Life skills: le abilità necessarie per interagire nel team

Life Skills

Che si chiamino ”abilità di vita” o competenze del ventunesimo secolo, ha poca rilevanza, ciò che è importante è possedere le life skills per potersi integrare in un team e lavorare bene.

Difficilmente un recruiter nello screening dei CV si troverà scritto tra le abilità del candidato ”possesso di life skills”, eppure rientrano tra quelle abilità oggi molto richieste dalle aziende. Non è facile desumerle da un CV e, a volte, si rischia di tralasciare un candidato valido anche per questo motivo.

Il colloquio, infatti, è un primo modo per testare le life skills, anche se il modo migliore è ovviamente osservare la messa in pratica di queste abilità sul luogo di lavoro, seppur attraverso un periodo di prova, sufficientemente lungo però da permetterne l’utilizzo.

A cosa ci riferiamo quando parliamo di life skills?

L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) definisce le life skills come ”tutte quelle skills (abilità, competenze) che è necessario apprendere per mettersi in relazione con gli altri e per affrontare i problemi, le pressioni e gli stress della vita quotidiana.”

L’assenza di tali capacità porterebbe nel tempo ad assumere comportamenti negativi in risposta allo stress, dall’incorrere in delle dipendenze fino a casi più gravi come i tentativi di suicidio.

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Le life skills, dunque, consistono in abilità trasversali ed accessorie rispetto alle canoniche competenze tecniche richieste da un’impresa per una posizione lavorativa. Il perché oggi assumano un ruolo cruciale durante la selezione per una posizione lavorativa è facilmente intuibile, lo vedremo nel prossimo esempio.

Supponiamo che per una posizione lavorativa, utopicamente… si presentino solo due candidati.

Il soft Skills Scelta Candidatoprimo presenta un CV ineccepibile, una laurea con il massimo dei voti, master e corsi di perfezionamento post laurea.

Il secondo, invece, pur avendo un buon CV, oggettivamente a livello di formazione non è pari al primo candidato, si è laureato con buon punteggio ma non il massimo…non ha frequentato un master, però il suo profilo ha qualcosa in più.

Il secondo candidato però ha vissuto all’estero per un periodo, ha lavorato durante gli studi e coltiva degli hobbies che lo vedono spesso in mezzo alla gente.

Probabilmente il secondo candidato possiede maggiori capacità di interazione e di lavorare in team rispetto al primo, ”probabilmente”, perché come si specificava su, da un CV si può procedere solo con deduzioni ed è necessario un colloquio e un periodo di prova per poter davvero verificare. Voi chi assumereste?

teamLifeSkillsIl possesso di life skills è fondamentale nella vita come nel lavoro, permette oltre alle competenze tecniche di riuscire a svolgere il proprio lavoro in modo più efficiente e collaborativo. Non è sufficiente infatti svolgere le proprie mansioni con diligenza e precisione ma è necessario essere capaci di prendere decisioni, anche e soprattutto rispetto a situazioni impreviste per le quali è d’obbligo un provvedimento immediato. Essere dotati di empatia, capacità di comunicazione, permette di approcciarsi meglio nelle relazioni interpersonali e nel team. Il tutto favorisce un’integrazione ottimale nel team aziendale  permettendo anche la  gestione dello stress.

 

Il ruolo della struttura organizzativa per lo sviluppo dell’innovazione

schema di struttura organizzativa

struttura organizzativa innovazione

Creare valore in un contesto altamente innovativo rappresenta un’ardua sfida per il management aziendale. La struttura organizzativa riveste un ruolo di fondamentale importanza.

La struttura organizzativa dell’impresa, nell’ottica delle dimensioni e dell’organizzazione interna riveste un ruolo primario nello sviluppo innovativo, in quanto essendo un elemento cardine e duraturo nella vita aziendale ogni decisione va ponderata tenendo conto dell’evoluzione futura.

I cambiamenti che l’impresa, a seguito di processi innovativi, si troverà ad affrontare si rifletteranno su ogni funzione aziendale, dunque, tanto più flessibile sarà l’organizzazione interna dell’azienda tanto più sarà agevole rispondere e adattarsi al cambiamento.

Nelle decisioni prese in merito alla struttura organizzativa si deve valutare anche l’ambiente esterno in cui l’impresa opera,  i competitors presenti sul mercato e le preferenze della clientela, tutti questi elementi possono favorire o osteggiare un processo di innovazione e gli obiettivi che l’azienda si pone.

L’organizzazione interna, essendo un elemento strutturale, sarà presente nel lungo periodo nella vita dell’impresa e se creata in modo rigido l’investimento sarà irreversibile o modificabile ad alti costi.

Qual è l’organizzazione ottimale che un’azienda operante in un contesto innovativo può e deve assumere?

Tom Burns e G.M. Stalker, studiosi e sociologi, classificarono nel loro trattato ‘‘The management of innovation” i modelli organizzativi.

Ai due estremi troviamo il ”modello meccanico” e il ”modello organico”, il primo adatto ai contesti a basso tasso di innovazione mentre il secondo idoneo per i settori più complessi, competitivi e innovativi. Ovviamente, tra i due poli vi sono diversi livelli intermedi in cui l’azienda ha libertà di definire la propria struttura organizzativa.

struttura organizzativa rigidaIl modello meccanico, si presenta con una struttura alquanto rigida, può funzionare in un contesto stabile dove vigono procedure standardizzate e definite, e dove è presente una netta linea gerarchica dove i vertici si occupano del controllo e ai dipendenti è lasciato il mero ruolo esecutivo.

Che una struttura di questo tipo sia incompatibile con l’innovazione è palese, in quanto vengono meno gli elementi essenziali che rendono possibile il processo innovativo.

Non c’è infatti interazione collaborativa tra i vari livelli funzionali e i dipendenti vengono considerati come semplici esecutori, qualora avessero delle intuizioni e delle idee migliorative in merito ai processi aziendali e ai prodotti, la struttura organizzativa non prevede la loro collaborazione sotto questi aspetti. La comunicazione avviene dalla ”cima” al ”fondo” dell’organizzazione e il viceversa non riguarda l’ambito decisionale ma solo informativo.

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Un sistema organico, invece, è flessibile e di conseguenza più idoneo a essere utilizzato in contesti modello organico flessibilealtamente innovativi, caratterizzati da un’elevata concorrenza e in continua evoluzione. In questo modello, sono i dipendenti che hanno potere e controllo decisionale piuttosto che i vertici aziendali, essendo i primi  che tutti i giorni si scontrano quotidianamente con le problematiche aziendali e in un ambito caratterizzato dalla velocità di cambiamento riescono a reagire e a rispondere prontamente alle mutazioni del contesto in cui l’impresa opera.

A livello comunicativo, l’informazione si muove orizzontalmente permettendo la condivisione a tutti i livelli funzionali.

Ogni dipendente è capace di osservare il quadro completo aziendale e ciò permette una reazione immediata agli imprevisti che potrebbero presentarsi.

La rigidità delle procedure e degli schemi gerarchici del modello meccanico viene meno e l’organizzazione nel suo complesso diviene più agile.

Imprese: rafforzativa o trasformativa, l’innovazione è necessaria

innovazione

innovazione

L’innovazione non è più un di più per le aziende. E’ semplicemente una necessità.

Il mercato globale è caratterizzato da una forte competizione, per un’azienda che vi si affacci o un’impresa già inserita è imprescindibile investire nell’innovazione.

Seguire la strada dell’innovazione, di processo e di prodotto, è l’unico modo per poter avere successo e sopravvivere in un contesto nel quale non c’è perdono per gli errori strategici. Una strategia errata e il timore di innovare rischiano infatti di causare  l’uscita dal mercato dell’impresa.

L’innovazione, volendo racchiuderla in due macro tipologie, può essere rafforzativa o trasformativa. 

Nel primo caso, agisce sui processi produttivi ed è volta a innescare cambiamenti molto importanti che mirano a migliorare il quadro operativo, tecnico e commerciale in cui l’azienda è collocata.

L’innovazione trasformativa invece mira a produrre un cambiamento radicale, trasforma totalmente il contesto in cui l’impresa opera, creando nuovi processi e prodotti da immettere sul mercato.

Entrambe le tipologie di innovazione rivestono un ruolo cruciale e devono essere considerate non come interventi eccezionali ma sistemici. L’innovazione deve essere programmata e attuata quotidianamente.

Seppur l’innovazione abbia come fine ultimo un miglior posizionamento sul mercato e la conquista della fiducia di un numero maggiore di clienti, la prima tappa necessaria è intervenire sull’ambiente di lavoro.

Un’azienda innovativa deve investire nella cultura aziendale facendo in modo che la creatività dei dipendenti venga premiata, l’impresa deve essere capace di stimolare l’intervento di ogni membro aziendale affinché dia il proprio contributo all’intervento innovativo.

Se il contributo dei dipendenti è fondamentale affinché si realizzi un processo innovativo continuo e sistemico è necessario però che a guidare il team ci sia un management preparato e capace di guidare l’azienda, dimostrando per primo di essere innovativo.

Personale attivo e coinvolto nel processo innovativo

I cambiamenti purtroppo non sono sempre bene accetti e quindi molto probabile che vi siano delle opposizioni che vanno a rallentare e frenare il processo innovativo. Coinvolgere chi ”subisce” il processo innovativo, rendendolo invece parte attiva del processo può  permetterci di abbattere questi muri di opposizione, creando in azienda un clima favorevole al cambiamento.

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Affinché il processo innovativo vada a buon fine e produca i frutti sperati, il personale interno all’azienda non solo deve accettarlo ma dovrebbe esserne entusiasta in modo tale da svolgere il proprio lavoro con la giusta motivazione. L’innovazione deve svilupparsi il più liberamente e spontaneamente possibile in modo tale che ogni collaboratore possa sentirsene parte ed essere premiato per il proprio contributo.

Tanto più l’impresa avrà personale soddisfatto e motivato, tanto più sarà in grado di dare piena soddisfazione ai propri clienti ritagliandosi sempre più quote di mercato. Il knowledge management, ossia la gestione della conoscenza relativa ai processi aziendali, assume maggior rilievo e pesa sempre di più sulle strategie e sulle scelte aziendali.

La vera innovazione parte dunque dall’interno, creando un ambiente lavorativo che permette ai dipendenti di esprimere liberamente la propria creatività ed essere anche premiati per questo, secondo un meccanismo incentivante.

Come creare le buyer personas: metodi e strumenti

schermo di un pc con dati relativi alle bayer personas

analisi dati buyer personas

Le buyer personas non sono modelli standardizzati e ripetibili per ogni impresa, ogni brand deve elaborare le proprie.

Nel precedente articolo  abbiamo definito il concetto di personas e chiarito perché è importante per ogni azienda riuscire a creare questi misteriosi personaggi fittizi che tanto rispecchiano i consumatori del mondo reale.

In questo articolo invece andremo a scoprire i metodi e gli strumenti maggiormente utilizzati per creare le personas tenendo presente che la tecnica generale va sempre rapportata al singolo contesto aziendale.

Arrivando al nocciolo della questione … come puoi creare le tue buyer personas?  Ci sono tre step fondamentali da seguire.

1) Individua il tuo pubblico

Come in ogni analisi statistica e inferenziale che si rispetti è necessario estrarre un campione da cui ricavare i dati da analizzare. Il campione deve essere calibrato in relazione a quello che è il nostro target e al segmento in cui operiamo, ad esempio, se costruiamo auto da corsa, interrogare un campione composto da persone ottantenni avrebbe poco senso, così come non tener conto del reddito degli intervistati.

Se possiedi un sito internet o una pagina fb gli insights e le statistiche di google analytics ti forniranno un valido punto di partenza per condurre le tue analisi e comporre il tuo campione fornendoti molte informazioni utili.

Le persone da intervistare possono essere clienti già inseriti nel tuo database oppure nuove leve! Non sempre le persone sono disposte a investire il loro tempo in un’intervista… Incentivale! Offri loro anche un semplice coupon…

2) Le giuste domande forniscono giuste risposte 

Una volta individuato il tuo campione, dovrai sottoporlo a delle interviste. Il questionario o l’intervista telefonica non devono annoiare il tuo cliente, quindi poche domande ma buone! Bisogna che siano mirate e che lascino non troppa libertà di divagazione in quanto le risposte fornite dagli utenti saranno la materia prima delle tue analisi e non potranno essere troppo lunghe, vaghe e disomogenee come struttura.

A livello di argomenti, dopo un breve momento di talking, poni domande sull’attività professionale dell’intervistato, sul ruolo che svolge e come si sente nel farlo. Chiedi quali sono le sue fonti di informazione e quali canali usa per i suoi acquisti.

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3) Analizzare i dati e creare le tue buyer personas

Arrivati al termine delle ricerche, ci sarà il momento di concretizzare trasformando i dati raccolti nei profili delle tue buyer personas.

Individua le caratteristiche comuni e gli elementi di differenziazione, oltre ai dati demografici, ai titoli culturali e all’aspetto lavorativo è importante includere nelle analisi anche alcune tipiche espressioni usate dagli intervistati, tra cui grande rilievo assumono le criticità riscontrate.

Dai un nome alle tue buyer personas, riuscirai in questo modo a renderle più umane e a identificarle meglio durante il lavoro di creazione di concerto con il tuo team.

Le tue buyer personas non rimarranno statiche nel tempo ma cambieranno per gusti e preferenze: incrociare i dati nuovi in tuo possesso con i precedenti ti fornirà gli indizi per prevedere e anticipare le esigenze future dei tuoi clienti.

 

 

 

 

 

 

Personas: cosa sono e perché sono importanti per il tuo business

personas

Conoscere tutti i propri consumatori sarebbe l’ideale, ciò ovviamente non è possibile ma in nostro aiuto arrivano le ”personas” attraverso le quali possiamo dare un volto ai nostri clienti.

” Un buon marketer vede i consumatori come esseri umani completi, con tutte le sfaccettature proprie delle persone reali.”
                                                                                                                                                                  (Jonah Sachs)

No, non c’è un errore nel titolo, non mi sono sbagliata, volevo scrivere esattamente quello che ho scritto, ”personas”, e non persona o persone…

Bene, allora se non ci sono errori e questo termine è scritto in modo corretto… cosa sono le personas?

Si tratta di ”personaggi” fittizi che vengono creati  sulla base di dati, demografici e comportamentali, che ”impersonano” i tuoi clienti tipo. Per quanto siano immaginari rispecchiano molto la realtà in quanto vengono creati partendo da dati reali.

Lavorare con le personas è l’evoluzione naturale della nota targettizzazione del mercato, rispetto al passato, però, oggi disponiamo di una miriade di informazioni in più.

L’avvento dei social e della tecnologia ha fatto si che con la condivisione ogni giorno si crei un flusso personasdi informazioni inimmaginabile che, opportunamente filtrato, serve su un piatto d’argento il profilo del consumatore tipo.

Basti pensare che anche chi non ha conoscenza alcuna di marketing e di segmentazione del mercato, dal profilo facebook di una qualsiasi persona, a meno che quest’ultima non abbia ”blindato” la propria pagina sotto l’aspetto della privacy, può sapere quali sono i suoi piatti preferiti, le mete di viaggio che ama, che musica ascolta e che genere di film va a guardare al cinema.

Se una persona qualunque riesce ad ottenere tutte queste informazioni, è facile intuire con quale precisione è possibile profilare un ipotetico consumatore tipo avvalendosi di appositi strumenti e tecniche.

Perché è importante definire le personas?

personasGrazie al metodo delle personas, ti sarà più facile comprendere i tuoi clienti, attuali o potenziali. A livello di progettazione dei prodotti o dei servizi che offri già o intendi offrire, riuscirai a predisporre un’offerta mirata a soddisfare le esigenze dei clienti e in alcuni casi, ad anticipare quelle che diverranno tendenze di successo in futuro.

Sotto l’aspetto della comunicazione, potrai creare contenuti personalizzati sulla base dei gusti, delle preferenze di acquisto e del carattere delle diverse tipologie di utenti. Creare le personas, a livello operativo, ti permetterà di:

  1. Definire al meglio il tuo piano marketing allocando le risorse in campagne mirate che ti garantiranno un maggior tasso di conversione;
  2. Riallocare e gestire in ottica funzionale le risorse umane componenti il tuo team;
  3. Individuare il linguaggio che le tue personas usano e utilizzarlo a tua volta per parlar loro in una lingua comune;
  4. Segmentare in modo accurato il tuo database dei contatti e avvalertene per l’email marketing;
  5. Progettare una linea editoriale mirata da seguire sul blog/sito aziendale.

Come creare delle personas?

Affinché l’impiego del metodo delle personas possa esserti davvero utile, il profilo dei clienti va sviluppato in modo accurato, sulla base di informazioni reali, attendibili e approfondite.

I dati che utilizzerai dovranno essere dati reali e aggiornati. L’impiego che ne farai dovrà rispettare i criteri dell’inferenza statistica ma non solo, dovrai essere capace di cogliere quelle sfumature che sfuggono alle regole dei grandi numeri.

Sì, ma come?

Nel prossimo articolo parleremo proprio delle tecniche e degli strumenti utilizzati per definire le personas…

Stay tuned!

 

Digital Transformation: quando il cambiamento è necessario

digital transformation, dipendente al lavoro da un device mobile

Innovare è necessario alla sopravvivenza dell’impresa, la digital transformation riguarda tutte le aziende e nessuna può esimersi dal realizzarla a meno che non voglia uscire dal mercato.

L’insieme di cambiamenti, prevalentemente di natura tecnologica, organizzativa, culturale e manageriale che l’azienda intraprende al fine di rimodellare la propria offerta e divenire più competitiva e vicina alle aspettative del mercato prende il nome di Digital Transformation o trasformazione digitale.

Il processo di digital transformation seppur avviato con lo sviluppo di nuove tecnologie e strumenti tecnologici non si limita al loro solo utilizzo, affinché il processo di cambiamento possa funzionare bisogna coinvolgere tutto il sistema aziendale, dando rilevanza alla condivisione e alla trasparenza in modo da includere, incentivandoli, tutti i collaboratori aziendali.

Il concetto di digital trasformation non riguarda soltanto un cambiamento ”fisico”, ad esempio come quello che avviene con la dematerializzazione, il cambiamento nell’era digitale coinvolge tutte le aree aziendali. L’approccio da attuare è finalizzato a cercare di far convergere flussi informativi e sistemi aziendali, informazioni vitali all’azienda che ogni giorno mediante le reti passano dal web.

La dematerializzazione si pone come obiettivo la semplificazione dei processi aziendali, aumentandone l’efficienza e riducendo al massimo le attività manuali. La digital transformation implica l’integrazione tra tutti i portatori di interessi dell’azienda in modo da poter lavorare meglio e in modo armonioso e sinergico.

I vantaggi che si possono ottenere da un processo di digital transformation sono molteplici, si possono raggiungere più alti livelli di efficienza, una migliore operatività e velocità a costi più contenuti, il tutto si riflette anche sui prodotti e servizi offerti che risultano pertanto migliori e a prezzi più competitivi.

Digital transformation: complessa ma indispensabile

Il processo di digital transformation, non è una missione impossibile ma neanche un gioco da ragazzi… è una priorità per le aziende e allo stesso tempo una grande sfida da affrontare per ogni realtà imprenditoriale.

Stiamo parlando di adottare misure volte al cambiamento dell’azienda al fine di realizzare la digital transformation, se da un lato è vero che l’azienda deve attivamente adottare questi cambiamenti a livello organizzativo e sotto l’aspetto dei processi, dall’altro, più che un ruolo attivo, le imprese sono trainate in questo processo di cambiamento  dalle persone.

Le imprese di oggi si trovano a dover soddisfare clienti sempre più informati ed esigenti. E’ l’utente finale che detta le regole, i clienti vogliono sempre una maggiore libertà di scelta di prodotti e servizi, e ciò costringe le aziende a dare il massimo al fine di fidelizzare il cliente. Con l’offerta presente oggi sul mercato, per un azienda non è affatto semplice affermarsi sul mercato.

Cambia anche il modo di fare pubblicità: è una società liquida che è sempre in movimento, un costoso messaggio pubblicitario passato in tv al giorno d’oggi viene visto da meno potenziali clienti rispetto ad altri canali quali ad esempio i social. Inoltre attraverso questi mezzi si riesce a lasciare un segno più profondo nella memoria dell’utente in quanto il messaggio pubblicitario è veicolato mediante gli stessi canali di condivisione dell’utente.

Al tempo dei social per i brand è diventato più che mai decisivo condividere informazioni utili e veritiere con la propria audience e mantenere aperto un dialogo con i propri clienti e prospect. La comunicazione insomma è bene che sia il più possibile bidirezionale e senza falle (i social non perdonano – ndr). Anzi lo sforzo deve essere quello di stimolare continuamente l’interazione e la partecipazione attiva degli utenti, mantenendonone alto l’interesse attraverso contenuti di qualità e mostrando trasparenza massima, combinazione che – è ormai pacifico – rappresenta il messaggio promozionale di gran lunga più convincente ed efficace.

 

 

Il (mancato) coraggio di innovare: il caso Kodak

innovare, macchina fotografica vecchio tipo Kodak

La flessibilità organizzativa è al servizio dell’innovazione, il mercato non perdona le aziende che non fanno proprio questo dogma. E’ necessario avere il coraggio di innovare.

 

”… E debbasi considerare come non è cosa più difficile a trattare, né più dubbia a riuscire, né più pericolosa a maneggiare, che farsi capo ad introdurre nuovi ordini. Perché lo introduttore ha per nimici tutti quelli che delli ordini vecchi fanno bene, et ha tepidi defensori tutti quelli che delli ordini nuovi farebbono bene. La quale tepidezza nasce, parte per paura delli avversari, che hanno le leggi dal canto loro, parte dalla incredulità delli uomini; li quali non credano in verità le cose nuove, se non ne veggono nata una ferma esperienza. Donde nasce che qualunque volta quelli che sono nimici hanno occasione di assaltare, lo fanno partigianamente, e quelli altri defendano tepidamente; in modo che insieme con loro si periclita.”  (N.Machiavelli)

Innovare fa paura. Stravolgere l’organizzazione esistente all’interno dell’azienda per lanciarsi in nuovi mercati è una sfida che non tutte le imprese si sentono di affrontare, purtroppo, però, per la vita delle aziende chiudere le porte in faccia all’innovazione significa fallimento. Solo l’innovazione, infatti, può garantire un vantaggio competitivo, duraturo nel tempo, e mantenere in vita  profittabilmente l’azienda.

Per innovare è necessario avere coraggio, il coraggio che è mancato a Kodak è stato l’inizio della fine per il colosso dei rullini. I bambini rullini kodak coraggio di innovaredegli anni ’80, ricorderanno il famoso ”ciribiribì kodak” dello spot televisivo che pubblicizzava i prodotti di punta, pellicole e carta fotografica, dell’azienda.

Kodak, un’azienda che da più di cent’anni lavorava nel mercato delle pellicole con un fatturato vertiginoso, era riuscita a rendere la fotografia alla portata di tutti, era entrata  nelle case e nei cuori dei propri clienti permettendogli di immortalare i loro momenti più belli. Kodak fu travolta dall’evoluzione tecnologica dell’era digitale, i vertici aziendali non furono in grado di riconoscere la portata del fenomeno e quando un progettista del proprio team propose il prototipo di una macchina fotografica digitale l’idea venne bocciata. La risposta di Kodak fu: “Chi vorrà mai guardare le sue foto sullo schermo di una tv?”.

Un grosso errore che le è costato l’uscita dal mercato con l’avvio dell’amministrazione controllata nel 2012. Kodak, il colosso della pellicola, si è dimostrata sorda all’innovazione, non ha ascoltato le idee dei propri collaboratori e si è chiusa in una ostinazione che l’ha portata al fallimento. Kodak non ha capito che il suo business era fatto di persone e non di pellicole…avrebbe potuto continuare a vivere come azienda e fatturare se solo avesse intuito che avrebbe tranquillamente potuto continuare a catturare le emozioni delle persone anche senza l’ausilio di un prodotto ormai superato.

 

Come evitare di commettere gli errori che sono stati fatali a Kodak?

  1. L’organizzazione aziendale deve assecondare l’idea innovativa, anticipare il mercato quando possibile, e l’ingegnere che propose il prodotto  a Kodak lo aveva fatto, era in netto anticipo rispetto alla concorrenza…
  2. Avere il coraggio di cambiare e combattere le opposizioni che puntualmente ci sono quando si cerca di innovare.
  3. Il Management non deve essere cieco e sordo alle proposte del team.
  4. L’organizzazione aziendale deve essere in grado di gestire la creatività e l’innovazione e di guardare a questo processo in merito a ritorni economici nel lungo periodo.
  5. Tenere sotto controllo la propria avversione al rischio, il noto detto recita ”chi non risica non rosica” …niente di più vero, sicuramente è necessario valutare il rischio e il costo-opportunità, senza rischiare però è impossibile innovare.

 

 

 

 

Job to be Done: cosa vendi davvero?

Scopri il job to be done del tuo prodotto evitando così di  rimanere chiuso nella tua value proposition. 

Da bambini, ci siamo tutti soffermati a guardare il cielo e a cercare di dare una forma alle nuvole. Con gli amici, nello stesso momento e nella medesima angolazione ognuno scorgeva forme diverse, eppure, si trattava della stessa nuvola. A volte accade la stessa cosa anche con  gli utilizzi di un bene. Una materia prima che si presta bene all’esempio è il legno, il musicista guardando le venature particolari immaginerà un violino dall’aspetto elegante, il falegname immaginerà gli intarsi possibili di un mobile, altri vedranno solo un ciocco di legno da utilizzare per riscaldarsi.

Chi mette in vendita il pezzo di legno, cosa sta vendendo davvero? Un violino? Un mobile o semplicemente un pezzo di legna da ardere? Il prodotto è il medesimo, ad essere diversi sono i probabili clienti, con i loro bisogni da soddisfare e le proprie esigenze peculiari, pertanto, diverse per ognuno. Ogni possibile cliente non si limita ad utilizzare i prodotti così come gli vengono presentati, è vero anche che alcuni prodotti sono pensati e destinati per un uso specifico e in quei casi è raro che possano essere utilizzati in modo alternativo ma anche con utilizzo destinato le diverse funzionalità e caratteristiche spingono il cliente a scegliere un prodotto anziché un altro.

In passato, quando c’era da impostare una campagna marketing si enfatizzava la qualità del prodotto, si mirava al cliente in modo tale da attrarlo con il rapporto qualità-prezzo, oggi è cambiato anche il modo di fare pubblicità e il classico approccio non porta più a grandi risultati. Nel pubblicizzare una storica bibita gassata, far leva sulla qualità del prodotto avrebbe poco senso… inserendola invece in un contesto pensato per un target specifico, che sia il falò sulla spiaggia, ad esempio, se si vuole puntare ai giovani tra i 16 e 20 anni la pubblicità raggiunge il suo scopo perché centra l’utilizzo che il cliente ha in mente.

Il prodotto nelle mani del cliente

La domanda da porsi è dunque: i miei clienti tipo come intendono utilizzare il mio prodotto? In base alla risposta è necessario agire di conseguenza, a livello di progettazione e pubblicità. Il processo che porta al cambiamento, alla trasformazione, da come i produttori avevano progettato l’utilizzo del prodotto e l’effettivo utilizzo dello stesso da parte dei clienti in relazione a specifici problemi da risolvere o bisogni da soddisfare è ciò che Clayton Christensen ha definito come  teoria del ”job to be done”. Con questo termine si identificano tutte le azioni che le persone cercano di compiere nella loro vita, compiti da portare a compimento e problemi a cui trovare una soluzione.

Con il  job to be done, appare chiaro che un’azienda debba chiedersi nel momento in cui progetta il lancio di un prodotto quali potrebbero essere i motivi che spingerebbero il cliente ad acquistarlo. Il prodotto deve riuscire a soddisfare esigenze, anche molto diverse da quelle che in origine erano state pensate dal produttore pertanto è necessario non fossilizzarsi nella propria value proposition che per gusti e esigenze potrebbe non soddisfare il target di riferimento.

Non è detto che il successo di un prodotto sia dovuto al fatto che sia il migliore sul mercato o abbia il costo più basso, spesso è il prodotto più utile e comodo. I frullati di McDonald’s ad esempio, non sono di sicuro i più buoni al mondo ma rispetto alla concorrenza il loro successo fu determinato dal packaging, sono facili e comodi da trasportare in auto.

 

 

 

Team Building: la formazione del team

Investire sulla formazione del proprio team come strategia vincente per creare valore in azienda

Nel precedente articolo abbiamo evidenziato l’importanza che riveste la selezione delle risorse componenti il team di lavoro e il cambiamento, a cui abbiamo assistito negli ultimi anni, in merito alle skills richieste. Una volta che il team è composto é necessario investire in formazione affinché possa lavorare e interagire bene insieme. Affinché ciò sia possibile, i membri del team devono desiderare di esser parte della stessa squadra. Il termine ”desiderare” esprime alla perfezione ciò che dovrebbe accadere, ogni membro del team dovrebbe sentire liberamente la voglia di essere parte di un qualcosa di più grande, sentirsi parte del gruppo all’interno del sistema impresa. Imporre la coesione del gruppo non porta da nessuna parte, il manager o responsabile delle risorse umane dovrebbe favorire il dialogo, le occasioni d’incontro tra i componenti del gruppo anche non strettamente connesse all’attività lavorativa e far così in modo che liberamente si crei un rapporto.

La formazione di un gruppo di lavoro è un momento cruciale dell’organizzazione aziendale, il team costituisce la spina dorsale dell’impresa. Ogni membro del team, contribuisce con il proprio bagaglio di esperienza e competenza, a creare valore per l’impresa, condividendo il proprio sapere per raggiungere gli obiettivi aziendali. Pertanto è necessario gestire al meglio le persone facendo in modo che le diverse skills individuali si integrino ai fini della creazione del valore.

Il team si caratterizza sotto diversi aspetti, strettamente collegati alle esigenze dell’organizzazione, in base ad esse il team può essere

  • un team di progetto, il cui obiettivo è la gestione di progetti innovativi, di ricerca e sviluppo o da svolgere per rivenderli sul mercato. Il team di progetto si occupa in alcuni casi anche di gestire le fasi di transizione e cambiamento delle dinamiche interne all’azienda che si trova ad affrontare nel suo ciclo di vita;
  • team funzionale, le cui funzioni e ruolo sono assegnate dall’organizzazione aziendale;
  • team interfunzionale, composto da membri che si occupano generalmente di funzioni diverse all’interno dell’organizzazione e che riescono a presidiare aree multidisciplinari. In questa tipologia di team le dinamiche sono più complesse rispetto agli altri.

Ogni tipologia di team richiede azioni formative diverse, seppur tutte con il medesimo denominatore che riguarda la  coesione interna. Riuscire a formare un team collaborativo e improntato alla condivisione permette di ridurre i tempi per pervenire a una soluzione, fornire iniezioni di creatività e favorire l’apprendimento reciproco tra i diversi membri.

I manager che vogliono rendere la propria azienda competitiva e di valore non possono esimersi dall’investire in formazione, in loro soccorso come supporto per la formazione del team, esistono vari percorsi volti  a ”formare il formatore”. Con il team coaching è possibile imparare a pensare ed agire secondo una visione complessiva del team, spostando l’attenzione dal singolo al gruppo, la cui forza consiste proprio nell’essere un team coeso che sa lavorare insieme.

 

 

 

 

 

Team building – La creazione di un team di successo

team building

Investi nel team bulding! Costruire un valido gruppo di lavoro è fondamentale per creare valore di lungo periodo per la tua impresa.

Del team building, in tempi recenti, si sente parlare sempre più spesso. Le aziende hanno cambiato la loro concezione delle persone, passando da un approccio basato sulle competenze del singolo collaboratore  a una visione di insieme del gruppo di lavoro. Il team bulding si occupa proprio di questo, è infatti  un insieme di attività formative nell’ambito del people management che mirano alla creazione di un gruppo che raggiunge il massimo valore nel suo insieme, in modo coordinato e integrato.

All’interno dell’impresa, nella quotidianità lavorativa o nella gestione di un progetto specifico è ormai assodato che la somma delle competenze delle persone esplicate in modo unitario supera nettamente il beneficio derivante dalle qualità professionali del singolo collaboratore.

Se in passato ci si focalizzava solo ed esclusivamente sulle skills dell’individuo, e si analizzava il curriculum   seguendo  schemi rigidi di valutazione, oggi, invece, anche se il CV resta il punto di partenza si va oltre alle sole competenze professionali esplicitate nel curriculum, si valuta anche l’intelligenza emotiva. Si cerca di carpire le attitudini dell’ ipotetico collaboratore, per cercare di comprendere se sarà in grado di portare valore aggiunto al team. Del resto, come per un ingranaggio così per un’organizzazione aziendale, è necessario che il singolo componente sia forgiato a regola d’arte ma deve essere in grado di girare e incastrarsi con gli altri alla perfezione affinché il meccanismo funzioni.

formazione team di lavoroE’ palese che affinché si possa raggiungere l’obiettivo di costruire un team coeso e capace di creare valore, all’interno dell’impresa è necessario investire tempo e risorse. Fare team building non è così semplice come si possa pensare, formare un team capace di lavorare bene insieme, nonostante diversità di competenze e carattere di ogni collaboratore richiede temperamento, intuizione e qualità di coordinamento.  Tutto il lavoro che richiede il team building viene ripagato però dalla creazione di valore di lungo periodo per l’impresa, e il team creato riuscirà a far fronte alle problematiche aziendali anche in momenti di forte stress o di crisi.

Al contrario, se non si investe nella costruzione del  team, in momenti in cui l’azienda versa in cattive acque è destinata a soccombere. Un team che manca di coesione non riuscirà a far fronte agli intoppi che l’azienda potrà trovare nel suo percorso di crescita.

Chi si occupa della creazione del gruppo di lavoro, dovrà riuscire a far emergere il massimo delle potenzialità di ognuno dei membri. L’attività di team building non deve però essere svolta una tantum, ossia non deve morire appena terminata la scelta dei collaboratori inseriti nel team ma deve essere un’attività costante e continuativa nel tempo. Solo così si potranno ottenere ritorni positivi e le azioni intraprese saranno performanti.

coesione teamPer favorire la coesione del team, il manager, leader o responsabile delle risorse umane è bene che oltre a favorire la collaborazione durante le ore canoniche di lavoro, si attivi anche con altri interventi di tipo ludico-ricreativo. Giornate di formazione seguite da cene aziendali, attività sportive o musicali sono l’ideale. I collaboratori avranno la possibilità di fare ”squadra” al di fuori e all’interno del contesto lavorativo.

Seppur debba esserci una certa omogeneità affinché il gruppo possa lavorare bene, fare una buona attività di team building significa riuscire a valorizzare le competenze del singolo, nella loro diversità, all’interno del team. Lavorare sulla creazione del team è un investimento che ripaga nel lungo termine ma ne vale assolutamente la pena. Le aziende moderne non possono non investire nel team building se vogliono creare valore e vantaggio competitivo.