Imprese: rafforzativa o trasformativa, l’innovazione è necessaria

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L’innovazione non è più un di più per le aziende. E’ semplicemente una necessità.

Il mercato globale è caratterizzato da una forte competizione, per un’azienda che vi si affacci o un’impresa già inserita è imprescindibile investire nell’innovazione.

Seguire la strada dell’innovazione, di processo e di prodotto, è l’unico modo per poter avere successo e sopravvivere in un contesto nel quale non c’è perdono per gli errori strategici. Una strategia errata e il timore di innovare rischiano infatti di causare  l’uscita dal mercato dell’impresa.

L’innovazione, volendo racchiuderla in due macro tipologie, può essere rafforzativa o trasformativa. 

Nel primo caso, agisce sui processi produttivi ed è volta a innescare cambiamenti molto importanti che mirano a migliorare il quadro operativo, tecnico e commerciale in cui l’azienda è collocata.

L’innovazione trasformativa invece mira a produrre un cambiamento radicale, trasforma totalmente il contesto in cui l’impresa opera, creando nuovi processi e prodotti da immettere sul mercato.

Entrambe le tipologie di innovazione rivestono un ruolo cruciale e devono essere considerate non come interventi eccezionali ma sistemici. L’innovazione deve essere programmata e attuata quotidianamente.

Seppur l’innovazione abbia come fine ultimo un miglior posizionamento sul mercato e la conquista della fiducia di un numero maggiore di clienti, la prima tappa necessaria è intervenire sull’ambiente di lavoro.

Un’azienda innovativa deve investire nella cultura aziendale facendo in modo che la creatività dei dipendenti venga premiata, l’impresa deve essere capace di stimolare l’intervento di ogni membro aziendale affinché dia il proprio contributo all’intervento innovativo.

Se il contributo dei dipendenti è fondamentale affinché si realizzi un processo innovativo continuo e sistemico è necessario però che a guidare il team ci sia un management preparato e capace di guidare l’azienda, dimostrando per primo di essere innovativo.

Personale attivo e coinvolto nel processo innovativo

I cambiamenti purtroppo non sono sempre bene accetti e quindi molto probabile che vi siano delle opposizioni che vanno a rallentare e frenare il processo innovativo. Coinvolgere chi ”subisce” il processo innovativo, rendendolo invece parte attiva del processo può  permetterci di abbattere questi muri di opposizione, creando in azienda un clima favorevole al cambiamento.

SviluppoStrategico è una nuova metodologia per promuovere Innovazione

Affinché il processo innovativo vada a buon fine e produca i frutti sperati, il personale interno all’azienda non solo deve accettarlo ma dovrebbe esserne entusiasta in modo tale da svolgere il proprio lavoro con la giusta motivazione. L’innovazione deve svilupparsi il più liberamente e spontaneamente possibile in modo tale che ogni collaboratore possa sentirsene parte ed essere premiato per il proprio contributo.

Tanto più l’impresa avrà personale soddisfatto e motivato, tanto più sarà in grado di dare piena soddisfazione ai propri clienti ritagliandosi sempre più quote di mercato. Il knowledge management, ossia la gestione della conoscenza relativa ai processi aziendali, assume maggior rilievo e pesa sempre di più sulle strategie e sulle scelte aziendali.

La vera innovazione parte dunque dall’interno, creando un ambiente lavorativo che permette ai dipendenti di esprimere liberamente la propria creatività ed essere anche premiati per questo, secondo un meccanismo incentivante.

Come creare le buyer personas: metodi e strumenti

schermo di un pc con dati relativi alle bayer personas

analisi dati buyer personas

Le buyer personas non sono modelli standardizzati e ripetibili per ogni impresa, ogni brand deve elaborare le proprie.

Nel precedente articolo  abbiamo definito il concetto di personas e chiarito perché è importante per ogni azienda riuscire a creare questi misteriosi personaggi fittizi che tanto rispecchiano i consumatori del mondo reale.

In questo articolo invece andremo a scoprire i metodi e gli strumenti maggiormente utilizzati per creare le personas tenendo presente che la tecnica generale va sempre rapportata al singolo contesto aziendale.

Arrivando al nocciolo della questione … come puoi creare le tue buyer personas?  Ci sono tre step fondamentali da seguire.

1) Individua il tuo pubblico

Come in ogni analisi statistica e inferenziale che si rispetti è necessario estrarre un campione da cui ricavare i dati da analizzare. Il campione deve essere calibrato in relazione a quello che è il nostro target e al segmento in cui operiamo, ad esempio, se costruiamo auto da corsa, interrogare un campione composto da persone ottantenni avrebbe poco senso, così come non tener conto del reddito degli intervistati.

Se possiedi un sito internet o una pagina fb gli insights e le statistiche di google analytics ti forniranno un valido punto di partenza per condurre le tue analisi e comporre il tuo campione fornendoti molte informazioni utili.

Le persone da intervistare possono essere clienti già inseriti nel tuo database oppure nuove leve! Non sempre le persone sono disposte a investire il loro tempo in un’intervista… Incentivale! Offri loro anche un semplice coupon…

2) Le giuste domande forniscono giuste risposte 

Una volta individuato il tuo campione, dovrai sottoporlo a delle interviste. Il questionario o l’intervista telefonica non devono annoiare il tuo cliente, quindi poche domande ma buone! Bisogna che siano mirate e che lascino non troppa libertà di divagazione in quanto le risposte fornite dagli utenti saranno la materia prima delle tue analisi e non potranno essere troppo lunghe, vaghe e disomogenee come struttura.

A livello di argomenti, dopo un breve momento di talking, poni domande sull’attività professionale dell’intervistato, sul ruolo che svolge e come si sente nel farlo. Chiedi quali sono le sue fonti di informazione e quali canali usa per i suoi acquisti.

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3) Analizzare i dati e creare le tue buyer personas

Arrivati al termine delle ricerche, ci sarà il momento di concretizzare trasformando i dati raccolti nei profili delle tue buyer personas.

Individua le caratteristiche comuni e gli elementi di differenziazione, oltre ai dati demografici, ai titoli culturali e all’aspetto lavorativo è importante includere nelle analisi anche alcune tipiche espressioni usate dagli intervistati, tra cui grande rilievo assumono le criticità riscontrate.

Dai un nome alle tue buyer personas, riuscirai in questo modo a renderle più umane e a identificarle meglio durante il lavoro di creazione di concerto con il tuo team.

Le tue buyer personas non rimarranno statiche nel tempo ma cambieranno per gusti e preferenze: incrociare i dati nuovi in tuo possesso con i precedenti ti fornirà gli indizi per prevedere e anticipare le esigenze future dei tuoi clienti.

 

 

 

 

 

 

Personas: cosa sono e perché sono importanti per il tuo business

personas

Conoscere tutti i propri consumatori sarebbe l’ideale, ciò ovviamente non è possibile ma in nostro aiuto arrivano le ”personas” attraverso le quali possiamo dare un volto ai nostri clienti.

” Un buon marketer vede i consumatori come esseri umani completi, con tutte le sfaccettature proprie delle persone reali.”
                                                                                                                                                                  (Jonah Sachs)

No, non c’è un errore nel titolo, non mi sono sbagliata, volevo scrivere esattamente quello che ho scritto, ”personas”, e non persona o persone…

Bene, allora se non ci sono errori e questo termine è scritto in modo corretto… cosa sono le personas?

Si tratta di ”personaggi” fittizi che vengono creati  sulla base di dati, demografici e comportamentali, che ”impersonano” i tuoi clienti tipo. Per quanto siano immaginari rispecchiano molto la realtà in quanto vengono creati partendo da dati reali.

Lavorare con le personas è l’evoluzione naturale della nota targettizzazione del mercato, rispetto al passato, però, oggi disponiamo di una miriade di informazioni in più.

L’avvento dei social e della tecnologia ha fatto si che con la condivisione ogni giorno si crei un flusso personasdi informazioni inimmaginabile che, opportunamente filtrato, serve su un piatto d’argento il profilo del consumatore tipo.

Basti pensare che anche chi non ha conoscenza alcuna di marketing e di segmentazione del mercato, dal profilo facebook di una qualsiasi persona, a meno che quest’ultima non abbia ”blindato” la propria pagina sotto l’aspetto della privacy, può sapere quali sono i suoi piatti preferiti, le mete di viaggio che ama, che musica ascolta e che genere di film va a guardare al cinema.

Se una persona qualunque riesce ad ottenere tutte queste informazioni, è facile intuire con quale precisione è possibile profilare un ipotetico consumatore tipo avvalendosi di appositi strumenti e tecniche.

Perché è importante definire le personas?

personasGrazie al metodo delle personas, ti sarà più facile comprendere i tuoi clienti, attuali o potenziali. A livello di progettazione dei prodotti o dei servizi che offri già o intendi offrire, riuscirai a predisporre un’offerta mirata a soddisfare le esigenze dei clienti e in alcuni casi, ad anticipare quelle che diverranno tendenze di successo in futuro.

Sotto l’aspetto della comunicazione, potrai creare contenuti personalizzati sulla base dei gusti, delle preferenze di acquisto e del carattere delle diverse tipologie di utenti. Creare le personas, a livello operativo, ti permetterà di:

  1. Definire al meglio il tuo piano marketing allocando le risorse in campagne mirate che ti garantiranno un maggior tasso di conversione;
  2. Riallocare e gestire in ottica funzionale le risorse umane componenti il tuo team;
  3. Individuare il linguaggio che le tue personas usano e utilizzarlo a tua volta per parlar loro in una lingua comune;
  4. Segmentare in modo accurato il tuo database dei contatti e avvalertene per l’email marketing;
  5. Progettare una linea editoriale mirata da seguire sul blog/sito aziendale.

Come creare delle personas?

Affinché l’impiego del metodo delle personas possa esserti davvero utile, il profilo dei clienti va sviluppato in modo accurato, sulla base di informazioni reali, attendibili e approfondite.

I dati che utilizzerai dovranno essere dati reali e aggiornati. L’impiego che ne farai dovrà rispettare i criteri dell’inferenza statistica ma non solo, dovrai essere capace di cogliere quelle sfumature che sfuggono alle regole dei grandi numeri.

Sì, ma come?

Nel prossimo articolo parleremo proprio delle tecniche e degli strumenti utilizzati per definire le personas…

Stay tuned!

 

Digital Transformation: quando il cambiamento è necessario

digital transformation, dipendente al lavoro da un device mobile

Innovare è necessario alla sopravvivenza dell’impresa, la digital transformation riguarda tutte le aziende e nessuna può esimersi dal realizzarla a meno che non voglia uscire dal mercato.

L’insieme di cambiamenti, prevalentemente di natura tecnologica, organizzativa, culturale e manageriale che l’azienda intraprende al fine di rimodellare la propria offerta e divenire più competitiva e vicina alle aspettative del mercato prende il nome di Digital Transformation o trasformazione digitale.

Il processo di digital transformation seppur avviato con lo sviluppo di nuove tecnologie e strumenti tecnologici non si limita al loro solo utilizzo, affinché il processo di cambiamento possa funzionare bisogna coinvolgere tutto il sistema aziendale, dando rilevanza alla condivisione e alla trasparenza in modo da includere, incentivandoli, tutti i collaboratori aziendali.

Il concetto di digital trasformation non riguarda soltanto un cambiamento ”fisico”, ad esempio come quello che avviene con la dematerializzazione, il cambiamento nell’era digitale coinvolge tutte le aree aziendali. L’approccio da attuare è finalizzato a cercare di far convergere flussi informativi e sistemi aziendali, informazioni vitali all’azienda che ogni giorno mediante le reti passano dal web.

La dematerializzazione si pone come obiettivo la semplificazione dei processi aziendali, aumentandone l’efficienza e riducendo al massimo le attività manuali. La digital transformation implica l’integrazione tra tutti i portatori di interessi dell’azienda in modo da poter lavorare meglio e in modo armonioso e sinergico.

I vantaggi che si possono ottenere da un processo di digital transformation sono molteplici, si possono raggiungere più alti livelli di efficienza, una migliore operatività e velocità a costi più contenuti, il tutto si riflette anche sui prodotti e servizi offerti che risultano pertanto migliori e a prezzi più competitivi.

Digital transformation: complessa ma indispensabile

Il processo di digital transformation, non è una missione impossibile ma neanche un gioco da ragazzi… è una priorità per le aziende e allo stesso tempo una grande sfida da affrontare per ogni realtà imprenditoriale.

Stiamo parlando di adottare misure volte al cambiamento dell’azienda al fine di realizzare la digital transformation, se da un lato è vero che l’azienda deve attivamente adottare questi cambiamenti a livello organizzativo e sotto l’aspetto dei processi, dall’altro, più che un ruolo attivo, le imprese sono trainate in questo processo di cambiamento  dalle persone.

Le imprese di oggi si trovano a dover soddisfare clienti sempre più informati ed esigenti. E’ l’utente finale che detta le regole, i clienti vogliono sempre una maggiore libertà di scelta di prodotti e servizi, e ciò costringe le aziende a dare il massimo al fine di fidelizzare il cliente. Con l’offerta presente oggi sul mercato, per un azienda non è affatto semplice affermarsi sul mercato.

Cambia anche il modo di fare pubblicità: è una società liquida che è sempre in movimento, un costoso messaggio pubblicitario passato in tv al giorno d’oggi viene visto da meno potenziali clienti rispetto ad altri canali quali ad esempio i social. Inoltre attraverso questi mezzi si riesce a lasciare un segno più profondo nella memoria dell’utente in quanto il messaggio pubblicitario è veicolato mediante gli stessi canali di condivisione dell’utente.

Al tempo dei social per i brand è diventato più che mai decisivo condividere informazioni utili e veritiere con la propria audience e mantenere aperto un dialogo con i propri clienti e prospect. La comunicazione insomma è bene che sia il più possibile bidirezionale e senza falle (i social non perdonano – ndr). Anzi lo sforzo deve essere quello di stimolare continuamente l’interazione e la partecipazione attiva degli utenti, mantenendonone alto l’interesse attraverso contenuti di qualità e mostrando trasparenza massima, combinazione che – è ormai pacifico – rappresenta il messaggio promozionale di gran lunga più convincente ed efficace.

 

 

Job to be Done: cosa vendi davvero?

Scopri il job to be done del tuo prodotto evitando così di  rimanere chiuso nella tua value proposition. 

Da bambini, ci siamo tutti soffermati a guardare il cielo e a cercare di dare una forma alle nuvole. Con gli amici, nello stesso momento e nella medesima angolazione ognuno scorgeva forme diverse, eppure, si trattava della stessa nuvola. A volte accade la stessa cosa anche con  gli utilizzi di un bene. Una materia prima che si presta bene all’esempio è il legno, il musicista guardando le venature particolari immaginerà un violino dall’aspetto elegante, il falegname immaginerà gli intarsi possibili di un mobile, altri vedranno solo un ciocco di legno da utilizzare per riscaldarsi.

Chi mette in vendita il pezzo di legno, cosa sta vendendo davvero? Un violino? Un mobile o semplicemente un pezzo di legna da ardere? Il prodotto è il medesimo, ad essere diversi sono i probabili clienti, con i loro bisogni da soddisfare e le proprie esigenze peculiari, pertanto, diverse per ognuno. Ogni possibile cliente non si limita ad utilizzare i prodotti così come gli vengono presentati, è vero anche che alcuni prodotti sono pensati e destinati per un uso specifico e in quei casi è raro che possano essere utilizzati in modo alternativo ma anche con utilizzo destinato le diverse funzionalità e caratteristiche spingono il cliente a scegliere un prodotto anziché un altro.

In passato, quando c’era da impostare una campagna marketing si enfatizzava la qualità del prodotto, si mirava al cliente in modo tale da attrarlo con il rapporto qualità-prezzo, oggi è cambiato anche il modo di fare pubblicità e il classico approccio non porta più a grandi risultati. Nel pubblicizzare una storica bibita gassata, far leva sulla qualità del prodotto avrebbe poco senso… inserendola invece in un contesto pensato per un target specifico, che sia il falò sulla spiaggia, ad esempio, se si vuole puntare ai giovani tra i 16 e 20 anni la pubblicità raggiunge il suo scopo perché centra l’utilizzo che il cliente ha in mente.

Il prodotto nelle mani del cliente

La domanda da porsi è dunque: i miei clienti tipo come intendono utilizzare il mio prodotto? In base alla risposta è necessario agire di conseguenza, a livello di progettazione e pubblicità. Il processo che porta al cambiamento, alla trasformazione, da come i produttori avevano progettato l’utilizzo del prodotto e l’effettivo utilizzo dello stesso da parte dei clienti in relazione a specifici problemi da risolvere o bisogni da soddisfare è ciò che Clayton Christensen ha definito come  teoria del ”job to be done”. Con questo termine si identificano tutte le azioni che le persone cercano di compiere nella loro vita, compiti da portare a compimento e problemi a cui trovare una soluzione.

Con il  job to be done, appare chiaro che un’azienda debba chiedersi nel momento in cui progetta il lancio di un prodotto quali potrebbero essere i motivi che spingerebbero il cliente ad acquistarlo. Il prodotto deve riuscire a soddisfare esigenze, anche molto diverse da quelle che in origine erano state pensate dal produttore pertanto è necessario non fossilizzarsi nella propria value proposition che per gusti e esigenze potrebbe non soddisfare il target di riferimento.

Non è detto che il successo di un prodotto sia dovuto al fatto che sia il migliore sul mercato o abbia il costo più basso, spesso è il prodotto più utile e comodo. I frullati di McDonald’s ad esempio, non sono di sicuro i più buoni al mondo ma rispetto alla concorrenza il loro successo fu determinato dal packaging, sono facili e comodi da trasportare in auto.

 

 

 

Tecniche e rilevanza del Fast Prototyping

Fast prototyping la svolta nella prototipazione per le aziende innovative

Fin dai tempi antichi, l’ingegno e la progettazione da parte di inventori e disegnatori si è servita di un piano bidimensionale per rappresentare, valutare e comunicare all’esterno le proprie idee prima di realizzarle. Nonostante i pochi mezzi a disposizione che avevano nell’antichità, dove compasso e pergamena erano gli unici strumenti, gli inventori del passato sono riusciti a realizzare opere fantastiche sicché non si riesce neanche ad immaginare cosa avrebbero potuto ottenere avendo ausili più evoluti come quelli contemporanei!
Per quanto si potesse essere accurati, il progettista che lavora su due dimensioni non ha mai la certezza assoluta che ciò che realizzerà sarà fedele all’idea originale, non riesce a vedere la propria creazione se non dopo un lungo lavoro per passare dal disegno alla realizzazione pratica.

Il fast prototyping permette di oltrepassare la barriera posta dal piano bidimensionale e permette di trasformare un ”disegno” in un oggetto solido che è possibile toccare con mano.

Quando la prototipazione rapida è giunta all’orecchio dei comuni mortali, in realtà, aveva fatto il suo ingresso negli ambienti scientifici e industriali già molto tempo prima. In una puntata della nota serie televisiva Grey’s Anatomy due delle protagoniste principali si contendevano l’uso di una stampante 3D da utilizzare per creare vasi sanguigni artificiali. La finzione televisiva non è poi così lontana dalla realtà e quella puntata aprì gli occhi sull’evoluzione tecnologica  a cui siamo giunti al grande pubblico.

Come funziona il fast prototyping?

Partiamo col fornire una definizione un po’ più formale del fast prototyping…

Il fast prototyping o rapid prototyping è una tecnologia mediante la quale è possibile produrre oggetti in 3D  in tempi di gran lunga minori rispetto ai metodi tradizionali manuali. In termini di tempo parliamo di giorni/ore rispetto a settimane/mesi necessari con le vecchie metodologie. La creazione degli oggetti avviene mediante l’utilizzo di sistemi CAD da cui si parte per  la costruzione dei modelli fisici  3D,  attraverso uno sviluppo strato dopo strato.

Il pioniere di questa tecnologia fu Charles W. Hull nel 1982 con la 3D System Inc. che creò il primo apparato per la stereolitografia, la SLA-1. Numerosi studi e ricerche sono state condotte nel tempo e hanno portato allo sviluppo di tecnologie più innovative (SLS – Selective laser sintering; FDM – Fused deposition modelling; LOM – Laminated object manufacturing).

Le nuove tecnologie sviluppate hanno destato molto interesse e stupore e negli anni sono state sempre più migliorate riducendo i tempi di lavorazione, ottenendo finiture migliori degli oggetti realizzati e resistenza dei prototipi. Al giorno d’oggi seppur il fast prototyping non è applicabile a tutti gli ambiti e presenta ancora dei limiti, siamo ad un punto in cui le macchine sono di facile utilizzo, rapide e garantiscono prototipi ottimali in termini qualitativi e di precisione. Ciò permette alle aziende industriali di ottenere un beneficio notevole, in un mercato che si sviluppa molto velocemente disporre di questa tecnologia è estremamente importante per le imprese.

Dove può essere utilizzato il fast prototyping e i suoi benefici

La naturale collocazione di questo metodo di prototipazione è in contesti industriali, presso aziende di design, automotive, elettrodomestici e anche in area sanitaria ad esempio nell’odontotecnica o l’ortopedia, ma gli ambiti di applicazione sono illimitati. I prototipi possono essere utilizzati per i test di design e di resistenza, con la tecnica del fast prototyping è possibile avere modelli in meno tempo rispetto ai concorrenti e anticipare l’uscita sul mercato di un nuovo prodotto e con minori costi.

 

 

L’importanza di una comunicazione efficace in azienda

La rilevanza di una comunicazione efficace all’ interno dell’azienda  e il suo impatto sull’organizzazione aziendale

E’ facile intuire che la condivisione di informazioni, in un contesto quale quello aziendale, è alla base di un corretto e funzionale svolgimento del lavoro quotidiano. Le informazioni, necessarie alla vita dell’impresa, vengono veicolate attraverso la comunicazione, che a livello semantico vuol dire infatti ”far conoscere”. Cosa accade però se la comunicazione non avviene nel modo appropriato? Una comunicazione sbagliata oltre a non permettere il normale flusso di informazioni e generare errori rischia di compromettere i rapporti tra colleghi, e tra dipendenti e manager.

A livello aziendale la comunicazione ha come obiettivo la promozione di una buona organizzazione, essenziale per ottenere una coesione ottimale tra i membri del team. Esistono due tipologie di comunicazione interna, e bisogna comprendere quale formula funzioni meglio per la singola impresa. Nella comunicazione aziendale, distinguiamo l’approccio Top-Down e l’approccio Bottom-Up.

Nella prima tipologia, l’approccio Top-Down, il flusso informativo parte dall’alto, dai vertici  aziendali e si dirama verso il basso raggiungendo i dipendenti. Questa  tipologia di comunicazione viene attuata tramite una rete Intranet o riunioni con i dipendenti. Nelle piccole e medie imprese, che caratterizzano il tessuto imprenditoriale italiano, la comunicazione interna avviene soprattutto faccia a faccia, in questi casi giocano un ruolo cruciale l’espressività verbale e non verbale e l’empatica verso i nostri interlocutori. Tramite la comunicazione faccia a faccia si consolidano i rapporti di stima reciproca  e salda il senso di appartenenza  e fedeltà aziendale, pertanto è intuibile l’impatto che espressioni sbagliate possano determinare sul clima lavorativo.

L’approccio Bottom-Up, invece, prevede che la comunicazione avvenga all’inverso, ossia dal basso verso l’alto. Questa tipologia di comunicazione si realizza attraverso questionari, colloqui individuali  e mediante l’elaborazione di procedure che devono essere applicate da tutti i dipendenti. Per ottenere tutti i benefici possibili da questa tipologia di comunicazione aziendale, alla base deve sussistere un rapporto di fiducia con i propri dipendenti che riusciranno così ad avere contezza dell’importanza che riveste la comunicazione aziendale.

Seppur ognuno ha un ruolo ben preciso, un noto detto recita: tutti sono importanti, nessuno è indispensabile. Che ci piaccia o no è esattamente così che deve essere all’interno di un’azienda affinché tutto possa filare liscio. La condivisione di informazioni, e l’applicazione delle procedure è necessaria perché è impensabile che l’attività possa fermarsi o subire rallentamenti quando un dipendente è in malattia, in  ferie e maternità. Ognuno all’interno dell’azienda deve essere in grado di reperire le informazioni che gli necessitano al fine di portare avanti le normali attività aziendali.

Come per la maggior parte delle cose, non esiste una ricetta perfetta ma alla base di un risultato ottimale a livello di comunicazione, l’ingrediente che non può mancare è l’unione, la coesione tra tutti i membri  delle  diverse aree aziendali.

 

Intelligenza Emotiva: requisito essenziale per il manager di successo

Perché l’intelligenza emotiva è più importante del QI

” La leadership implica la capacità di stimolare l’immaginazione delle persone e di ispirarle così da spingerle nella direzione desiderata. Per motivare e guidare gli altri, ci vuole qualcosa di più del semplice potere.” (Daniel Goleman)

Negli ultimi decenni, abbiamo assistito all’affermarsi di un nuovo metodo di valutazione dell’intelligenza delle persone. Se in passato il test del quoziente intellettivo era l’unico sistema standardizzato per misurarla, oggi si sta affermando una nuova forma di intelligenza che il test del QI non è in grado di valutare: l’intelligenza emotiva (QE).

QE vs QI: le differenze

QI indica il quoziente intellettivo che viene calcolato attraverso appositi test ed esprime l’intelligenza di una persona, tenendo conto della sua età anagrafica e mentale. Ad esempio se un bambino di 7 anni, risponde al test come la maggioranza dei suoi coetanei avrà un punteggio che lo colloca tra coloro con QI nella media. Se invece, risponde al test come mediamente risponderebbe un bambino di 10, il suo quoziente intellettivo sarà più alto rispetto alla media e ne deriva che il bambino è dotato di intelligenza superiore. A livello empirico sembra che chi ha un QI più alto avrà una carriera accademica brillante e sarà in grado di guadagnare di più rispetto a chi ha un QI più basso.

Con QE si indica l’intelligenza emotiva, che consiste  nella capacità degli individui di captare, controllare e esprimere emozioni. Avere un alto QE non implica avere anche un alto QI e viceversa, in questi casi quale è importante privilegiare per una valutazione dell’intelligenza della persona? A livello nozionistico, per quanto riguarda conoscenze strettamente tecniche e accademiche, il QI batte il QE nella vita pratica e soprattutto in ambito professionale chi presenta una maggiore intelligenza emotiva riesce ad ottenere migliori risultati. La spiegazione è da ricercarsi nella maggiore consapevolezza che tali persone hanno di se stessi e per tanto hanno maggiore controllo sulle proprie azioni, presentano maggiore motivazione e empatia verso gli altri. ììSono più consapevoli di se stessi, più in grado di regolare le loro azioni, sono in grado di gestire meglio la responsabilità, sono motivati e hanno empatia per gli altri.

intelligenza emozionale

Al manager del passato non erano richieste abilità a livello emotivo, era sufficiente che elaborasse le strategie, impartisse ordini e si assicurasse che venissero eseguiti. Tra i test che il manager sosteneva per divenire tale affrontava anche quelli basati sul QI, alla ricerca di relazioni logiche e conti da far tornare. Oggi non basta più, il lavoratore è innanzitutto persona, e le persone sono fatte di emozioni. Se il manager non riesce a leggerle e comprenderle resterà al vertice di un circuito di cui vede solo la copertura esterna ma non riesce ad accedervi internamente e diventarne parte. Attualmente le aziende, in buona parte, vedono ancora al comando ”analfabeti emozionali”, che non riescono a cogliere l’importanza delle relazioni, emozioni e empatia all’interno dell’azienda, al fine di lavorare in armonia e con maggio rendimento.

Dividi e comanda o unisci e vinci? Divide et impera nemico dell’innovazione

Innovazione, una scacchiera

Permetti alla tua azienda di lanciare segnali positivi all’esterno, coinvolgi i tuoi collaboratori nella gestione aziendale, valuta le loro idee in ottica innovazione

Dalle origini della storia dell’uomo, seminare zizzania è stata una tattica molto adoperata e vincente per ”dividere” i nemici, indebolirli, e riuscire così ad ottenere il comando. Se sul campo di battaglia, il divide et impera era una strategia che poteva funzionare la stessa cosa non si può dire per le imprese. I collaboratori in azienda non sono nemici ma giocatori di una stessa squadra con fini comuni, sono alleati necessari per raggiungere gli obiettivi aziendali.

La prima immagine che un’azienda da di sé è data, ad esempio, da come i dipendenti rispondono al telefono, da come accolgono i clienti all’ingresso, dalle relazioni tra management e subordinati e tra colleghi allo stesso livello. Per un cliente, un fornitore o un potenziale partner non è difficile leggere sul volto della forza lavoro dell’azienda se il clima è teso o, al contrario, rilassato e collaborativo. E’ facile percepire se il lavoratore svolge la sua funzione in modo apatico oppure con passione e interesse, ovviamente, nel primo caso l’azienda non fa una bella impressione e ispira anche poca fiducia.

Se capita poi, addirittura, di assistere a scene poco piacevoli, ad esempio confronti ”accesi” tra manager e collaboratori, l’immagine aziendale ne esce sconfitta. Pensiamo a quando capita di prendere un caffè al bar e sentire il titolare che tratta male il personale, quel bar, per quanto possa offrire un buon caffè, difficilmente ci vedrà ancora come suoi clienti.

Autorevoli sì, autoritari anche no

Manager e imprenditori, in quanto leader, devono liberarsi di schemi relazionali formali appresi e utilizzati per

consuetudine, divide et impera serve solo a ribadire il concetto del ”qui comando io”, inutile e, in parte, dannoso. Tali schemi focalizzano l’attenzione sull’autorità, in realtà un manager deve essere un mentore autorevole e non autoritario, puntare alla leadership, alla crescita e all’innovazione piuttosto che al mero controllo e al comando.

Il leader infatti deve essere una guida carismatica, un esempio per i propri collaboratori, accogliere idee ed essere giusto nel valutarle altrimenti se il clima è teso non ci si potrà mai evolvere. Il manager deve essere dotato oltre che di capacità professionali anche di intelligenza emotiva, deve saper parlare con la gente e non alla gente, captare segnali, idee e implementarle premiando chi le ha generate.

La strategia del divide et impera, all’insegna della repressione e della supremazia finisce col creare un clima di tensione. Il confronto non è costruttivo, infatti, l’obiettivo non è confrontarsi per realizzare la strategia migliore ma è semplicemente un gioco di ruoli, si mira a ”spuntarla”, a far prevalere la propria idea per una questione di orgoglio e non per la sua validità.

La competitività tra i membri non è salutare, è una lotta dove ognuno corre per se e non in un’ottica di sviluppo aziendale. Pertanto è auspicabile cercare, a partire dai vertici aziendali, di creare un clima in cui il confronto sia valido e funzionale agli interessi dell’intero sistema impresa e non del singolo collaboratore, ogni idea è importante e va valutata e se è valida va attuata. Solo così si può avviare un processo di innovazione, partendo dalle relazioni all’interno dell’organizzazione aziendale.

Shoots Wide Your Hassles

Shoots Wide Your Hassles

Shoots Wide Your Hassles è una attività che ha come scopo quello di evidenziare le aree di miglioramento affinchè il team raggiunga i propri obiettivi.

Shoots Wide Your Hassles

Una volta che il team ha fissato  un obiettivo, la domanda più immediata è “Che cosa vi impedisce di raggiungerlo?”; spesso, sopratutto se è un team con poca esperienza, ne usciranno una serie di risposte disconnesse seguiti da lunghi silenzi.
Per dare una forma a questo brainstorming si chiede che per il prossimo incontro ogni membro elenchi su dei postIt 5 motivi che secondo lui gli impediscono di raggiungere l’obbiettivo (attenzione in questo caso si chiede i suoi impedimenti personali non quelli del team!).
All’incontro successivo, una volta collezionate queste risposte, si chiede un ulteriore confronto a piccoli gruppi per evidenziare ulteriori impedimenti (in questo caso di team).

A questo punto Shoots Wide Your Hassles segue un pò la forma di Known Issues: i postit verrano commentati all’intero gruppo  e attaccati al muro,  raggruppandoli in categorie.

Shoots Wide Your Hassles
Immagine ripresa da http://www.funretrospectives.com

Ora che i problemi sono stati messi in evidenza, si chiede ad ogni membro del gruppo di proporre delle soluzioni, scriverle su un postit di colore diverso da quello usato precedentemente ed attaccarlo sotto il problema in questione.

Infine si discute e si commenta il lavoro svolto per formalizzare dei piani di azione.

L’esercizio ha una doppia valenza: evidenziare le aree di miglioramento e proporre dei piani di azione da applicare nel breve tempo.

È fondamentale per la buona riuscita della retrospettive che la comunicazione non sia unidirezionale, esortando le persone a partecipare attivamente scrivendo loro stessi le proposte sui postit e organizzando da soli il muro dei postit, non limitandosi quindi al canale verbale e utilizzando nelle loro interazioni tutti i sistemi rappresantazionali (vista, udito, tatto..).

Da notare che non tutti gli impedimenti avranno una risposta e sopratutto ci saranno aree quasi totalmente scoperte (solitamente quelle che riguardano gli aspetti più legati ai rapporti e alle relazioni), nessuno problema: quelle saranno proprio le categorie sulle quali è necessario concentrarsi maggiormente negli incontri successivi.