L’importanza di una comunicazione efficace in azienda

La rilevanza di una comunicazione efficace all’ interno dell’azienda  e il suo impatto sull’organizzazione aziendale

E’ facile intuire che la condivisione di informazioni, in un contesto quale quello aziendale, è alla base di un corretto e funzionale svolgimento del lavoro quotidiano. Le informazioni, necessarie alla vita dell’impresa, vengono veicolate attraverso la comunicazione, che a livello semantico vuol dire infatti ”far conoscere”. Cosa accade però se la comunicazione non avviene nel modo appropriato? Una comunicazione sbagliata oltre a non permettere il normale flusso di informazioni e generare errori rischia di compromettere i rapporti tra colleghi, e tra dipendenti e manager.

A livello aziendale la comunicazione ha come obiettivo la promozione di una buona organizzazione, essenziale per ottenere una coesione ottimale tra i membri del team. Esistono due tipologie di comunicazione interna, e bisogna comprendere quale formula funzioni meglio per la singola impresa. Nella comunicazione aziendale, distinguiamo l’approccio Top-Down e l’approccio Bottom-Up.

Nella prima tipologia, l’approccio Top-Down, il flusso informativo parte dall’alto, dai vertici  aziendali e si dirama verso il basso raggiungendo i dipendenti. Questa  tipologia di comunicazione viene attuata tramite una rete Intranet o riunioni con i dipendenti. Nelle piccole e medie imprese, che caratterizzano il tessuto imprenditoriale italiano, la comunicazione interna avviene soprattutto faccia a faccia, in questi casi giocano un ruolo cruciale l’espressività verbale e non verbale e l’empatica verso i nostri interlocutori. Tramite la comunicazione faccia a faccia si consolidano i rapporti di stima reciproca  e salda il senso di appartenenza  e fedeltà aziendale, pertanto è intuibile l’impatto che espressioni sbagliate possano determinare sul clima lavorativo.

L’approccio Bottom-Up, invece, prevede che la comunicazione avvenga all’inverso, ossia dal basso verso l’alto. Questa tipologia di comunicazione si realizza attraverso questionari, colloqui individuali  e mediante l’elaborazione di procedure che devono essere applicate da tutti i dipendenti. Per ottenere tutti i benefici possibili da questa tipologia di comunicazione aziendale, alla base deve sussistere un rapporto di fiducia con i propri dipendenti che riusciranno così ad avere contezza dell’importanza che riveste la comunicazione aziendale.

Seppur ognuno ha un ruolo ben preciso, un noto detto recita: tutti sono importanti, nessuno è indispensabile. Che ci piaccia o no è esattamente così che deve essere all’interno di un’azienda affinché tutto possa filare liscio. La condivisione di informazioni, e l’applicazione delle procedure è necessaria perché è impensabile che l’attività possa fermarsi o subire rallentamenti quando un dipendente è in malattia, in  ferie e maternità. Ognuno all’interno dell’azienda deve essere in grado di reperire le informazioni che gli necessitano al fine di portare avanti le normali attività aziendali.

Come per la maggior parte delle cose, non esiste una ricetta perfetta ma alla base di un risultato ottimale a livello di comunicazione, l’ingrediente che non può mancare è l’unione, la coesione tra tutti i membri  delle  diverse aree aziendali.

 

Lavoro agile: smart working amico della flessibilità

Un congruo compromesso tra lavoro e vita privata esiste? Si, lo smart working!

Le nuove tecnologie, già a partire dagli anni ’70, hanno consentito e favorito lo sviluppo del telelavoro, inteso come prestazione lavorativa fornita da un luogo diverso dalla sede aziendale, di norma corrispondente al domicilio del lavoratore. Da un po’ di anni a questa parte una nuova terminologia sta prendendo piede: lo smart working.  Di cosa si tratta in realtà? Coincide forse con l’ormai noto telelavoro e ad essere diverso è solo il nome che gli si da? Non esattamente…

Lo smart working rappresenta l’evoluzione concettuale del telelavoro. Recentemente regolamentato, lo smart working nasce con lo scopo di incrementare la competitività e conciliare in modo ottimale vita privata  e lavorativa del dipendente. Si realizza tramite accordo contrattuale tra le parti che ne definiscono modi e tempi di attuazione, il monte ore necessario e l’orario di lavoro. A differenza del telelavoro che prevede quale sede dove effettuare la prestazione lavorativa l’abitazione del lavoratore, lo smart working non prevede una postazione fissa. Il lavoratore può svolgere le sue mansioni ovunque egli voglia entro i limiti orari della sua giornata lavorativa così come concordato tra le parti e nel rispetto dei dettami dei contratti collettivi nazionali.

La regolamentazione dello smart working ha inoltre  introdotto il ”diritto alla disconnessione”, l’accordo scritto tra le parti deve prevedere infatti anche i tempi di riposo del lavoratore, e la struttura organizzativa e tecnica deve essere predisposta affinché possa permettere al lavoratore di disconnettersi in sicurezza. 

Per quanto riguarda il corrispettivo, è previsto che  lo smart worker abbia diritto  allo stesso trattamento economico dei lavoratori che prestano il proprio lavoro in sede.  Per i primi, però, svolgendo la loro prestazione al di fuori dei locali aziendali le modalità di esecuzione delle mansioni sono diverse come diverse sono le sanzioni disciplinari in caso di condotte differenti da quelle previste per ogni categoria di lavoratore.

 

Seppur per l’azienda lo smart worker implica l’investimento in strumenti per la comunicazione e la collaborazione, oltre a uno stipendio pari a quello percepito dai lavoratori in sede, sussistono delle utilità non indifferenti. L’azienda infatti riesce  a ridurre i costi dei luoghi fisici proporzionalmente al numero di dipendenti che lavorano in formula smart working. Inoltre, da alcune indagini effettuate mediamente gli smart workers tendono a lavorare più ore rispetto ai colleghi in sede. Più che portarsi il lavoro a casa, gli smart workers portano la casa a lavoro e questo ha un doppio effetto. Se il lavorare da casa li spinge a lavorare di più per dimostrare che riescono a lavorare bene e di meglio rispetto ai lavoratori in sede, il loro maggior sforzo è premiato dall’essere a casa, ma non solo, possono infatti lavorare seduti su una panchina in un parco, in un internet cafè  o dove meglio aggrada al lavoratore ottenendo così un notevole incremento della qualità della vita e non dimentichiamo che evitano in questo modo l’ansia, di Fantozziana memoria, di non riuscire a timbrare il cartellino in tempo e non perdere il tram o la metro affollatissima!

Intelligenza Emotiva: requisito essenziale per il manager di successo

Perché l’intelligenza emotiva è più importante del QI

” La leadership implica la capacità di stimolare l’immaginazione delle persone e di ispirarle così da spingerle nella direzione desiderata. Per motivare e guidare gli altri, ci vuole qualcosa di più del semplice potere.” (Daniel Goleman)

Negli ultimi decenni, abbiamo assistito all’affermarsi di un nuovo metodo di valutazione dell’intelligenza delle persone. Se in passato il test del quoziente intellettivo era l’unico sistema standardizzato per misurarla, oggi si sta affermando una nuova forma di intelligenza che il test del QI non è in grado di valutare: l’intelligenza emotiva (QE).

QE vs QI: le differenze

QI indica il quoziente intellettivo che viene calcolato attraverso appositi test ed esprime l’intelligenza di una persona, tenendo conto della sua età anagrafica e mentale. Ad esempio se un bambino di 7 anni, risponde al test come la maggioranza dei suoi coetanei avrà un punteggio che lo colloca tra coloro con QI nella media. Se invece, risponde al test come mediamente risponderebbe un bambino di 10, il suo quoziente intellettivo sarà più alto rispetto alla media e ne deriva che il bambino è dotato di intelligenza superiore. A livello empirico sembra che chi ha un QI più alto avrà una carriera accademica brillante e sarà in grado di guadagnare di più rispetto a chi ha un QI più basso.

Con QE si indica l’intelligenza emotiva, che consiste  nella capacità degli individui di captare, controllare e esprimere emozioni. Avere un alto QE non implica avere anche un alto QI e viceversa, in questi casi quale è importante privilegiare per una valutazione dell’intelligenza della persona? A livello nozionistico, per quanto riguarda conoscenze strettamente tecniche e accademiche, il QI batte il QE nella vita pratica e soprattutto in ambito professionale chi presenta una maggiore intelligenza emotiva riesce ad ottenere migliori risultati. La spiegazione è da ricercarsi nella maggiore consapevolezza che tali persone hanno di se stessi e per tanto hanno maggiore controllo sulle proprie azioni, presentano maggiore motivazione e empatia verso gli altri. ììSono più consapevoli di se stessi, più in grado di regolare le loro azioni, sono in grado di gestire meglio la responsabilità, sono motivati e hanno empatia per gli altri.

intelligenza emozionale

Al manager del passato non erano richieste abilità a livello emotivo, era sufficiente che elaborasse le strategie, impartisse ordini e si assicurasse che venissero eseguiti. Tra i test che il manager sosteneva per divenire tale affrontava anche quelli basati sul QI, alla ricerca di relazioni logiche e conti da far tornare. Oggi non basta più, il lavoratore è innanzitutto persona, e le persone sono fatte di emozioni. Se il manager non riesce a leggerle e comprenderle resterà al vertice di un circuito di cui vede solo la copertura esterna ma non riesce ad accedervi internamente e diventarne parte. Attualmente le aziende, in buona parte, vedono ancora al comando ”analfabeti emozionali”, che non riescono a cogliere l’importanza delle relazioni, emozioni e empatia all’interno dell’azienda, al fine di lavorare in armonia e con maggio rendimento.

Work-life balance: perché è importante investire in questo modello

L’innovazione aziendale parte dall’interno, il benessere dei propri dipendenti è un elemento essenziale. Rendi eccellente la tua azienda con il work-life balance.

Con il termine work-life balance si indica l’equilibrio, spesso alquanto utopico in Italia, tra lavoro e vita privata.

Rispetto alle  altre nazioni europee e del resto del mondo, il nostro paese ha ancora molta strada da percorrere prima che i lavoratori italiani siano in grado di conciliare in modo appropriato carriera e ambizioni professionali con la propria vita  privata. Ai dipendenti, in un contesto come quello attuale caratterizzato da instabilità lavorativa ed economica, vengono richiesti sempre maggiori sacrifici. Lo sforzo richiesto ai dipendenti è da intendersi  sia in termini di numero di ore lavorate sia in termini di coinvolgimento cognitivo, per questo motivo i lavoratori si vedono spesso costretti a rinunciare alla propria vita privata in funzione del lavoro.

Si innesca un circolo vizioso nel quale sembra che non possano coesistere lavoro e famiglia per chi si affaccia al mondo del lavoro che, dopo aver investito anni in studi universitari e master di perfezionamento, alla soglia dei trent’anni, si trova  a dover scegliere tra carriera e vita privata. Attualmente il mondo del lavoro offre contratti a termine e aleatori ai lavoratori, richiedendo loro un alto grado di flessibilità, tutto ciò gli impedisce di fare progetti a medio-lungo termine ed è palese che in questo contesto per un giovane metter su famiglia diventa un’ardua sfida caratterizzata da un rischio notevole. Se per un lavoratore di sesso maschile la situazione è già di per se complicata, per le donne intorno ai trenta diventa quasi impossibile inserirsi nel mondo del lavoro o avere quella posizione stabile che la loro età richiederebbe. Lo spettro della maternità fa molta paura ai datori di lavoro e alle stesse lavoratrici che, purtroppo, sanno che si troveranno a scegliere tra il desiderio di maternità e il lavoro.

Nel 2016 il Parlamento europeo ha votato a Strasburgo  la risoluzione “Creating labour market conditions favourable for work-life balance” (Creazione di condizioni del mercato del lavoro favorevoli all’equilibrio tra vita privata e vita professionale). Il titolo della risoluzione è immediatamente intuitivo in merito a quelli che sono i contenuti, e se l’argomento è arrivato ad essere votato in commissione europea la sua rilevanza è evidente. Il parlamento europeo ha sancito che l’equilibrio tra lavoro e vita privata è un ”diritto” del lavoratore il che ne fa un dovere per le aziende. Fino all’anno scorso, per un’azienda investire nel work-life balance era un di più, oggi è quasi un atto dovuto.

I cambiamenti nei modelli di lavoro hanno segnato la linea di demarcazione tra aziende eccellenti e aziende non al passo con i tempi. Le prime hanno sviluppato diversi sistemi e programmi mirati alla cura dei propri dipendenti e per le loro famiglie mediante il welfare aziendale. Assicurazioni sanitarie, asili nido e altri servizi utili al lavoratore al fine di conciliare lavoro e vita privata.

Se il mondo del lavoro, nell’ottica del lavoratore, è caratterizzato da precarietà,  per l’azienda, invece, il problema è riuscire avere ad avere collaboratori validi. Lavorare in un’azienda che offre il welfare fa gola a molti, bravi e meno bravi, tra questi molti  ci sono anche ” le eccellenze” però… ed è bene non lasciarsele scappare. Il lavoratore molto qualificato è corteggiato dalle aziende  e offrire dei servizi a livello di welfare è sicuramente un incentivo affinché tra le varie proposte ricevute scelga proprio la tua azienda.

Dove è presente un modello ispirato al work-life balance, i dipendenti rendono di più, sono più sereni sul posto di lavoro e fuori dall’ufficio, più aperti al dialogo e alla collaborazione, di tutto ciò, di riflesso, ne trae beneficio anche l’impresa.

Inoltre, l’impresa che avvia un programma mirato al fine di garantire un’esistenza pacifica tra vita privata e lavoro, lancia un segnale anche all’esterno. L’impresa sta in pratica comunicando la sua solidità, l’accortezza verso i propri dipendenti e sta inoltre dimostrando di essere evoluta e innovativa, tutte cose che  fornitori e clienti apprezzano.

Dividi e comanda o unisci e vinci? Divide et impera nemico dell’innovazione

Innovazione, una scacchiera

Permetti alla tua azienda di lanciare segnali positivi all’esterno, coinvolgi i tuoi collaboratori nella gestione aziendale, valuta le loro idee in ottica innovazione

Dalle origini della storia dell’uomo, seminare zizzania è stata una tattica molto adoperata e vincente per ”dividere” i nemici, indebolirli, e riuscire così ad ottenere il comando. Se sul campo di battaglia, il divide et impera era una strategia che poteva funzionare la stessa cosa non si può dire per le imprese. I collaboratori in azienda non sono nemici ma giocatori di una stessa squadra con fini comuni, sono alleati necessari per raggiungere gli obiettivi aziendali.

La prima immagine che un’azienda da di sé è data, ad esempio, da come i dipendenti rispondono al telefono, da come accolgono i clienti all’ingresso, dalle relazioni tra management e subordinati e tra colleghi allo stesso livello. Per un cliente, un fornitore o un potenziale partner non è difficile leggere sul volto della forza lavoro dell’azienda se il clima è teso o, al contrario, rilassato e collaborativo. E’ facile percepire se il lavoratore svolge la sua funzione in modo apatico oppure con passione e interesse, ovviamente, nel primo caso l’azienda non fa una bella impressione e ispira anche poca fiducia.

Se capita poi, addirittura, di assistere a scene poco piacevoli, ad esempio confronti ”accesi” tra manager e collaboratori, l’immagine aziendale ne esce sconfitta. Pensiamo a quando capita di prendere un caffè al bar e sentire il titolare che tratta male il personale, quel bar, per quanto possa offrire un buon caffè, difficilmente ci vedrà ancora come suoi clienti.

Autorevoli sì, autoritari anche no

Manager e imprenditori, in quanto leader, devono liberarsi di schemi relazionali formali appresi e utilizzati per

consuetudine, divide et impera serve solo a ribadire il concetto del ”qui comando io”, inutile e, in parte, dannoso. Tali schemi focalizzano l’attenzione sull’autorità, in realtà un manager deve essere un mentore autorevole e non autoritario, puntare alla leadership, alla crescita e all’innovazione piuttosto che al mero controllo e al comando.

Il leader infatti deve essere una guida carismatica, un esempio per i propri collaboratori, accogliere idee ed essere giusto nel valutarle altrimenti se il clima è teso non ci si potrà mai evolvere. Il manager deve essere dotato oltre che di capacità professionali anche di intelligenza emotiva, deve saper parlare con la gente e non alla gente, captare segnali, idee e implementarle premiando chi le ha generate.

La strategia del divide et impera, all’insegna della repressione e della supremazia finisce col creare un clima di tensione. Il confronto non è costruttivo, infatti, l’obiettivo non è confrontarsi per realizzare la strategia migliore ma è semplicemente un gioco di ruoli, si mira a ”spuntarla”, a far prevalere la propria idea per una questione di orgoglio e non per la sua validità.

La competitività tra i membri non è salutare, è una lotta dove ognuno corre per se e non in un’ottica di sviluppo aziendale. Pertanto è auspicabile cercare, a partire dai vertici aziendali, di creare un clima in cui il confronto sia valido e funzionale agli interessi dell’intero sistema impresa e non del singolo collaboratore, ogni idea è importante e va valutata e se è valida va attuata. Solo così si può avviare un processo di innovazione, partendo dalle relazioni all’interno dell’organizzazione aziendale.

Il ruolo del Systems Thinking nell’innovazione manageriale

systems thinking, professionista al computer

systems thinking, professionista al computerSystems Thinking: per innovare la tua impresa comincia dal management

“Le attività umane sono sistemi ma noi ci concentriamo su istantanee di parti del sistema: poi ci domandiamo perché i nostri problemi non si risolvono mai.”  (P. Senge)

La società nella quale viviamo è altamente complessa, in costante evoluzione e caratterizzata da una miriade di problematiche, alcune in parte prevedibili altre del tutto inattese. Affinché sia possibile agire efficacemente di fronte a qualsiasi scoglio è necessario estendere la propria percezione oltre il singolo elemento in una visione di insieme di situazioni interconnesse.

Il manager all’interno del sistema aziendale dispone di una quantità di informazioni massiva, in questo contesto riuscire a isolare quali di esse siano davvero rilevanti non è impresa da poco. Per quanto pragmatico e concreto possa essere il management aziendale risulta comunque un arduo compito.

Grazie al Systems Thinking è possibile, attraverso modelli e regole, comprendere le  connessioni tra le singole sistema innovazionecomponenti del sistema impresa e filtrare, a livello sistemico,  le informazioni che non devono assolutamente sfuggire da quelle meno rilevanti. Alla base di tutto ciò vi è un complesso insieme di eventi, relazioni, rapporti causa – effetto che possono essere colti in modo corretto e secondo il giusto peso solo se si sviluppa una capacità di visione globale.

Fin dai primi anni di scuola ci viene insegnato a scomporre il problema complesso in sotto-problemi facilmente risolvibili, se in alcune situazioni questo approccio può anche funzionare in altre diventa alquanto limitante. Ragionare per algoritmi, scomporre per poi ricomporre, comporta la considerazione di ogni elemento come un’entità a sé stante,  singolarmente e decontestualizzata. In questo modo si perde la visione di insieme e non si è in grado di valutare l’impatto che ogni singolo componente genera sul complesso sistema aziendale. E’ come se per un trapianto di un organo si valuti solo lo stato dell’organo stesso senza tener conto che dovrà essere impiantato in un corpo capace di accoglierlo e adattarsi all’elemento estraneo. Senza valutare lo stato di salute del paziente e stimare la reattività dell’intero organismo all’introduzione del nuovo elemento si rischia il rigetto e le relative conseguenze negative.

Il pensiero sistemico fa grande il manager

Per l’impresa funziona allo stesso modo, il pensiero sistemico è necessario al manager, così come a tutti coloro che sono chiamati di continuo a prendere decisioni, per poter approcciarsi alle problematiche in modo concreto e operativo cogliendo tutte le interconnessioni essenziali all’organizzazione aziendale.

Il Systems Thinking permette di estendere la propria visione dei problemi cogliendo le sfumature che sfuggono ad un approccio di tipo specialistico, consente inoltre di migliorare la comprensione di una problematica complessa attraverso la percezione delle cause che la generano.

systems thinking

In un’ottica operativa il pensiero sistemico è applicabile ad ogni funzione aziendale, è utile nella scelta di nuovi collaboratori, migliorare la comunicazione, valutare l’introduzione di un nuovo prodotto o lo sviluppo di un nuovo ramo di azienda.

Ciò che distingue  un ”pensatore sistemico” da un analista è che quest’ultimo di fronte all’ingranaggio bloccato si focalizza sul problema, sull’effetto manifestato ossia ”l’ingranaggio è bloccato”. Il pensatore sistemico, oltre ad agire sull’effetto riesce a cogliere anche la causa contestualizzata. Il suo obiettivo non è solo rimuovere l’ostacolo ma è garantire un funzionamento ottimale del sistema, in modo che con gli incastri giusti l’ingranaggio torni a girare.

Innovation management: 3 domande da porsi prima del lancio del programma

Innovation mangement, lampadina accesa su piano di legno

Tre domande a cui dovrai saper rispondere per essere davvero pronto a innovare la tua azienda

L’innovazione non si improvvisa ma è il risultato di un processo sistematico che ingloba varie fasi: studio della situazione aziendale e conseguente strategia, monitoraggio e controllo. La prima cosa da fare è analizzare la propria realtà imprenditoriale mediante un approccio basato sulla condivisione, al fine di rendere più agevole la fase di adozione della strategia.

Dopo aver svolto un’attenta analisi, è fondamentale che la strategia risultante sia indirizzata a un progetto di ampio respiro che sia coerente con il contesto aziendale di riferimento e lo accompagni verso il cambiamento attraverso una transizione graduale.

Nel momento in cui si decide di lanciare un programma di Innovation Management è bene progettare un percorso allineato con gli obiettivi aziendali. In fase di progetto tutto sembra fattibile e raggiungibile con il minimo sforzo, ma a un certo momento in cui si parte davvero e tutto appare meno semplice.

innovation management

Spesso accade infatti che a programma iniziato, di fronte ai primi ostacoli o difficoltà, sorgano mille dubbi e domande, che magari, con un po’ più d’attenzione, potevano essere anticipate nella fase di analisi.

Per quanto un programma di innovation management non sia un qualcosa di irreversibile, come in ogni ”ristrutturazione”, tornare indietro comporta costi elevati, pertanto è bene che se ci sono questioni inevase o aspetti non chiare e definite emergano prima dell’avvio. Sicuramente, in corso d’opera, emergeranno comunque dubbi e incertezze che non si potevano prevedere o dei quali non si avvertiva la rilevanza fino alla manifestazione, ma per tutto il resto è bene giocare d’anticipo.


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1.Perché le persone in azienda dovrebbe accogliere di buon grado un processo di innovation management?

Esistono due tipologie di persone, quelle aperte al cambiamento, che lo cercano e ne sono entusiasti e poi ci sono le persone restie ai cambiamenti. Delle due categorie quella più ampia è sicuramente la seconda.

I cambiamenti spaventano e, di questi tempi, sentir parlare di innovazione a livello gestionale spaventa per timore che il processo innovativo possa portare a dei tagli di personale.

innovation management

Bisogna fare in modo pertanto che le persone colgano gli effetti positivi che ne deriverebbero e di cui ne godrebbe sicuramente l’azienda ma anche il singolo nelle relazioni e nella vita lavorativa di tutti i giorni.

Un processo di innovazione deve permettere l’affermarsi di nuove idee e le persone devono essere coscienti che solo attraverso un percorso di innovazione potrà realizzarsi e sentirsi un tutt’uno con la realtà aziendale.

2. Abbiamo dei fondi oppure le nostre tasche sono piene solo di sogni?

Un cambiamento non è mai a costo zero, in termini di tempo e denaro. E’ bene avere le idee ben chiare su cosa si vuole fare e come finanziare il progetto. Il budget deve essere definito e, se è possibile, è preferibile che risulti assegnato alle diverse aree coinvolte nel progetto in modo che, in linea con le proprie competenze, ogni area possa autogestirsi disponendo di maggiore specializzazione su problemi e soluzioni relative alla propria funzione aziendale.

3. Azioni e tempistiche sono state programmate in modo tale da non stravolgere l’attività aziendale?

Ogni piano d’azione che si rispetti prevede dei tempi di attuazione, questi devono essere definiti e coerenti con i ritmi dell’attività aziendale.  Mentre si ”ristruttura”, lo show deve comunque continuare, il lavoro va portato avanti.

Pian piano si introdurranno le nuove procedure e si testeranno efficacia ed efficienza. Il personale deve avere modo di adattarsi al cambiamento introdotto dal piano di innovation management in modo che sia anche più favorevolmente predisposto ad accogliere l’innovazione.

Innovation management: come creare valore per l’impresa

innovation management, realtà virtuale

innovation management, realtà virtuale

Innovation management, quando la differenza la fanno le persone

Nell’economia attuale, caratterizzata da elevata concorrenza e da competitors all’avanguardia, a dominare non è più la produzione del prodotto, ma il servizio e quest’ultimo è reso da persone. Per questo è importante puntare sull’innovation management.

Se una nuova tecnologia è disponibile e, in termini di costo, è accessibile a tutte le aziende che operano in un medesimo mercato, il valore aggiunto creato dall’innovazione tecnologica è azzerato. La qualità e l’efficienza saranno sicuramente più elevate ma ogni azienda sarà simile all’altra. Disponendo della stessa tecnologia puntare a una leadership di prezzo risulterebbe una strategia fallimentare.

La differenziazione è data, a questo punto, dalle persone. La creazione del valore deve fare dell’immaterialità delle relazioni il suo perno. innovation mangement

Affinché la tua impresa possa garantirsi un’identità aziendale devi puntare sul tuo team. Avere a disposizione un team preparato e competente sotto l’aspetto professionale non è però sufficiente, devi riuscire a generare valore attraverso le relazioni tra le persone.

Tutto dovrà ruotare sulla capacità di fare squadra, di innovare e di essere disponibili all’apprendimento continuo, da non dimenticare che la felicità soggettiva e l’integrazione in un gruppo di lavoro sono dei punti essenziali per rendere al meglio e far bene il proprio lavoro.

Condivisione batte tecnologia

Un’azienda innovativa oggi non è quella che dispone della tecnologia migliore presente sul mercato ma è quell’impresa nella quale c’è comunicazione, c’è incontro e condivisione di intenti tra tutti gli attori aziendali, a cominciare dal capo per finire allo stagista appena arrivato.

innovation mangementDovrai imparare a gestire i rapporti e guidare il tuo team, stimolando la creatività di ognuno e dando loro la possibilità di esprimerla. Le idee sono alla base del successo di un’azienda, per questo motivo, vanno ascoltate e valutate anche qualora pervengano da chi ha un ruolo ”secondario” nell’organizzazione aziendale.

La tua impresa ha bisogno dunque di presidiare aspetti essenziali quali l’innovazione, la conoscenza e il cambiamento ma bada che non ci si improvvisa innovation manager, i rischi di inserire una persona non preparata nell’organigramma aziendale o cercare di adempiere a queste difficili mansioni in autonomia può essere addirittura controproducente.

Come puoi vedere, non si tratta di un compito facile, lasciati guidare da professionisti del settore, crea un team di successo e realizza così grandi progetti.

L’importanza di una visione d’insieme

L’innovation management non è una funzione aziendale assimilabile alle funzioni canoniche con cui un’impresa si confronta ogni giorno. E’ un qualcosa di più, una visione di insieme che permette alla ”macchina” azienda di funzionare mediante l’incastro perfetto di tutte le sue ”componenti”. Affinché ciò sia possibile è necessaria una progettazione alla base e una gestione continua.

Gestire un processo di innovazione manageriale implica l’interazione di tutti gli elementi e delle funzioni aziendali che permettono la creazione di valore. Puntando sulle relazioni, l’innovation management non  si ferma però alla sola gestione interna aziendale ma si estende anche all’esterno coinvolgendo fornitori, clienti e partner.