quali sono i maggiori vantaggi derivanti dall’utilizzo del business model canvas?

  • Velocità e focalizzazione della value proposition. Lo strumento consente  il modello di business in modo grafico e intuitivo, accorciando notevolmente i tempi di redazione e di esposizione. Il suo schema a blocchi consente la focalizzazione dell’attenzione sugli elementi essenziali e soprattutto sulla value proposition, tenendola sempre fissa al centro dell’attenzione. In questo modo non c’è possibilità di allontanarsi dagli obiettivi aziendali ed possibile individuare nell’immediato eventuali deficit funzionali, di risorse o di canali di sbocco.

  • Efficacia e leggerezza. Per una startup dimostrare il proprio potenziale innovativo ed evidenziare in modo efficace i punti su cui far leva è fondamentale per ottenere i finanziamenti necessari al suo sviluppo. Avvalendosi di un business model canvas, la presentazione aziendale diviene più leggera e dinamica e l’attenzione degli investitori viene catalizzata sui punti di forza dell’impresa, senza annoiarli in lunghe esposizioni che rischiano solo di disperdere l’informazione e l’interesse dei finanziatori.
  • Scenari alternativi. Nella definizione del proprio modello di business il brainstorming porta ad un flusso  intensivo di proposte ed idee, attraverso lo strumento grafico rappresentato dal business model canvas è possibile  fissare velocemente ed efficacemente gli interventi dei partecipanti e definendoli nel dettaglio per ogni singolo blocco funzionale. Si avrà pertanto una visione di insieme dei componenti strategici e delle ipotesi attuative permettendo di individuare le soluzioni migliori e di apportare immediatamente le modifiche necessarie avendo a disposizione diversi scenari completi.

Modelli di business: come il digitale ha cambiato il modo di fare impresa

modelli di business

E’ stato creato un buon prodotto e la nostra azienda è valida e solida ma se non siamo capaci di adattarci al cambiamento, crescendo e rinnovandoci con esso, siamo destinati a soccombere.

L’avvento dell’era digitale ha visto nascere numerosi modi di fare impresa, abbiamo assistito al proliferare di modelli di business web-based, e-related e click-and brick per citarne alcuni, che indipendentemente dalla loro validità hanno portato ad uno stravolgimento nell’organizzazione aziendale e nel modo di affrontare il mercato competitivo.

Per quanto internet sembri rappresentare la chiave di volta dell’economia e un’innovazione stravolgente quanto necessaria, il vecchio modo di fare impresa non è del tutto da cestinare.

Del resto, anche in ambito web, seppur con delle diversità, restano sempre fondamentali gli elementi su cui un’impresa si fonda che rappresentano i capisaldi dell’attività aziendale, parliamo ovviamente del prodotto/servizio offerto, dell’attenzione al cliente, della strategia, dello studio e del confronto con i competitors.

Definire i modelli di business adottati dopo l’avvento di internet diventa più complesso rispetto al passato, dovendo valutare molti più fattori diversi tra loro ed essendo sorte tipologie di imprese che difficilmente si possono inquadrare nei tre settori produttivi storici, primario, secondario e terziario, più il neonato settore quaternario.

Modelli di business e settori ibridi

Oggi la maggior parte delle imprese opera in un settore ibrido, dove la componente più consistente è data dai servizi offerti, che possono essere l’oggetto primario dell’impresa o comunque un elemento, seppur secondario, di grande rilevanza.

Dal 1998, anno in cui si è data alla rete maggiore credibilità, molte aziende hanno stravolto il proprio business convinte che di lì a poco il tradizionale modo di fare affari sarebbe scomparso. In alcuni casi la troppa voglia di innovare e cambiare ha portato al fallimento, in altri casi è stato avviato un processo di cambiamento più ragionato e graduale portando alla sopravvivenza e alla affermazione dell’impresa.

Le cause concorrenti che hanno portato al fallimento sono da ricercarsi nell’approccio alla rete. Agli inizi i siti internet venivano utilizzati solo come vetrina virtuale, come fonte di informazione ”automatica” per il cliente alleggerendo le procedure informative all’interno dell’azienda fisica.

Purtroppo spesso i webmaster, esperti in programmazione ma carenti in competenza in merito ai processi aziendali, non erano in grado di soddisfare le esigenze strategiche e di marketing dell’impresa, e da parte dell’impresa mancava la capacità di guidarli sotto questi aspetti in quanto si trattava di un mondo ancora inesplorato.

Chi si lanciò nell’e-commerce invece non aveva idea di quanto complicato fosse gestire la logistica e della necessità di integrare nei sistemi gestionali i processi aziendali interni con quelli legati al negozio online.

In poco tempo però si riuscì ad arginare le problematiche emerse e si migliorò velocemente per colmare le carenze. I  modelli di business che nacquero allora sono validi ancor oggi,  essendo molto più agili e flessibili, con processi che prevedono la possibilità di apportare migliorie senza però andare incontro agli alti costi legati al cambiamento che una struttura rigida presenta.

L’area di People Management in un contesto dove la rete domina il mercato deve accogliere nuove figure specializzate sul marketing non tradizionale e puntare molto sulla customer satisfaction.

 

Antifragile: la capacità di reagire agli eventi negativi e uscirne rafforzati

antifragile superare gli ostacoli

antifragile superare gli ostacoli

Prevedere le crisi finanziarie e dei mercati, paradossalmente, non è il miglior modo per affrontarle e superarle. E’ necessario costruire dei sistemi che possano resistere agli impatti negativi permettendo alle imprese di uscirne rafforzate. Evitare di commettere errori? Sarebbe idilliaco ma gli errori si commettono ed è fondamentale imparare la lezione e crescere.

”In principio era il caos”…
Dall’origine del mondo abbiamo imparato che il disordine è fonte di vita, scoperte e innovazioni. Un mondo, in senso economico e non, troppo regolamentato e eccessivamente controllato è stagnante, immobile e in quanto inelastico più a rischio nel momento in cui si incorra in situazioni di crisi.

Cosa significa ”antifragile”?

Il termine ”antifragile”, coniato dal matematico, filosofo e saggista Nassim Nicholas Taleb, è stato creato per definire l’esatto opposto di ”fragile”. Esistono altri termini che si potrebbero utilizzare per definire lo stesso concetto, così sembrerebbe…

In realtà antifragile sta ad indicare un qualcosa in più rispetto a ciò che definiscono altri termini quali ad esempio robusto, resistente, infrangibile. Questi ultimi termini stanno ad indicare la proprietà di resistere a eventi dannosi, la facoltà di reggere ai colpi e alle crisi. Essere antifragile permette non solo di ”sopravvivere” agli shock e attacchi esterni ma addirittura uscirne migliorati.

L’antifragilità pertanto va a definire tutte quegli oggetti, situazioni, sistemi e imprese che riescono a beneficiare di elementi che generalmente vengono visti come eventi e fattori negativi.

Una struttura organizzativa all’interno di un’impresa che riesce a trarre beneficio dall’aleatorietà, dagli eventi improvvisi e dal caos riesce a fare dell’incertezza un punto di forza in un sistema economico dove la maggior parte degli operatori è avverso al rischio e cerca di lottare contro la volatilità del mercato anziché sfruttarla.

Strutture complesse e fortemente regolamentate, che siano i sistemi economici e/o politici e al loro interno le imprese, diminuiscono la loro forza e resilienza all’aumentare delle regole imposte dall’alto. Ogni intervento esterno volto a infoltire la regolamentazione per gestire l’imprevisto, porta all’introduzione di nuove regole che sperano di  sistemare le conseguenze inaspettate generate dall’evento inatteso, determinando un effetto domino di situazioni non programmate a cui far fronte.

In alcuni casi si dovrebbe permettere ai sistemi di riequilibrarsi secondo un ordine naturale delle cose.

Il pensiero di Taleb, applicato in contesti che spaziano dalla gestione d’impresa all’economia passando per la società, definisce il  comportamento ”fragile” produttivo di interventi  artificiali che apportano vantaggi irrisori e numerosi effetti collaterali, impercettibili ma potenzialmente distruttivi.

Per rendere il concetto più fluido, facciamo un esempio rapportato alla vita quotidiana. Curare un raffreddore con un’aspirina può apportare un beneficio immediato e visibile, l’aspirina però è potenzialmente foriera di numerosi effetti collaterali che qualora si presentassero annullerebbero del tutto il beneficio ottenuto dalla sua assunzione causando altri problemi che necessiterebbero un ulteriore intervento medico. Permettere al corpo di recuperare in modo naturale secondo i suoi tempi avrebbe evitato di incorrere in tali inconvenienti. Così come nell’esempio, la volontà di ”riparare” con interventi esterni e macchinosi il sistema impresa, finisce col causarne la rottura.

Gli interventi dall’alto, risultano avere un impatto negativo sul sistema economico che per essere antifragile deve paradossalmente essere composto da unità potenzialmente fragili. Se l’impresa non è in grado di rigenerarsi deve poter fallire, dando un segnale di ciò che non funziona.

I salvataggi statali innescano un circolo vizioso tenendo in vita quelle imprese, troppo grandi per poter fallire per i danni che causerebbero sull’occupazione, ma che in realtà assorbono fondi pubblici non essendo stati in grado di autogestirsi e che ricadono sulla collettività.

 

 

L’importanza di un team cross-funzionale nelle strategie di prodotto e marketing

team cross funzionale

Quando le aree di un’azienda non comunicano tra di loro si rischia di incorrere in danni notevoli per l’impresa, che si riflettono anche sul cliente. L’effetto silos è assolutamente da evitare. La soluzione ottimale e creare un team cross-funzionale.

Una struttura organizzativa che relega i membri del proprio team in aree separate e indipendenti rischia di compromettere la comunicazione e la collaborazione tra le risorse dell’impresa.

Un’azienda è un sistema, e come tale, vive di diversi elementi che si combinano e si storage silosincastrano al fine di raggiungere gli obiettivi aziendali. Affinché il sistema possa  funzionare bene, è necessario cooperare e favorire un’idonea comunicazione per il corretto passaggio delle informazioni.

Stoccare le competenze dei propri collaboratori in silos a sé stanti non permette l’evoluzione del proprio team e la nascita di sinergie che possono rendere l’impresa competitiva in mercati, oggi, sempre più complessi e all’avanguardia.

Per quanto una strategia di prodotto o di marketing possa essere ben strutturata, affinché la sua realizzazione possa risultare vincente, è necessario creare un gruppo di lavoro multifunzionale.

Che cos’è un team cross-funzionale?

Un team cross-funzionale è composto da persone che svolgono diverse funzioni all’interno dell’impresa, provengono infatti dalle diverse aree aziendali. Comporre un team multifunzione permette di unire competenze trasversali, riuscendo così a individuare in modo più efficiente la soluzione ad un problema oppure formulare proposte innovative in merito a sviluppi futuri dell’azienda.

Ogni componente del gruppo di lavoro, nella sua area abituale, avrà competenze specifiche che metterà a frutto nel team al fine di realizzare un progetto o sviluppare un prodotto. In questo modo si avranno a disposizione specialisti per ogni determinata funzione che collaborando insieme apporteranno valore aggiunto al gruppo.

Un’impresa può optare per diversi approcci alla metodologia del team cross-funzionale. Un primo approccio consiste nel ‘prendere in prestito’ dai diversi reparti i membri selezionati invitandoli a lavorare nel team multifunzione, una volta che i collaboratori hanno apportato il loro contributo ritorneranno a rivestire il loro ruolo nella propria area funzionale.

Un approccio alternativo consiste invece nel frazionare la giornata lavorativa in momenti prestabiliti e fissi. Ad esempio, la mattina il collaboratore si occuperà delle sue mansioni tradizionali e nel pomeriggio, al rientro dalla pausa pranzo, si dedicherà al progetto e al lavoro in team con i colleghi delle altre aree.

connectSia nel primo che nel secondo caso, in pratica, è come se si venisse a creare un’ulteriore area funzionale, che riesce a fungere da cuscinetto e anello di congiunzione tra i diversi reparti, favorendo il flusso informativo e creando un legame diretto tra le aree che converge infine nel gruppo di lavoro.

Rompere la struttura ”a silos” e creare un team cross-funzionale permette una maggiore adattabilità ai cambiamenti del mercato e la conseguente risposta repentina di fronte a eventuali criticità sorte. All’interno di un team multifunzione si sviluppa coesione, basata sul rispetto reciproco, la collaborazione e il riconoscimento del contributo in specializzazione apportato da ognuno.

 

 

 

  

5 azioni per migliorare l’ambiente di lavoro e motivare il tuo team

ambiente di lavoro felice
ambiente di lavoro felice
Ambiente di lavoro felice: un impiegato con sulla fronte un post-it con la scritta ‘be happy’
Una persona felice è un collaboratore felice. Migliorare l’ambiente di lavoro e rendere più facile la vita dei membri del proprio team incrementa la loro motivazione con notevoli benefici per l’attività aziendale.

In un precedente articolo abbiamo visto come nuove modalità di svolgimento della prestazione lavorativa possano migliorare le performance del lavoratore e dell’impresa, rappresentando un equo compromesso tra la vita privata e la produttività sul lavoro. Purtroppo, però, lo smart working non è applicabile ad ogni mansione e tipologia di lavoro, pertanto, per queste categorie, è necessario individuare un’altra soluzione.

La motivazione e la felicità sul luogo di lavoro sono elementi essenziali affinché il lavoratore possa svolgere con serenità la propria mansione lavorativa infondendo il massimo impegno. Tra i fattori che minano la motivazione vi è l’impatto che lo svolgimento del lavoro ha sulla qualità della vita del dipendente.

Come è possibile per il datore di lavoro rendere l’ambiente lavorativo idoneo a favorire la motivazione nel proprio team?

 

1. Organizzare gli orari di lavoro in maniera flessibile. 

La flessibilità è una dote che spessoorario di lavoro flessibile le aziende richiedono al lavoratore ma sembra purtroppo essere una richiesta che manca di reciprocità.  Pertanto il lavoratore viene chiamato a prolungare la sua prestazione lavorativa o in alcuni casi ad abbreviarla solo in funzione dell’attività aziendale, in relazione a picchi e cali di lavoro.

Non dimentichiamoci però che il rischio di impresa è a carico dell’imprenditore e per i periodi di maggior lavoro deve prevedere l’inserimento di nuovi collaboratori e nei periodi di calo organizzare le attività senza influire sulla vita del lavoratore. Inoltre, sarebbe equo mostrare una certa tolleranza sugli orari anche quando è il lavoratore a manifestare un’esigenza non prevedibile  e in ogni caso temporanea.

2. Fornire ai lavoratori strumenti idonei e professionali per eseguire il proprio lavoro.

Gli strumenti utilizzati nello svolgimento del proprio lavoro non sempre sono all’avanguardia, senza esagerare certamente non si pretende di avere l’ultima versione di un software  o l’ultimo modello di un pc, del resto però l’età della pietra è superata! Esistono sistemi gestionali pensati per gestire al meglio le attività aziendali e pure ci si ostina in alcuni casi, per poca voglia di investire o timore delle economie di apprendimento a usare dei software che hanno fatto storia ma che ora sono alquanto superati.

Il lavoratore si trova così a svolgere il proprio lavoro con il computer che si blocca e ad impazzire nella ricerca di informazioni per via del sistema di archiviazione obsoleto.

Go to Better Management

3. Incentivare il lavoratore con premi e percorsi di carriera definiti.

Per quanto possa piacerci la nostra mansione e sentirci già soddisfatti, il desiderio di evolvere è insito nella natura dell’uomo che desidera avere sempre  di più, non solo per quanto riguarda il corrispettivo economico ma anche sotto l’aspetto professionale, per la propria realizzazione.

Creare dei percorsi di carriera chiari che lo rendono possibile è un incentivo notevole così come veder riconosciuto il proprio impegno attraverso dei premi.

4. Sostenere il lavoratore e la sua famiglia.

Rendere più facile la vita del lavoratore fuori dal contesto strettamente lavorativo non è solo favorevole all’azienda per quanto riguarda il prestigio aziendale, ma anche sotto l’aspetto delle performance del lavoratore.

Se si è più tranquilli su dei temi quali la salute ad esempio o la scuola dei figli si riesce a lavorare meglio. Seppur il welfare dovrebbe essere materia statale, quando tutto manca, anche le aziende possono fare la la loro parte mediante la creazione di asili aziendali, ad esempio, oppure mettendo a disposizione del lavoratore un’assicurazione integrativa.

5. Offrire un ambiente di lavoro piacevole e sano per i momenti di pausa. 

Durante lo mensa aziendalesvolgimento dell’attività lavorativa vi sono delle interruzioni programmate, come la pausa pranzo, ad  esempio, e quando necessario,  il dipendente può concedersi una pausa caffè.

Rendere gli spazi dedicati a questi momenti, arieggiati e luminosi, permette al lavoratore di staccare davvero per quei pochi minuti e ricaricarsi. Dove presente una mensa aziendale, proporre un menù sano ed equilibrato, rende il lavoratore più attivo e in salute.

Fonte: ”Qualità della Vita in Azienda, Motivazione e Welfare: gli elementi chiave del futuro di una PMI Italiana” (Sodexo) 

Life skills: le abilità necessarie per interagire nel team

Life Skills

Che si chiamino ”abilità di vita” o competenze del ventunesimo secolo, ha poca rilevanza, ciò che è importante è possedere le life skills per potersi integrare in un team e lavorare bene.

Difficilmente un recruiter nello screening dei CV si troverà scritto tra le abilità del candidato ”possesso di life skills”, eppure rientrano tra quelle abilità oggi molto richieste dalle aziende. Non è facile desumerle da un CV e, a volte, si rischia di tralasciare un candidato valido anche per questo motivo.

Il colloquio, infatti, è un primo modo per testare le life skills, anche se il modo migliore è ovviamente osservare la messa in pratica di queste abilità sul luogo di lavoro, seppur attraverso un periodo di prova, sufficientemente lungo però da permetterne l’utilizzo.

A cosa ci riferiamo quando parliamo di life skills?

L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) definisce le life skills come ”tutte quelle skills (abilità, competenze) che è necessario apprendere per mettersi in relazione con gli altri e per affrontare i problemi, le pressioni e gli stress della vita quotidiana.”

L’assenza di tali capacità porterebbe nel tempo ad assumere comportamenti negativi in risposta allo stress, dall’incorrere in delle dipendenze fino a casi più gravi come i tentativi di suicidio.

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Le life skills, dunque, consistono in abilità trasversali ed accessorie rispetto alle canoniche competenze tecniche richieste da un’impresa per una posizione lavorativa. Il perché oggi assumano un ruolo cruciale durante la selezione per una posizione lavorativa è facilmente intuibile, lo vedremo nel prossimo esempio.

Supponiamo che per una posizione lavorativa, utopicamente… si presentino solo due candidati.

Il soft Skills Scelta Candidatoprimo presenta un CV ineccepibile, una laurea con il massimo dei voti, master e corsi di perfezionamento post laurea.

Il secondo, invece, pur avendo un buon CV, oggettivamente a livello di formazione non è pari al primo candidato, si è laureato con buon punteggio ma non il massimo…non ha frequentato un master, però il suo profilo ha qualcosa in più.

Il secondo candidato però ha vissuto all’estero per un periodo, ha lavorato durante gli studi e coltiva degli hobbies che lo vedono spesso in mezzo alla gente.

Probabilmente il secondo candidato possiede maggiori capacità di interazione e di lavorare in team rispetto al primo, ”probabilmente”, perché come si specificava su, da un CV si può procedere solo con deduzioni ed è necessario un colloquio e un periodo di prova per poter davvero verificare. Voi chi assumereste?

teamLifeSkillsIl possesso di life skills è fondamentale nella vita come nel lavoro, permette oltre alle competenze tecniche di riuscire a svolgere il proprio lavoro in modo più efficiente e collaborativo. Non è sufficiente infatti svolgere le proprie mansioni con diligenza e precisione ma è necessario essere capaci di prendere decisioni, anche e soprattutto rispetto a situazioni impreviste per le quali è d’obbligo un provvedimento immediato. Essere dotati di empatia, capacità di comunicazione, permette di approcciarsi meglio nelle relazioni interpersonali e nel team. Il tutto favorisce un’integrazione ottimale nel team aziendale  permettendo anche la  gestione dello stress.

 

Struttura organizzativa: adeguarla al proprio business è fondamentale

schema di struttura organizzativa

organizzazione aziendale

La struttura organizzativa regge le fondamenta dell’impresa, è vitale che sia coerente con il proprio business.

Nell’ambito dell’organizzazione aziendale la struttura organizzativa viene considerata come qualcosa di assolutamente non passibile di modifiche e revisioni, di conseguenza, si tende a non metterla in discussione. In realtà, la struttura organizzativa nasce con l’impresa ed è pensata per durare nel tempo, ma… questo non implica che, qualora l’innovazione e l’evoluzione dell’impresa richieda degli interventi, questi non possano essere realizzati.

Ovviamente, se l’impresa ai suoi albori avesse optato per una struttura organizzativa flessibile i costi di conversione sarebbero stati meno incidenti sul bilancio aziendale.

Modificare una struttura organizzativa non è semplice, ci sono però modifiche e modifiche…

Pensiamo ad esempio ad una squadra di calcio, ad ogni partita lo schema di gioco può essere cambiato, adattandosi agli avversari da affrontare oppure in base al livello di forma dei calciatori, questi sono interventi possibili, ciò che non si può fare è smantellare la squadra e sostituirla con una nuova, i membri vanno ”allenati” e portati ad un livello tale da affrontare e, possibilmente, vincere il campionato.

Per un’impresa vale lo stesso discorso, in relazione ai competitors con cui deve confrontarsi o alle esigenze del proprio team, la struttura organizzativa deve ”flettersi” alle regole del mercato con la massima elasticità.


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Si possono adottare diverse forme di struttura organizzativa, più o meno idonee per un’impresa, a seconda delle caratteristiche che la contraddistinguono.

Generalmente, quando si parla di struttura organizzativa si considerano tre tipologie principali:

  1. Struttura funzionale
  2. Struttura divisionale
  3. Struttura a matrice.

La prima è quella più comune, prevede la suddivisione dell’azienda in aree struttura organizzativafunzionali, nelle quali si svolgono attività omogenee, come ad esempio l’area amministrativa o l’area tecnica.

Questa suddivisione consente un altro grado di specializzazione all’interno delle aree, però, incide negativamente sul coordinamento complessivo, le aree tendono infatti ad operare come se fossero tante piccole aziende e non un ingranaggio di un meccanismo più grande, l’impresa.

Una struttura di questo tipo può funzionare in mercati omogenei, nei quali l’efficienza è un fattore molto rilevante per raggiungere un vantaggio competitivo.

Nella struttura divisionale, la ”ripartizione” interna avviene in relazione alle linee di prodotto, ad esempio,  oppure in base ai mercati serviti.

L’azienda è frazionata in più divisioni che al loro interno assumono una struttura funzionale autonoma e lasciano alla direzione centrale solo alcune funzioni generali e condivise tra tutte le divisioni. Questo tipo di struttura incentiva le diverse divisioni a una sana competizione e ciò garantisce nel complesso struttura organizzativaperformance migliori. Come per le aziende strutturate a in modo funzionale, è minato il coordinamento e la sinergia tra le divisioni.

La struttura a matrice è un punto di  incontro tra la  struttura funzionale e quella divisionale. 

La struttura è di tipo orizzontale, vi sono product manager o project manager che seguono progetti e aree di business ”usufruendo” delle diverse funzioni aziendali. In questo modo si riesce a unire in un modello organizzativo i due vantaggi dei precedenti: specializzazione e incentivi interni per performance migliori.

Non esiste una formula magica che risolve ogni problema aziendale, non c’è una struttura organizzativa che è migliore delle altre, è sempre necessario analizzare i bisogni aziendali e trovare la soluzione più adatta alla  propria impresa.